Milano, 17 maggio 2008. Assemblea nazionale del sindacalismo di base: proseguire nel percorso unitario, confronto permanente, azioni di lotta unitarie ad ogni livello
Riportiamo il testo della Mozione finale, del Documento unitario (anche in allegato), delle Mozioni approvate, la Rassegna stampa e la Galleria fotografica
Cub - Confederazione Cobas - Sdl intercategoriale
MOZIONE CONCLUSIVA
L'assemblea Nazionale del sindacalismo di base promossa unitariamente da CUB Confederazione Cobas e Sdl intercategoriale, tenuta a Milano il 17.05.08, cui hanno partecipato oltre 2000 delegati provenienti da tutta Italia e da tutte le categorie pubbliche e private ha discusso ed arricchito i contenuti e le analisi proposte dal documento unitario che ha aperto i lavori (riportato sotto) e rafforzato la piattaforma di lotta.
Gli oltre 30 intervenuti hanno sottolineato la violenta lotta di classe scatenata contro i lavoratori e i ceti popolari dai padroni e dal potere finanziario ed economico che porta con se una condizione di bassi salari, di precarietà diffusa, di peggioramento dei diritti sociali, di sfruttamento degli immigrati, delle donne e di devastazione del territorio, che é funzionale alle politiche liberiste e mercatiste fatte proprie, nel nostro paese, sia dal centro destra che dal centro sinistra e che, con una perfetta identità di vedute del governo Prodi e di quello Berlusconi, stanno producendo inaccettabili provvedimenti razzisti e politiche securitarie.
In questo quadro si colloca anche l'attacco portato da Cgil Cisl Uil per ridurre drasticamente gli spazi di democrazia nei luoghi di lavoro e gli strumenti generali di difesa delle condizioni di vita dei lavoratori sancendo, con la proposta avanzata, lo svuotamento del Contratto Nazionale realizzato in questi anni.
L'assemblea ritiene necessario proseguire nel percorso unitario intrapreso e, raccogliendo la forte richiesta di unità emersa in tutti gli interventi, di realizzare strumenti permanenti di confronto, azione e lotta unitari sia a livello generale che territoriale e categoriale.
L'assemblea approva la piattaforma proposta nel documento introduttivo i cui punti principali sono:
> Forti aumenti generalizzati per salari e pensioni di almeno 3.000 euro annui; introduzione di un meccanismo automatico di adeguamento salariale legato agli aumenti dei prezzi – Eliminazione dell'Iva dai generi di prima necessità – Difesa della pensione pubblica – No allo scippo del TFR – eliminazione della clausola del silenzio assenso e possibilità per i sottoscrittori di uscire dal fondo pensione.
> Abolizione delle leggi Treu e 30.
> Lotta al razzismo che, oltre a negare diritti uguali e la dignità delle persone, scarica sui migranti la responsabilità dei principali problemi sociali.
> Continuità del reddito – Lotta alla precarietà lavorativa e sociale, con forme di reddito legate al diritto alla casa, allo studio, alla formazione e alla mobilità.
> Rilancio del ruolo del contratto nazionale come strumento di redistribuzione del reddito. No alla detassazione degli straordinari proposta da governo.
> Sicurezza nei luoghi di lavoro e sanzioni penali per chi provoca infortuni gravi o mortali.
> Restituire ai lavoratori il diritto di decidere: no alla pretesa padronale di scegliere le organizzazioni con cui trattare e pari diritti per tutte le organizzazioni dei lavoratori.
> Difesa e potenziamento dei servizi pubblici, dei beni comuni, del diritto a prestazioni sanitarie degne di questo nome, del diritto alla casa e all'istruzione.
> No all'attacco al diritto di sciopero – difesa e riconquista di spazi di lotta che vadano oltre le attuali limitazioni.
A sostegno di questa piattaforma, che il sindacato di base ha posto al centro del conflitto e delle mobilitazioni e che oggi rilanciamo con forza, l'Assemblea promuove una forte campagna di mobilitazione che impegni tutti i territori e le categorie, da realizzare con scioperi, manifestazioni, iniziative di lotta, indicando sin d'ora anche una prima giornata nazionale da tenersi entro giugno.
L'Assemblea ritiene altresì, sin d'ora, di indicare per l'autunno la necessità di realizzare uno Sciopero Generale Nazionale dell'intera giornata a sostegno di questa piattaforma di lotta e per sconfiggere le politiche economiche e sociali imposte dal liberismo e dalla globalizzazione e realizzate dai governi.
CUB - Confederazione Cobas - SdL Intercategoriale
Assemblea Nazionale
17 maggio 2008 - Milano - Teatro Smeraldo – ore 09.00
Relazione Introduttiva Unitaria
CONTINUARE LE LOTTE E LA MOBILITAZIONE
PER IL SALARIO, LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO, I DIRITTI SINDACALI PER I LAVORATORI E PARI DIRITTI PER TUTTE LE ORGANIZZAZIONI, LA CONTINUITÀ DEL REDDITO E CONTRO LA PRECARIETA’
Apriamo l’assemblea nazionale promossa dalla CUB, dalla Confederazione Cobas, dall’SdL Intercategoriale salutando tutte le delegate e i delegati intervenuti, che sono arrivati qui da ogni parte del Paese per dare il proprio contributo a questo importante momento unitario di confronto, per definire assieme come continuare nel percorso unitario di lotta e di mobilitazione che ormai abbiamo intrapreso da tempo. Salutiamo e ringraziamo anche tutti quei lavoratori, delegati, soggetti che, pur se esterni alle organizzazioni promotrici, hanno deciso di partecipare e dare il proprio contributo a quest’ Assemblea
Questa relazione è unitaria e chi la legge lo fa a nome e per conto di tutte e tre le organizzazioni promotrici. Vogliamo con oggi inaugurare un metodo nuovo di relazioni tra noi che sia permanente e non episodico, che metta insieme soggetti diversi che però ritengono utile confrontarsi sulle cose da fare e, ove possibile, decidere di farle assieme. Questa assemblea sarà animata direttamente dagli interventi dei delegati che provengono dai luoghi di lavoro e dai territori per segnare ancora di più la volontà di procedere unitariamente e per restituire la parola direttamente ai luoghi di lavoro e ai delegati dei lavoratori.
L'Assemblea di oggi dà continuità al percorso di mobilitazione e di lotta che il sindacalismo di base ha intrapreso da tempo e che ha portato a realizzare tre scioperi generali nei due anni del governo Prodi e a lanciare campagne quali quella in difesa della previdenza pubblica e contro lo scippo del tfr.
