Tra un “invito alla prudenza” e un “rompete le righe” governo in stato confusionale nella gestione della pandemia

Nazionale -

Il governo da tempo si è incartato nella gestione della pandemia ma, nonostante l’evidenza, tira dritto nell’emanazione di decreti, circolari e raccomandazioni sempre più contraddittorie, tardive e inutili ai fini del contenimento dei contagi. Come del resto è stato col Green Pass che, non essendo una misura sanitaria, ha permesso che i contagi, nonostante l’obbligo pressoché generalizzato della certificazione, arrivassero ai 250/300 mila giornalieri.

E, d’altronde se a guidare l’azione contro il virus non è la salute dei cittadini ma l’avanzamento del Pil, i profitti delle imprese e le possibilità di contenimento di un SSN depredato e privatizzato, diventa certezza il rischio che l’uscita dalla pandemia avvenga a discapito di migliaia di vite umane, scaricandone il peso anche economico sui singoli, come nel caso dei miliardi spesi dai cittadini per tamponi e mascherine.

Il vaccino è uno strumento fondamentale ma da solo non basta e l’obbligo vaccinale, tanto più dentro una pandemia, non rappresenta di per sé una misura scandalosa, semmai lo è il mancato accesso ai vaccini per i Paesi poveri, ma una misura primaria di sanità pubblica, purché realizzata nei tempi giusti, sulla base di evidenze scientifiche e dell’andamento epidemiologico dell’infezione. Tutto il contrario di quanto fatto dal governo che procedendo per categorie (sanitari, personale della scuola, forze dell’ordine e, ora, over 50), tutte per lo più già spontaneamente vaccinate al 90%, è riuscito a vanificarne l’efficacia.

Imporre l’obbligo vaccinale dal 15 febbraio agli over 50 (i non vaccinati in quella fascia sono poco più di un milione) e contestualmente proclamare un progressivo “liberi tutti” - via quarantene, via mascherine all’aperto, riduzione del tracciamento, super green pass illimitato - è schizofrenico. Scelte politiche ed economiche, non sanitarie, che finiscono per alimentare lo scontro con una fetta di popolazione che è disposta a rinunciare al salario ma non a vaccinarsi e parallelamente alimentano dubbi anche in coloro che alla campagna vaccinale hanno aderito convintamente e/o per senso di responsabilità nei confronti della collettività.

L’esperienza fatta nella sanità e nella scuola, con migliaia di lavoratrici e lavoratori sospesi per non voler assolvere l’obbligo vaccinale, ancora una volta non è servita a niente e si continua a perseguire la stessa strada che, oltre a lasciare senza reddito lavoratori e lavoratrici, aumenta i carichi di lavoro del personale in servizio e mette a rischio l’accessibilità degli stessi servizi ai cittadini.

I vaccini esistono da diversi secoli così come da diversi secoli esiste una fetta di popolazione che non intende vaccinarsi, per le più svariate e spesso fantasiose motivazioni. Insistere su questa percentuale, radicalizzandone le motivazioni attraverso misure dal carattere punitivo più che sanitario, è sinonimo di disperazione più che dell’intelligenza che ci si aspetterebbe dal governo dei migliori. Un governo che non ha esitato a strumentalizzare cinicamente un fenomeno finanche fisiologico pur di nascondere una crisi che da sanitaria è ben presto diventata sociale, con licenziamenti, perdita di posti di lavoro, aumento del lavoro povero e delle disuguaglianze.

Il combinato disposto di obbligo vaccinale over 50, Green Pass e super Green Pass a seconda dell’età anagrafica e della categoria di appartenenza, getterà i luoghi di lavoro nel caos, diminuirà l’erogazione dei servizi ai cittadini, senza nulla aggiungere in termini di salute e sicurezza della popolazione.

Il Green Pass, strumento nato per favorire la vaccinazione, in mano a questo governo si è da subito trasformato in una misura repressiva e di controllo nei confronti di tutti.

Senza contare che l’applicazione eterogenea e arbitraria di norme incomprensibili aggiungerà ulteriore disparità di trattamento nei luoghi di lavoro.

Il vaccino ha dimostrato di essere un’arma efficace, se non nel contenimento dei contagi sicuramente sugli effetti della malattia, ma non può essere utilizzato come strumento di discriminazione per colpire salario e reddito, né per abbassare la guardia sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, tanto più da un governo che, in nome del PIL, pensa di realizzare la fine della pandemia per decreto.

Confederazione Unione Sindacale di Base

Roma 9-2-2022