I mercati non amano la democrazia

In allegato il volantino

Roma -

I mercati, ormai si sa, sono soggetti sensibili, hanno la febbre, sono depressi,  a volte euforici, non gradiscono o sono nervosi, ma di certo non amano la democrazia.



E’ bastato che un Paese sovrano, la Grecia, decidesse di sottoporre a referendum la scelta di accettare o respingere le politiche di lacrime e sangue imposte dal direttorio franco-tedesco dell’Unione Europea, per scatenare la speculazione, far crollare pressoché tutte le borse europee, far tremare la stabilità della zona euro, far gridare all’attentato alle sorti magnifiche e progressive del mercato.



Subito si sono riuniti i consigli dei ministri, il G20 di Nizza, i presidenti delle repubbliche si sono messi al telefono a dettare linee bipartisan di immediato intervento per adottare le necessarie contromisure, le opposizioni, petto in fuori, si sono dette pronte ad assumersi le loro responsabilità, ovunque si magnificano le potenziali enormi possibilità di uscire dalla crisi che avrebbero governi tecnici, di salvezza nazionale, di unità delle forze sane delle nazioni…se solo i governi in carica si decidessero a togliersi di torno.



Non ce n’è uno, dicasi uno, in giro per i talk show, per le radio, per i dibattiti più o meno scomposti cui ci costringono ad assistere ormai da tempo immemore, che provi a scansarsi da questa impostazione secondo cui ai mercati tutto è dovuto, anche le nostre esistenze e il nostro futuro.



Non ce n’è uno che dica che la scelta di chiamare i cittadini Greci ad esprimersi sulle politiche di lacrime e sangue imposte dall’Europa è una scelta sacrosanta, forse tardiva, ma sacrosanta.

E nessuno dice che se non ci fossero stati scioperi generali ripetuti ed imponenti, se non ci fosse stata una vera e propria sollevazione di popolo, quel referendum, molto probabilmente, non ci sarebbe. Che non è una scelta illuminata di Papandreou e del suo governo, ma il portato di una mobilitazione senza precedenti.



Ora siamo tutti con il fiato sospeso, ad attendere di conoscere quali altre pesantissime misure saranno prese dal nostro governo pro tempore. Per sapere se ci colpiranno direttamente, se questa volta ne usciremo ancora vivi o con le ossa definitivamente rotte. Non sappiamo ancora cosa succederà esattamente ma possiamo immaginarlo. Sappiamo però, e oggi la Grecia ce lo dimostra, che la mobilitazione di massa, decisa, energica e radicale, può contribuire a scrivere un’altra conclusione della storia.

Il 2 dicembre portiamo in piazza e nel nostro sciopero questa consapevolezza.