Questa battaglia è stata emblematica perché è stato battuto il fronte costituito da imprese, banche, assicurazioni e i piazzisti di cigl, cisl e uil. che avevano visto la possibilità di mettere le mani su un patrimonio di 13 miliardi di euro all'anno rappresentato dal tfr in maturazione e di smantellare la previdenza pubblica.
Le nostre parole d'ordine sono state e rimangono :forti aumenti di salari, pensioni pubbliche, lotta alla precarietà lavorativa e sociale, continuità del reddito, per la sicurezza nei posti di lavoro, per lo stato sociale, per la democrazia nei luoghi di lavoro e per pari diritti tra le organizzazioni sono state e sono le parole d’ordine delle nostre mobilitazioni. Esse restano decisive per migliorare le condizioni di vita e di lavoro di vasti strati sociali che sentono oggi sulle loro spalle la fatica del vivere, in una società in cui aumentano le disuguaglianze sociali ed in cui si dissolvono le speranze e le piccole sicurezze che hanno accompagnato le generazioni precedenti.
Su questi temi e contro l'accordo sottoscritto da Cgil Cisl Uil, il 23 luglio del 2007, abbiamo prodotto molte iniziative di lotta fino allo sciopero del 9 novembre con il quale abbiamo risposto con forza con una giornata di lotta che ha attraversato l'Italia con ben 32 iniziative di mobilitazione in altrettanti città.
Uno sciopero che ha avuto una rilevanza significativa sia nelle adesioni, sia nella partecipazione alle manifestazioni, sia nel risalto che ha avuto sulla stampa: una dimostrazione di quanto potenzialmente è possibile fare quando gli obiettivi sono chiari, condivisi dai lavoratori ed indicati in modo unitario.
Un percorso comune che, proprio per le differenze tra le organizzazioni di base, sia rispetto alla storia, sia per impostazione sindacale e metodi di lavoro, risulta ancor più importante e carico di aspettative.
Questa Assemblea si colloca temporalmente nel nuovo scenario politico/sindacale uscito dalle urne del 13 e 14 aprile ma la avevamo annunciata e preparata ben prima di quella data perchè l’assemblea di oggi è interna al percorso di mobilitazione e di lotta che queste organizzazioni hanno intrapreso da tempo e che ha portato anche ad azioni congiunte, spesso insieme ad altri sindacati di base, come avvenuto con lo sciopero del 9 novembre scorso.
I vari governi di centrodestra e centrosinistra che si sono susseguiti negli ultimi quindici anni, oltre ad aver prodotto una significativa riduzione degli spazi democratici di questo Paese, dentro e fuori le dinamiche del mondo del lavoro, ha di fatto impoverito in modo sostanziale enormi masse di lavoratori, attuando una redistribuzione della ricchezza, a favore del profitto ed a discapito delle buste paga e delle pensioni, che ha toccato ormai livelli di insostenibilità tale da indurre la stessa borghesia a segnalare il fenomeno e a chiedere riparo.
Adesso tutti hanno scoperto, compresi Cgil Cisl Uil (che ne portano la responsabilità) quanto da anni andiamo dicendo e motivando: in 25 anni circa l’8% del PIL (prodotto interno lordo italiano) è passato dalle mani dei lavoratori a quelle dei padroni. Stiamo parlando di una cifra totale pari a oltre 120 miliardi di euro, cioè 7.000 euro medie in meno in busta paga per i circa 17 milioni di lavoratori dipendenti.
Una redistribuzione del reddito che segna una vittoria senza precedenti del padronato italiano e che riproduce squilibri economici che non si vedevano dal dopoguerra.
In sostanza, come qualcuno ha sostenuto in questi giorni, la lotta di classe esiste ancora ed è ferocemente praticata dal padronato italiano, in questi anni sta spostando risorse economiche, diritti e certezze, dal mondo del lavoro a quello del capitale.
Il paradosso è che oggi si parla dei bassi salari perché le scarse risorse a disposizione dei lavoratori e dei cittadini, stanno mettendo in crisi l’attuale sistema dei consumi e conseguentemente della produzione e del commercio.
Questi dati confermano che era fondata la nostra richiesta di aumenti salariali contrattuali di almeno 250 euro.
La redistribuzione del reddito si è sicuramente concretizzata con la sottrazione di risorse economiche perpetrato per decenni, e soprattutto dal 1992 in poi, a danno dei lavoratori dipendenti, attraverso l’abolizione della scala mobile ed una contrattazione nazionale vincolata all’inflazione programmata..
Ma ciò non è sufficiente a spiegare una così elevata redistribuzione del reddito: il mercato del lavoro sempre più deregolamentato, il ricatto continuo della delocalizzazione delle produzioni verso mercati del lavoro ancor più a basso costo, la definizione di contratti con doppi regimi salariali, la sottovalutazione sempre più pesante della sicurezza sul lavoro, l'attacco indiscriminato alla pensione pubblica e soprattutto la precarietà in tutti i suoi aspetti ed in tutte le sue forme, hanno accentuato ed accelerato l’attuale processo di impoverimento collettivo e di arricchimento di pochi, introducendo infine un senso di precarietà soggettiva e collettiva che supera i confini del lavoro dipendente ed invade la sfera della vita sociale degli individui.
Una precarietà ed una povertà che investono quindi non solo le modalità di lavoro ed il corrispettivo salario, ma anche la vita di tutti i giorni, l’impossibilità oggettiva di avere una famiglia, dei figli, una casa, un’assistenza sanitaria adeguata, una pensione accettabile.
Cgil Cisl Uil hanno assecondato queste politiche liberiste per contiguità “culturale”, e per condiscendenza all’obbiettivo della crescita economica senza limiti, di teorizzazione estrema della globalizzazione dei mercati, della deregolamentazione del mondo del lavoro e di bassi salari, quali unici possibili strumenti di sviluppo e di espansione delle economie e della finanza.
Più di ogni altro ne stanno facendo le spese i lavoratori immigrati per le politiche relative all’immigrazione, tutte asservite alla realizzazione del massimo profitto sulla loro pelle, che li considera meno delle merci, a cui perlomeno è concessa la libera circolazione.
La propaganda xenofoba e razzista, che sta alla base della Bossi Fini e della Turco Napolitano, ha ridotto in schiavitù migliaia di immigrati, clandestini per forza ma assolutamente necessari a questo sistema economico, che beneficia di un esercito di lavoratori in nero, ricattato, senza diritti e da utilizzare in funzione di una nuova guerra tra poveri.
