Pubblico Impiego. NON BARATTIAMO LA DEMOCRAZIA SINDACALE CON GLI INTERESSI DI BOTTEGA DI SINDACATI COMPLICI
In allegato l'accordo
Perché il giorno 11 aprile si può sottoscrivere un protocollo di intesa all’aran che è esattamente identico al verbale della riunione del 30 agosto 2010, che cosa è cambiato e perché è stato necessario aspettare 8 mesi per farlo?
Il parere del Consiglio di Stato ha sottolineato che non è costituzionalmente compatibile protrarre all’infinito la possibilità di far esprimere attraverso il voto i lavoratori. La risposta è stata immediata, forse si vota il 5-7 marzo 2012, è stata individuata la data e si è guadagnato un ulteriore anno di rinvio, è questa la concezione di democrazia sindacale dei firmatari del protocollo.
Il problema non è quello di rinviare le elezioni di qualche mese, da novembre 2011, come richiesto da noi, a marzo 2012, ma farlo in questa fase assume un significato negativo proprio per la possibilità di esercitare il diritto al voto da parte dei lavoratori.
La vicenda fiat, che ha devastato le relazioni sindacali nel privato, fa ormai scuola anche nel pubblico, dimostrandosi ben più pericolosa della pomposa riforma Brunetta. Il vero obiettivo strategico è non fare più le elezioni rsu nel pubblico, così come nel privato, attendendo la copertura del nuovo patto sociale che si propone di ridisegnare anche le relazioni sindacali nel paese.
Tale giudizio è giustificato dal fatto che il già richiamato parere del Consiglio di Stato, richiesto proprio dalla funzione pubblica, suggeriva di votare anche con i vecchi comparti, in mancanza dell’accordo sui nuovi, proprio per garantire l’esercizio del diritto di voto. A seguito della definizione dei nuovi comparti, sempre il Consiglio di Stato, prevedeva la necessità di svolgere nuove elezioni rsu nella nuova realtà ordinamentale. Qualcosa di molto diverso della semplice apposizione di una data flessibile come previsto dal protocollo.
La realtà è che le organizzazioni sindacali firmatarie del protocollo, oltre ad essere di supporto alle scelte del nuovo patto sociale, al quale concorrono alacremente, temono di confrontarsi con i lavoratori sulle scelte finora fatte o non fatte.
Il ruolo della cgil appare nel suo splendore opportunistico, candidatasi nel pubblico impiego a svolgere una funzione similfiom, tentando di sterilizzare l’opposizione dei lavoratori pubblici con una apparente difesa dei diritti, in realtà sta solo costruendo il ritorno alla relazione unitaria con cisl e uil. La sottoscrizione del protocollo, che non rispecchia le richieste sbandierate fino al giorno prima, da parte della cgil è solo l’ennesima riprova dell’inaffidabilità sociale, sindacale e politica di questa organizzazione.
Il sindacalismo autonomo, prigioniero dei propri limiti corporativi, assiste in maniera del tutto subordinata all’allestimento del proprio funerale e ha come orizzonte, sempre più vicino, l’unica opportunità di rientrare nella casa madre del sindacalismo confederale complice.
La data delle elezioni rsu è flessibile e può essere anticipata a seconda delle convenienze delle organizzazioni sindacali che operano con un occhio al tavolo del nuovo patto sociale e uno al governo, uno strabismo strutturale che temono di pagare sul terreno elettorale nel confronto con i lavoratori.
Le condizioni frapposte per giungere al voto sono: ridefinizione delle disposizioni particolari dell’articolo 19 del CCNQ, la definizione dei nuovi comparti, il regolamento per lo svolgimento delle elezioni.
La precedente modifica dell’articolo 19 è stata voluta da loro per impedire i patti di affiliazione tra organizzazioni sindacali, un palese tentativo liquidatorio per il sindacalismo autonomo che tentava con tale possibilità di superare le continue limitazioni al diritto associativo. Ora vogliono ripristinarlo perché hanno problemi interni di apparati da salvare e rapporti di potere da rinegoziare. Una disinvoltura di non poco conto.
L'accordo sui nuovi comparti, che a parole tutti criticano, in realtà non è possibile proprio per la difficoltà a conciliare gli interessi degli apparati sindacali, che cresciuti con i vecchi comparti, verrebbero scompaginati dalla nuova condizione.
La critica non ha dunque ragioni sociali, né parte dai bisogni dei lavoratori, ma ha più semplicemente una natura bottegaia e autoreferenziale. L’accordo su tale questione è subordinato alle possibilità di manovra che le nuove modifiche all’articolo 19 consentiranno. Del resto i nuovi comparti sono già delineati nel decreto Brunetta e non ci sembra che abbiano fatto una grossa opposizione contro di esso.
La rivisitazione del regolamento elettorale assume l’aspetto di un pretesto per il rinvio delle elezioni, le nostre proposte di revisione neanche sono state considerate come terreno di confronto, evidentemente tengono le correzioni con l’unico obiettivo di completare i giochi intorno all’articolo 19.
Perché tutto questo non è stato fatto nei mesi scorsi rimane un mistero che sarebbe opportuno che spiegassero ai lavoratori in una elezione rsu veramente democratica.
È evidente che non potevamo sottoscrivere la negazione del diritto di voto dei lavoratori pubblici così come è innegabile la necessità di una campagna in difesa della democrazia sindacale, e non solo sindacale, in questo paese.
In questo quadro non è più rinviabile una battaglia a tutto campo per una legge veramente democratica che restituisca ai lavoratori il diritto a decidere sulle scelte che li riguardano.
La confederazione USB è impegnata assieme al Forum Diritti Lavoro per la costruzione di una proposta di legge sulla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro sulla quale andrà costruita una campagna nazionale.