Il risultato di questo maledetto capitalismo: le borse crollano nonostante siamo già alla terza manovra in 4 mesi
Siamo alla terza manovra in meno di 4 mesi e tutte le previsioni più ottimistiche o meno pessimistiche sull'andamento dell'economia e della finanza in Italia ed in Europa si sono rivelate una bufala enorme.
La crescita non c'è e non se ne vede neanche un seppur minimo segnale e aumenta anche il debito.
La borsa registra ancora minimi storici con altalene di valori, anche sui singoli settori, che evidenziano un'attività speculativa sempre più spinta.
L'inflazione avanza nonostante non ci sia crescita ed il costo del lavoro cresce mediamente della metà, con evidente perdita del potere d'acquisto di salari e pensioni.
Aumenta la disoccupazione, mentre rimane stabile il dato di cassa integrazione e mobilità, che però entro poco tempo potrebbero trasformarsi in nuovi e massicci licenziamenti.
Il “governo europeo” e la BCE, sotto la sapiente regia delle banche e della finanza internazionale ed attraverso i due “campioni europei” Merkel e Sarkozy, dopo aver strangolato la Grecia che ormai non è più in grado neanche di pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, stanno continuando il ricatto all'Italia e costringendo alla povertà milioni di lavoratori e cittadini in tutto il vecchio continente.
Nel nostro paese, invece di reagire in modo concreto e determinato, rimettendo in discussione i principi stessi del meccanismo capitalistico-finanziario che ci sta portando alla rovina, si da credito alla BCE ed alle sue richieste insensate.
Dal Presidente Napolitano viene un fermo richiamo al rispetto del suicidio richiestoci. Stesso comportamento da parte della grande maggioranza delle forze politiche di centro-destra e centro-sinistra.
Le forze di centro-sinistra, in particolare, litigano su chi è da “rottamare”, su improbabili e indescrivibili ritorni al decisionismo che fu del Bettino Craxi degli anni '80 o su chi è il più fedele alleato di un PD che fa acqua da tutte le parti e che non riesce certo ad esprimere una se pur flebile ipotesi di alternativa di valori e di sistema.
Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono ormai talmente presi dalla lotta per la sopravvivenza di un loro ruolo nel mondo che sta cambiando e sta precipitando in un baratro il cui fondo non è visibile, che accettano tutto e di più, salvo poi inscenare un improponibile protesta rispetto a singoli eventi e misure di un disegno che invece è accettato e condiviso nel suo complesso.
Pochi dicono però alcune cose basilari per la comprensione dell'attuale crisi:
1)I cosiddetti mercati, cioè chi fa e continua a fare profitti sulla pelle di milioni di persone ridotte alla fame, non cercano la stabilità dei governi e delle borse. Al contrario è proprio dalla instabilità, da loro creata e alimentata direttamente ed indirettamente, che traggono i maggiori profitti.
2)Quindi non è attraverso misure tendenti a “tranquillizzare” i mercati, come continua a dire qualcuno, che si risolve una crisi che è sistemica, cioè interna allo stesso sistema capitalistico, ma attraverso il cambiamento dei meccanismi stessi che regolano l'economia, cioè del sistema che permette gli squilibri sociali ed economici attuali, che sono alla base della crisi.
3)Le misure restrittive che si stanno imponendo in tutta Europa, a cominciare da Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna e che presto saranno estese a tutti gli altri paesi europei, non faranno altro che peggiorare la situazione, renderla ancora più instabile e quindi favorire il governo delle banche e della finanza internazionale che ha come unico scopo quello di continuare a fare profitti.
Se non si comprende questo e se non si ricorre a provvedimenti diversi che incidano in modo netto sul sistema economico e lo modifichino in termini radicali ed innovativi, qualsiasi provvedimento colpirà esclusivamente i più deboli, senza produrre alcun miglioramento.
Noi non ci stiamo a suicidarci, non ci stiamo a fare il coro a economisti ed esperti pagati proprio da chi la crisi l'ha creata.
Noi il debito non lo vogliamo pagare, vogliamo che i sacrifici li faccia chi non li ha mai fatti, che ci sia una grande ed incisiva redistribuzione delle ricchezze e del reddito, che i ricchi paghino e che la gente che lavoro sia messa in condizione di vivere in modo dignitoso.
Di tutto il resto poco ci interessa, che le borse crollino o meno poco importa se poi il meccanismo che sta distruggendo i salari, le pensioni, il vivere comune e il welfare, cioè questo maledetto capitalismo, non viene messo in discussione e superato.
Per questo e per tutelare al meglio chi lavora e chi il lavoro lo ha perso o non lo ha mai avuto, continuiamo a lottare ed a mobilitarci: per questo il 2 dicembre prossimo chiameremo i lavoratori e le lavoratrici al terzo sciopero generale dopo la terza manovra antipopolare del governo.