Un “culto del dio mercato” che, passando attraverso la politica ed una comunicazione sempre meno oggettiva ed indipendente, sembrerebbe aver vinto “culturalmente” all’interno di una società sempre meno critica e sempre più succube di stereotipi e generalizzazioni telecomandate, quali la repulsione per il diverso, la generica ed ossessionante richiesta di sicurezza, l'utilizzo della guerra quale strumento economico di controversia e di scontro tra popoli e tra paesi e di governo dell’economia mondiale.
Grandi responsabilità nel quadro definito fin qui sono da attribuirsi a cgil, cisl e uil, che in nome del libero mercato hanno sostenuto la deregulation del mercato del lavoro, l’introduzione e lo sviluppo della precarietà, la trasformazione della contrattazione in un rituale ormai del tutto scontato, sempre al ribasso e sempre più legato alla produttività che sfocia quasi sempre in mancanza di sicurezza ed in omicidi sul lavoro.
Cgil Cisl Uil oggi accompagnate da UGL, hanno abbandonato la difesa dei ceti popolari, scambiando i diritti e le tutele dei lavoratori per conservare il monopolio della rappresentanza , mentre le loro strutture aziendali si calano sempre più nel ruolo di uffici staccati del personale.
E’ stato così costruito un sistema di relazioni industriali che ha espropriato i lavoratori dal proprio diritto di essere protagonisti nelle scelte che li riguardano, e ha utilizzato il sindacato concertativo come strumento per consentire politiche anti operaie di sostegno agli interessi del mercato e delle imprese. Un meccanismo di contrattazione autoreferenziale che legittima gli attori stessi attraverso la consumazione di un “rituale” riservato ad una ristretta schiera di soggetti, che perpetua il proprio potere, che lo difende e lo blinda rispetto alle richieste di reale rappresentanza dei lavoratori e da quelle esperienze sindacali che non accettano questo sistema ormai lontano dalla concretezza di chi lavora.
Ma al peggio non c'è mai fine: mentre il capitale modifica “intelligentemente” il tenore e le modalità di intervento a seconda del periodo storico e politico nel quale agisce, il sindacato confederale risponde alle richieste del padronato italiano sempre allo stesso modo, concertando e scambiando i diritti ed i salari dei lavoratori per incrementare i propri privilegi.
La proposta di Cgil Cisl Uil sulla contrattazione sancisce lo svuotamento del Contratto Nazionale realizzato in questi anni e propone di svuotarlo ancora di più. Si allunga il periodo di vigenza del CCNL a 3 anni con un conseguente peggioramento salariale e si sostituisce il concetto di “inflazione programmata” con quello di “ inflazione realisticamente prevedibile” infiocchettando il tutto con qualche richiesta di aggiustamento del paniere Istat.
E questa volta l'ipotesi sulla quale hanno convenuto è rappresentata da un nuovo modello contrattuale che sancisce la fine della funzione storica del contratto collettivo nazionale di lavoro che è, per noi, lo strumento attraverso cui si deve attuare la redistribuzione della ricchezza prodotta attraverso il lavoro. Oltre che per ottenere diritti esigibili.
Tale operazione era già stata avviata con gli accordi di luglio del 92 e del 93 che, togliendo la scala mobile, avevano attribuito ai contratti nazionali la residuale funzione di garantire, al più, il recupero dell’inflazione programmata decisa dal Governo. Ora il protocollo definito da cgil, cisl e uil ratifica definitivamente questa lettura e, non prevedendo alcun meccanismo automatico di rivalutazione dei salari, come da noi richiesto attraverso la raccolta di firme in calce alla Legge di iniziativa popolare per il ripristino della scala mobile, rende il CCNL davvero un atto notarile, che non ha nemmeno bisogno di essere discusso tra le parti, attraverso cui si indicheranno gli aumenti salariali possibili sulla scorta di un meccanismo di valutazione dell’aumento del costo della vita definito “prevedibile” non si sa bene né come né da chi! La contrattazione di secondo livello dovrebbe invece garantire i veri aumenti salariali, legandoli agli incrementi produttivi e all’andamento di impresa.
Oggi la contrattazione aziendale viene svolta da un numero ridotto di aziende medio grandi che corrispondono a circa il 20% dei lavoratori.
Tutti gli altri non la fanno, innanzitutto a causa della struttura produttiva italiana.
E' chiaro quindi che la contrattazione aziendale può essere fatta seriamente solo a livello delle aziende oltre i 250 dipendenti, ed è altrettanto chiaro il motivo per cui la produttività del lavoro nel nostro paese è bassa, infatti le microimprese non sono in grado di fare quegli investimenti necessari per aumentare il valore aggiunto, cosa che può essere realizzato dalle imprese maggiori.
La contrattazione aziendale, dove viene fatta deve garantire ai lavoratori il recupero di ulteriori quote della ricchezza prodotta, oltre che introdurre innovazioni contrattuali, sul versante dei diritti, da riproporre nella discussione del contratto nazionale.
Una contrattazione non di scambio che non va limitata al solo salario ma che deve affrontare e risolvere i problemi dei lavoratori in tema di orario,sicurezza e salute, precarietà, e carichi di lavoro, invece che, come oggi avviene e come si rafforza nella proposta di Cgil Cisl Uil, per risolvere i problemi delle aziende.
L'altro punto della proposta di Cgil Cisl Uil riguarda la democrazia e la rappresentanza, una proposta che non incide affatto sul ruolo di monopolio da essi detenuto e che lascia liberi i padroni di continuare a scegliersi il sindacato con il quale trattare.
Ma il protocollo è anche lo strumento attraverso cui si realizzano le mediazioni politico/sindacali tra le tre organizzazioni; la Cgil accetta di mettere mano, e con che pesantezza, al contratto nazionale, mentre la Cisl accetta di mettere mano, senza troppi sconvolgimenti, alla democrazia e alla rappresentanza sindacale.
Su questo importante tema innanzitutto bisogna sancire il diritto dei lavoratori a discutere ed approvare sia le piattaforme che gli accordi che li riguardano, ai vari livelli, con consultazioni vere e la possibilità per ipotesi contrapposte di essere rappresentate.
Le elezioni delle RSU debbono essere generalizzate in tutte le aziende, deve essere eliminata la clausola del terzo riservato ai firmatari dei contratti e debbono essere eliminate tutte le clausole discriminatorie tra le varie organizzazioni sindacali.
Debbono essere rese esigibili le trattenute in busta paga per tutte le organizzazioni sindacali.
Un accordo di questo tipo potrebbe scatenare una ulteriore reazione di forte dissenso dei lavoratori nei confronti di Cgil, Cisl e Uil riproponendo il tema della rappresentanza sindacale.
A fronte di questo nuovo e pesante attacco alle condizioni di lavoro ed alla democrazia, il sindacalismo di base ha oggi una nuova e maggiore responsabilità, come maggiori sono le aspettative nei suoi confronti da parte di moltitudini sempre più ampie di lavoratori.
Il diritto di assemblea deve essere garantito a tutte le organizzazioni.
E’ evidente a chiunque che la nuova situazione politica, la sconfitta cioè dell’ipotesi e dei soggetti politici di riferimento di cgil, cisl e uil nelle scorse elezioni, sia servita da carburante per accelerare la definizione del sindacato unico, unico nella sostanza anche se non ancora nella forma, e che il protocollo sia lo strumento attraverso cui, oltre a rispondere positivamente alle pressioni del padronato in tal senso, si stringono anche le maglie della rappresentanza sindacale perché non esista alcuna sponda esterna a cgil cisl e uil per quanti, e saranno molti, decideranno di lasciare definitivamente queste organizzazioni filo padronali ed antidemocratiche.
L'Assemblea di oggi e la condivisione di obiettivi tra le nostre organizzazioni è la prova che la coscienza di questa nuova responsabilità si è prima insinuata tra i militanti, tra i gruppi dirigenti ed i lavoratori stessi ed ha poi reso possibile un percorso che prescinde dalle singole specificità e vuole cogliere l'essenza stessa dell'emergenza alla quale siamo chiamati a dare risposte concrete: progettare e realizzare in tempi brevi una fase di conflitto sindacale che produca nuova consapevolezza tra i lavoratori, indicando una via di uscita credibile senza però aver paura di puntare ad obiettivi ambiziosi.
Per questo motivo dobbiamo e possiamo uscire da questa Assemblea con una piattaforma rivendicativa da presentare al Governo ed alle controparti datoriali, su cui chiamare i lavoratori alla mobilitazione e alla lotta ed i cui punti fondamentali devono essere i seguenti.
Oggi è più che mai necessario continuare sulla strada intrapresa negli ultimi anni indicando i punti centrali della piattaforma su cui rilanciare le lotte e il conflitto:
- Forti aumenti generalizzati per salari e pensioni di almeno 3.000 euro annui; introduzione di un meccanismo automatico di adeguamento salariale legato agli aumenti dei prezzi – Eliminazione dell'IVA dai generi alimentari di prima necessità – Difesa della pensione pubblica - No allo scippo del tfr - eliminazione della clausola del silenzio assenso e possibilità per i sottoscrittori di uscire dal fondo pensione.
- Abolizione delle leggi Treu e 30.
- Lotta al razzismo che, oltre a negare diritti uguali e la dignità delle persone, scarica sui migranti la responsabilità dei principali problemi sociali.
- Continuità del reddito – Lotta alla precarietà lavorativa e sociale con forme di reddito legate al diritto alla casa, allo studio, alla formazione, alla mobilità.
- Rilancio del ruolo del contratto nazionale come strumento di redistribuzione del reddito. No alla detassazione degli straordinari proposta dal governo.
- Sicurezza nei luoghi di lavoro e sanzioni penali per chi provoca infortuni gravi o mortali.
- Restituire ai lavoratori il diritto di decidere: no alla pretesa padronale di scegliere le organizzazioni con cui trattare e pari diritti per tutte le organizzazioni dei lavoratori.
- Difesa e potenziamento dei servizi pubblici e dei beni comuni del diritto a prestazioni sanitarie degne di questo nome e del diritto alla casa e all'istruzione.
- No allattacco al diritto di sciopero – difesa e riconquista di spazi di lotta che vadano oltre le attuali limitazioni.
Una piattaforma rivendicativa semplice e chiara che sicuramente indica obiettivi rilevanti non perché vuole essere un “libro dei sogni”, ma perché gli argomenti che tratta ed indaga e ai quali intende dare risposte, sono essi stessi bisogni altrettanto rilevanti ed urgenti, esigenze reali e concrete di chi lavora , di chi non riesce a farlo, di chi è precario e di chi non sopravvive con un salario ed una pensione da fame.
Una piattaforma che dovrà quindi essere alla base di una azione sindacale a livello nazionale e permeare e sorreggere qualsiasi vertenza locale ed aziendale andremo a costruire.
Da quest'Assemblea dovremo quindi uscire:
- Avviando un dibattito pubblico e collettivo che dovrà svilupparsi sui posti di lavoro e sui territori;
- con una piattaforma da presentare a governo e confindustria all'interno di una procedura formale di confronto;
- con un percorso di mobilitazione al cui interno collocare azioni e vertenze sindacali sia a livello nazionale, sia locale;
- con una indicazione di SCIOPERO GENERALE qualora le nostre rivendicazioni non troveranno una coerente e positiva soluzione.
Tutto ciò si può ottenere attraverso la partecipazione, la chiarezza degli obiettivi, la mobilitazione ed il coinvolgimento dei lavoratori, di tutti i lavoratori e non soltanto di quelli che fanno esplicito riferimento al sindacalismo di base.
Solo il riconoscimento di bisogni comuni e l'unità dei lavoratori su obiettivi chiari e condivisi, può riuscire finalmente a ridare potere ai lavoratori e ai ceti popolari.
Mozioni approvate dall'Assemblea
MOZIONE ANTIRAZZISTA
Appello per una mobilitazione antirazzista unitaria dal basso
Il governo dichiara guerra agli immigrati.
Il centro-sinistra lo supera… a destra
Fermiamo i nuovi pogrom prima che sia troppo tardi
Il nuovo governo Berlusconi non ha perso tempo. In piena sintonia con il contenuto principale della campagna elettorale vittoriosa, vara l’ennesimo pacchetto sicurezza.
Obbiettivo principale: colpire gli immigrati e.. difendere la proprietà privata.
Espulsioni più facili per i cittadini comunitari senza lavoro, CPT trasformati definitivamente in carcere e prolungamento della detenzione fino a 18 mesi, esame DNA per ottenere i ricongiungimenti familiari, poteri speciali a sindaci e prefetti per cancellare gli insediamenti rom, abusivi e non, militarizzazione dei territori: sono queste le misure fondamentali definite dal governo di centro-destra che non trovano nessuna opposizione a sinistra. Anzi. Le dichiarazioni del PD e di diversi sindaci di centro-sinistra, si allineano perfettamente a questa nuova ondata xenofoba e forcaiola cercando di recuperare consensi perduti proprio sul tema della sicurezza.
E in questo clima di guerra dichiarata si riaffacciano i pogrom. I primi a farne le spese, come sempre, sono i rom. Dagli assalti “popolari”di Napoli, alle molotov di Torino,Novara e Milano, le comunità zingare sono colpite da attentati che mettono a fuoco le loro favelas minacciandone direttamente la vita.
Si tratta di un’offensiva razzista senza precedenti che trova pericolosi consensi anche in quegli strati popolari che avrebbero mille motivi per rivoltarsi contro ben altri soggetti, e cioè contro i poteri forti e i suoi costanti soprusi sulle classi subalterne.
Morti sul lavoro, salari da fame, precarietà diffusa e disoccupazione, problema casa, distruzione dei servizi sociali.. problematiche sociali diffuse il cui responsabile ha un nome e cognome ben chiaro: il sistema capitalista, che continua a produrre super-profitti da una parte, guerre, sfruttamento e miseria dall’altra.
Le contraddizioni che schiacciano la maggioranza della popolazione crescono ma, evidentemente, questo non è sufficiente a costruire un’adeguata mobilitazione popolare schierata dalla parte giusta della barricata.
Il controllo di ogni punto di riferimento utile per i proletari, frutto del tradimento totale della sinistra istituzionale e dei sindacati confederali, lasciano un vuoto che, per il momento, chi si batte per un rovesciamento totale del sistema e delle sue logiche, non è in grado di colmare.Il risultato è sotto gli occhi di tutti: strada libera per la crescita di un nuovo fascismo, istituzionale, squadrista e addirittura popolare.
Le ragioni per rilanciare la battaglia restano quindi invariate e anzi si approfondiscono.Occorre andare alla radice e lottare per respingere la trappola mortifera del razzismo.E’ fondamentale contrastare il tentativo dei padroni che lavorano per terrorizzare e riscattare le masse immigrate e quindi sfruttare meglio, che vogliono sviare i proletari italiani dai loro reali obbiettivi di lotta, che vogliono dividere la classe lavoratrice ed evitare che si formi un fronte di lotta molto pericoloso per i poteri forti.
Rinnoviamo quindi il nostro appello per una mobilitazione straordinaria e permanente finalizzata a respingere il nuovo pacchetto sicurezza di Berlusconi- Maroni a sostenere in maniera militante l’autodifesa dei rom e di tutti gli immigrati sottoposti alla repressione razzista, a costruire un percorso di mobilitazione basato su una prospettiva di unità dei lavoratori e delle loro lotte, senza nessuna illusione nelle logiche politiche-istituzionali, ma confidando solo sulla propria capacità di organizzarsi dal basso e di lottare uniti per la difesa di comuni interessi di classe.
Su queste basi facciamo appello alle organizzazioni degli immigrati e alle loro comunità, ai comitati antirazzisti, alle organizzazioni sindacali dei lavoratori, ai movimenti di lotta, ai militanti internazionalisti e antifascisti per costruire un’iniziativa unitaria e permanente contro il pacchetto sicurezza, cominciando dall’impellente necessità di decidere forme di mobilitazione adeguate a contrastare fisicamente i nuovi pogrom.
MOZIONE GOVERNO NAPOLI
Mercoledì 21 maggio, a Napoli, il nuovo governo Berlusconi terrà il suo primo Consiglio dei Ministri.
Questo summit dovrebbe partorire l’ennesimo coniglio dal cilindro:
> Un nuovo piano rifiuti dopo gli acclamati fallimenti di questi anni
> Le misure e le nuove norme afferenti al cosiddetto Pacchetto Sicurezza
> Alcuni provvedimenti finalizzati alla deregolamentazione di ciò che residua della struttura unitaria del Salario.
In contemporanea con questo vertice le reti e i comitati che in questi ultimi mesi hanno animato le mobilitazioni popolari contro l’uso antisociale dell’emergenza rifiuti assieme alle organizzazioni del sindacalismo di base, ai centri sociali hanno indetto una Manifestazione che si recherà presso la prefettura e chiederà un incontro.
L’ASSEMBLEA DI OGGI ASSUME QUESTA INIZIATIVA ED ADERISCE A QUESTA MOBILITAZIONE
MOZIONE F 35 NOVARA
La decisione di costruire una fabbrica di assemblaggio dei micidiale cacciabombardieri F-35 da noi ribattezzata “fabbrica della morte” e di porla nel territorio della base militare di Cameri (no) preoccupa fortemente tutti coloro che sono amanti della pace.
A questo proposito nessuna notizia sullo status del territorio della base, di proprietà dei comuni limitrofi, è nota.
Per questo motivo l’assemblea permanente contro l’assemblaggio degli F-35 a Cameri chiama tutti a una mobilitazione che si terrà Lunedì 19-05 alle ore 15.00 presso la prefettura di Novara in P.zza Matteotti.
Intendiamo così individuare il governo e la sua rappresentanza sul territorio come coloro che devono spiegare alle popolazioni perché una fabbrica gestita dall’americana Loockeed e dall’Alenia, con personale specializzato straniero, deve posizionarsi sul territorio Italiano.
Richiediamo perciò notizie sullo status giuridico nonché la sospensione dei lavori di costruzione dei capannoni.
Assemblea permanente “no F-35” Novara
MOZIONE GALLAZZI TRADATE
CAMBIO APPALTO DEL 1° MAGGIO CON TANTO DI DISCRIMINAZIONI RAZZIALI!
COME SI INAUGURA IL 1°MAGGIO NELL’ANNO DELLE DISCRIMINAZIONI, DELLE LEGGI AD HOC CONTRO GLI IMMIGRATI, DELLE RONDE, DEGLI AGGUATI CONTRO CHI NON E’ IDENTIFICABILE CON LA SUB-CULTURA
“STESSA FAZZA STESSA RAZZA”??!!
Un semplice cambio appalto, da una cooperativa all’altra, per il servizio logistica interna alla ditta Gallazzi, di Tradate (Va), diventa un ottimo modo per epurare chi non è italiano e l’identità è difesa!
La cooperativa “negozio del lavoro” gestiva la logistica interna alla Gallazzi, movimentazione materiali, facchinaggio in genere, con il 16 “soci-lavoratori” di cui 6, così detti extracomunitari, tutti di origine marocchina.
Dal 1° maggio questa cooperativa ha perso l’appalto con il subentro della cooperativa Clean System che, guarda caso, ha assorbito solo i lavoratori italiani, dichiarando di non assumere gli altri perché stranieri, quindi non desiderati.
La cosa è resa ancor più eclatante dal fatto che il nuovo appalto non prevede nessuna riduzione dell’attività, al contrario ha un ampliamento del servizio.
Nonostante questo, 6 lavoratori marocchini e il vecchio capo reparto, si sono trovati in mezzo una strada, la loro colpa è una sola essere appunto di origine marocchina.
Le RSU della Gallazzi ha chiesto alle RSU di CGIL-CISL di firmare congiuntamente una lettera per chiedere un incontro di chiarimento, alla direzione Gallazzi, sulla grave discriminazione razziale..
Risposta.. : non ci interessa.
“NON INTERESSA”E’ LA RISPOSTA SIA DI CGIL- CISL CHE DELL’AZIENDA COMMITTENTE DELL’APPALTO, COSì IL 1° MAGGIO ‘008, FESTA DEL LAVORO, ALLA GALLAZZI DI TRADATE SI FESTEGGIA
LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE.
Al momento il sindacato di Varese ha attivato una causa pilota contro la discriminazione razziale ai sensi degli artt.43/44 del Testo unico sull’immigrazione, tutto ciò nel regno all’ombra della lega nord… brr! Ma non vogliamo fermarci alle sole vertenze legali, organizziamo insieme un serio fronte contro ogni forma di razzismo lavorativo sociale.
Rassegna stampa
18 maggio 2008 - Liberazione
Dall'assemblea nazionale
Cub, Cobas Sdl: patto d'azione contro i nuovi modelli contrattuali
di Fabio Sebastiani
Milano - «Sogno un sindacalismo non critico ma creativo e propositivo». Abu Bakar Sumaoro è un ivoriano di una trentina di anni. Lui fa il coordinatore dei migranti a Napoli per la Cub. Non sarà Martin Luther King, ma dal palco dell'Assemblea nazionale dei delegati e delle delegate del sindacalismo di base riesce lo stesso ad infiammare i cuori dei 1500 della platea. Fra i leader sindacali erano presenti, per la Cub, i coordinatori nazionali Piergiorgio Tiboni, Walter Montagnoli, Paolo Leonardi e Cosimo Scarinzi (scuola), per i Cobas il portavoce Piero Bernocchi, e Fabrizio Tomaselli per Sdl.
Di iscritti a parlare in quella che può essere considerata la prima risposta del mondo del sindacalismo di base alla "concertazione II" di Cgil, Cisl e Uil ce n'erano una quarantina circa. Ma non tutti hanno potuto prendere la parola. Abu ce l'ha fatta non per il colore della pelle ma perché rappresenta una nuova generazione di "lavoratori militanti" che vuole davvero smetterla di parlare ai propri colleghi accusando «quelli là» (Cgil, Cisl e Uil, ndr).
Un'altra è Paola. Romana, anche lei trentenne. Ha scoperto il sindacato di base lottando contro la precarietà delle hostess sui bus turistici della Trambus di Roma. I sindacati confederali nei comunicati le indicavano come "veline decerebrate". Paola racconta che quando si è vista recapitare il primo volantino sindacale da distribuire durante gli scioperi ha dovuto fare un certo sforzo per spiegare alle sue colleghe il significato di parole come "lotta di classe", "piattaforma sindacale", e via dicendo. «La richiesta che faccio - dice di fronte ad una assemblea che ha seguito attenta i lavori fino alla fine - non è di darci una maggiore copertura sindacale, ma di formarci sulla memoria storica».
Roberto, invece, di anni ne ha quasi il doppio di Paola. E' un delegato del comune di Milano. Anche lui, però, vuole rompere con un sindacalismo piagnone e inconcludente. Dice che è venuto il momento di aprirsi; che lo sconquasso della neoconcertazione provocherà un fuggi fuggi generale da Cgil, Cisl e Uil. Stavolta la base organizzativa è già pronta. Ma, quello che stavolta farà davvero la differenza, è che la spinta unitaria dai luoghi di lavoro non si infrangerà contro le "gelosie" delle varie sigle. Cub/Rdb, Cobas e Sdl stavolta vanno a passo spedito non verso un semplice patto d'azione. «Unificazione, non unità». Lo stesso Paolo Marras, salito sul palco come lavoratore Alitalia, che il sindacalismo di base non deve più rappresentare l'organizzazione alla quale ricorrere nei momenti più duri «ma un posto in cui stare» e riscoprire quella che Abu chiama «la consapevolezza». L'assemblea di Milano ha approvato, tra ordini del giorno contro gli aerei "F35", la monnezza a Napoli e in appoggio ai rom, un lungo documento in cui compaiono due scadenze: un'altra assemblea a giugno e lo sciopero generale contro l'accordo sui nuovi modelli contrattuali in autunno. Sarà uno sciopero, ovviamente, anche contro la finanziaria, e a favore di un aumento dei salari di ben 3mila euro. Il resto, è il solito corredo contro il Tfr, la legge 30, una legge sulla democrazia e la rappresentanza e un'altra per un meccanismo di riadeguamento salariale e per la continuità del reddito.
18 maggio 2008 - Il Manifesto
«La frammentazione indebolisce» I sindacati di base verso l'unità
Più di mille delegati (Cub-Rdb, Cobas e Sdl) a Milano per la prima assemblea unitaria. Su salari e precarietà, sciopero generale e unitario in autunno
di Francesco Piccioni
Milano - Nella società (e nella politica) non c'è spazio per il vuoto. La voragine creatasi con la scomparsa della sinistra parlamentare, più una prevedibile accentuazione dello scollamento tra sindacato confederale e lavoratori in carne e ossa, chiama altri soggetti a farsi avanti, a proporre iniziative e soluzioni.
Il sindacalismo di base ci prova, dando vita a un percorso che può consentirgli di uscire da una condizione di minorità e frammentazione, per arrivare a rappresentare d'ora in poi «la vera alternativa». Oltre mille delegati «di situazione» di Cub-RdB, Cobas e Sdl Intercategoriale provenienti da tutta Italia si sono incontrati a Milano. Un'assemblea per fare i conti con le novità del presente e che già nello svolgimento ha segnato una rottura con le pratiche consolidate. Silenziosi i dirigenti delle tre sigle (una delegata del S. Raffaele di Milano ha letto la relazione introduttiva unitaria), la parola è andata ai protagonisti delle lotte. E qui subito la sorpresa, almeno per chi ha imparato a conoscere il pervicace orgoglio di organizzazione di queste formazioni. Il filo rosso dell'«unificazione» - non solo l'unità nelle lotte - è tornato prepotente in quasi tutti gli interventi. Perchè la «piccola taglia» è ormai vissuta come un handicap per la credibilità stessa dei «basisti» nel rapporto quotidiano con i lavoratori. Tanto più in un quadro di «democrazia sindacale» quantomeno problematico (qui viene contestata pesantemente la regola che assegna un terzo dei delegati rsu ai confederali, a prescindere dai voti presi), strutturato per «semplificare» anche la rappresentanza sociale.
Una ragazza giovanissima sintetizza in due parole la condizione di tanti suoi coetanei rispetto alle forme storiche della rappresentanza: «Mi chiedono a quale sindacato bisogna iscriversi per essere stabilizzati». Ma è un altrettanto giovanissimo ivoriano a far alzare in piedi tutti con un intervento di straordinaria densità emozionale, culturale e politica, tutto giocato sulla «diversità» e il suo valore, riuscendo a tenere insieme senza retorica lotta operaia, condizione migrante, solidarietà internazionale. La questione del lavoro giovanile torna in molte riflessioni, anche di operai più anziani («adesso li vedo contare i centesimi, fino a poco tempo fa guardavano al lavoro solo in associazione alla possibilità di spendere»). Una condizione contrassegnata quasi sempre dalla sensazione di impotenza, come se fosse stata spazzata via nelle nuove generazioni ogni conoscenza dei meccanismo democratici, di partecipazione.
Ne viene fuori una convergenza vera su una piattaforma molto articolata, che va dall'obiettivo di «forti aumenti salariali» all'abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu, dalla lotta al razzismo alla «continnuità di reddito» (contro la precarietà), dal «rilancio del ruolo del contratto nazionale» alla sicurezza sul lavoro, dalla difesa dei servizi pubblici alla democrazia sindacale. Più che piattaforma vera e propria, è il tratteggiare un sistema organico di temi politico-sindacali capace di produrre aggregazione sui contenuti, anzichè sui «contenitori» organizzativi.
L'indicazione immediata cade sull'avvio di «un percorso di mobilitazione», con all'orizzonte dell'autunno uno sciopero generale - il secondo, dopo quello del 9 novembre 2007 - «non come strumento per cercare visibilità, ma come punto di arrivo di un vasto lavoro di discussione e agitazione tra i lavoratori». Non sarà un percorso semplice, ma tutto il panorama politico e sindacale si è messo in movimento (ieri all'assemblea si é affacciato anche Giorgio Cremaschi). Anche questa galassia lo ha compreso, e reagisce in modo più maturo.
18 maggio 2008 - Il Giornale di Brescia
CUB, COBAS, SDL: PERSI 7.500 EURO IN 20 ANNI, SUBITO GLI AUMENTI
«Negli ultimi 20 anni si sono persi fra contratti risibili e aumento del costo della vita, circa 7.500 euro lordi l’anno». Lo dicono Cub, Cobas e Sdl, che chiedono un aumento di 3mila euro annui per salari e pensioni e l’eliminazione dell’Iva sui generi di prima necessità e dicono no alla detassazione degli straordinari: «fanno aumentare infortuni, precariato e ritmi di lavoro già alti».
17 maggio 2008 - Ansa
LAVORO: CUB, COBAS, SDL; SUBITO FORTI AUMENTI SALARI
NO A DETASSARE STRAORDINARI, FA AUMENTARE INFORTUNI E PRECARIATO
(ANSA) - MILANO, 17 MAG - ''Negli ultimi 20 anni si sono persi fra contratti risibili, aumento del costo della vita, riduzione delle prestazioni sanitarie e previdenziali, circa 7.500 euro lordi l'anno per gli stipendi e le pensioni'': e' questo, in estrema sintesi, il punto di riferimento che Cub, Cobas e Sdl intercategoriale - il sindacalismo di base - hanno individuato per il lancio di una piattaforma rivendicativa nell'assemblea nazionale che si e' svolta oggi al Teatro Smeraldo di Milano. Fra le iniziative a breve: una giornata di lotta entro il mese di giugno e la preparazione di uno sciopero generale in autunno. All'incontro, secondo gli organizzatori, hanno preso parte oltre 2.000 delegati: e' emersa una distanza ''nettissima'' da Cgil, Cisl e Uil, anche se la posizione verso la Fiom fa intravedere, pur fra serie critiche (''da sempre esiste una sinistra Cgil che parla ma non lotta''), ''una possibile convergenza su alcune specifici temi come la difesa del contratto nazionale''. Al centro della piattaforma, non a caso, vi e' proprio il rilancio del contratto nazionale e un 'no' secco alla detassazione degli straordinari, che ''fanno aumentare infortuni, precariato e ritmi di lavoro gia' altissimi''. Quindi si chiedono ''subito'' almeno 3.000 euro annui di aumento per salari e pensioni con il loro adeguamento automatico all'aumento dei prezzi e l'eliminazione dell'Iva dai generi di prima necessita'. C'e' poi la reiterazione della richiesta dell' abolizione del pacchetto Treu e della legge 30 come ''primo passo per la riduzione del precariato'' e di sanzioni penali per i titolari e i dirigenti delle aziende che non applicano rigorosamente le norme sulla sicurezza. Fra i leader sindacali erano presenti, per la Cub, i coordinatori nazionali Piergiorgio Tiboni, Walter Montagnoli, Paolo Leonardi e Cosimo Scarinzi (scuola), per i Cobas il portavoce Piero Bernocchi, e Fabrizio Tomaselli per Sdl. ''La piattaforma del sindacalismo di base - ha sottolineato Montagnoli - apre la strada a una fase nuova sia di lotta che di mobilitazione per raggiungere obbiettivi importanti per lavoratori, pensionati e ceti popolari. L'unita' del sindacalismo di base rappresenta la premessa per raggiungere gli obbiettivi e per costruire un'alternativa sindacalismo realistica a Cgi, Cisl e Uil''.
CONTRATTI: CUB; FIOM FA CRITICHE, NOI LOTTIAMO
(ANSA) - MILANO, 17 MAG - ''La Fiom fa le sue battaglie, noi non ci limitiamo a fare solo critica e portiamo avanti una piattaforma concreta sul contratto nazionale''. E' quanto ha detto Piergiorgio Tiboni, coordinatore nazionale della Cub, commentando il dissenso della Fiom nei confronti della Cgil sul documento confederale relativo alla riforma dei contratti. Sull'argomento sono intervenuti altri sindacalisti di base che hanno partecipato all'assemblea nazionale indetta oggi a Milano e in particolare, secondo Piero Bernocchi della Confederazione Cobas, ''se la Fiom non ha un'autonomia sindacale nei confronti della Cgil allora sara' difficile lavorare insieme''. Al contrario, Fabrizio Tomaselli dello Sdl ha affermato: ''se la Fiom mantiene le posizioni di ieri, per noi e' un interlocutore importante''.
16 maggio 2008 - Left
Chi rappresenta i lavoratori?
La riforma della contrattazione si completa col capitolo sulla democrazia.Tra i rischi di un sindacato burocratico e l’opportunità di una nuova ventata di partecipazione
di Manuele Bonaccorsi
Democratici, certo, ma fino a che punto? Dopo una difficile trattativa tra Cgil Cisl e Uil, la riforma del modello contrattuale è stata completata con l’introduzione di un capitolo sulla democrazia all’interno dei luoghi di lavoro. Il tema è quanto mai delicato. Intorno alla questione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori si concentrano molti nodi difficili da sciogliere e contrasti irrisolti: tra la Fiom e il resto della Cgil, ad esempio, tanto che Rinaldini, all’ultimo congresso, presentò una tesi proprio sulla democrazia sindacale. Tra sindacati di base e quelli confederali, poi, coi primi che da anni denunciano la politica dei «due pesi e due misure» che vige nei luoghi di lavoro. Tra l’ipotesi di "sindacato degli iscritti" professata dalla Cisl contro quella di "sindacato di tutti i lavoratori" fatta propria della Cgil. Tra sinistra politica e sindacato, infine. Rifondazione, infatti, ha sempre sostenuto l’ipotesi di una legge dello Stato sulla rappresentanza, mentre i sindacati prediligono la via pattizia, attraverso accordi. Un nodo centrale, a maggior ragione dopo il risultato elettorale, che ci ha consegnato una contraddizione difficile da risolvere: quella degli operai elettori della destra. Una debacle politica che riguarda anche il sindacato. Nonostante la costante crescita del numero degli iscritti, il tasso di sindacalizzazione non sale, circa metà degli aderenti è pensionato e il sindacato è spesso assente nelle piccole imprese e tra i precari. Sarebbe altrimenti difficile capire come mai il Paese col maggior numero di iscritti ai sindacati sia quello coi salari più bassi. «Se è vero che fuori dalla fabbriche esiste una comunità politica confusa e attraversata da rischi di chiusura, non si può sostenere che dentro le fabbriche queste contraddizioni non esistano», afferma Maurizio Zipponi, responsabile lavoro del Prc ed ex sindacalista della Fiom. «Per questo - continua - il tema della democrazia è fondamentale, e deve riguardare tutti i lavoratori, non solo gli iscritti ai sindacati. Perché se essa entra in crisi, il lavoratore si affida all’impresa, e il sindacato diventa inutile». Il documento approvato dai sindacati confederali prevede l’ampliamento al settore privato di regole simili a quelle vigenti nel settore pubblico. «Con un differenza - accusa Pierpaolo Leonardi, coordinatore della Cub -. Nel pubblico impiego esiste una legge, mentre la proposta di Cgil, Cisl e Uil prevede un accordo con governo e imprese. Si tratta dunque di una democrazia per via pattizia, non esigibile». La proposta si basa sul calcolo e la certificazione da parte del Cnel della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, tramite una media tra il numero di iscritti e i voti ottenuti nelle elezioni delle Rsu. Non viene cancellata, però, la quota del 33 per cento riservata ai sindacati confederali nel settore privato, criticata duramente dalle organizzazioni di base. «La quota riservata è incostituzionale», attacca Leonardi. «Nel testo, inoltre, rimane intatta una delle regole più antidemocratiche che vige nel pubblico impiego: solo le organizzazioni che hanno firmato il contratto nazionale hanno titolarità a trattare sul secondo livello: gli altri sono esclusi, a prescindere dalla loro rappresentatività», spiega l’esponente del sindacalismo di base che sabato, insieme a Cobas e all’Sdl, ha indetto un’assemblea di delegati a Milano sul tema della democrazia, dei salari e dei contratti. Ma ciò che più rischia di creare divisioni, specialmente nella Cgil, è l’assenza di una votazione prima dell’accordo. Il modello di democrazia praticato tra i metalmeccanici, infatti, prevede che prima dell’apertura dei tavoli con le controparti venga votata la piattaforma sulla base della quale i lavoratori danno alle organizzazioni un "mandato a trattare". Il numero di votanti in questa prima consultazione definisce il quorum necessario per la seconda votazione, il referendum che approva definitivamente l’accordo. «La democrazia è assente da quel testo. Se non si vota la piattaforma non è possibile fare un confronto tra ciò che si chiede e ciò che si ottiene», spiega Pierfranco Arrigoni, segretario della Fiom Lombardia. «Al referendum, poi, il documento oppone una non precisata "consultazione certificata", senza nessuna regola sulla composizione delle commissioni elettorali, che nei metalmeccanici è determinata in uno specifico accordo. Infine, non è chiaro cosa accadrebbe se non tutte le organizzazioni fossero della stessa opinione», argomenta Arrigoni. Il riferimento è a quando, nel 2003, Film e Uilm firmarono senza la Fiom il contratto nazionale dei metalmeccanici. Senza sottoporlo a referendum. Più sfumata la posizione di Piergiovanni Alleva, giuslavorista e direttore della Rivista giuridica del lavoro della Cgil. Per Alleva il testo approvato dai sindacati è poco chiaro e presenta rischi e opportunità: «Se, come sembra, il nuovo modello legherà la misurazione della rappresentatività alla legittimazione contrattuale sarà un passo in avanti. Si eviterebbe il paradosso di organizzazioni di minoranza o di comodo che firmano un contratto valido per tutti», spiega Alleva. «L’estensione del secondo livello, inoltre, potrebbe essere legata a una generalizzazione delle elezioni delle Rsu in tutte le aziende, anche quelle sotto i 16 dipendenti, nelle quali non è prevista. In questo caso sarebbe possibile lanciare una settimana elettorale in tutti i posti di lavoro: sarebbe un fatto centrale per l’intero Paese, importante almeno quanto le elezioni politiche», spiega Alleva. «È chiaro però che se il contratto nazionale perdesse ogni funzione e la contrattazione decentrata si limitasse solo ai premi di produzione, il sindacato rischierebbe di sparire. Non sono disfattista, ma non mi faccio neppure illusioni. Dobbiamo rimboccarci le maniche». Il ruolo delle Rsu è proprio uno dei nodi centrali di una polemica molto dura tra la sinistra della Cgil e la categoria "riformista" dei chimici. La Filcem, infatti, ha approvato una bozza di regolamento sul ruolo delle Rsu che appare del tutto sbilanciata a favore del ruolo del sindacato, ai danni dei rappresentanti eletti sui luoghi di lavoro. Ecco cosa recita il testo: «La Rsu in quanto struttura unitaria del sindacato, lo rappresenta in tutti i posti di lavoro, attua le linee rivendicative e di gestione di Filcem-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil, promuovendo azioni conformi agli indirizzi deliberati dagli organismi di categoria, sostiene e promuove le iniziative del sindacato confederale». «È in campo una grave torsione autoritaria e verticistica del sindacato. Qualcuno vorrebbe tornare a prima del ’69, quando le rappresentanze dei lavoratori erano nominate direttamente dal sindacato», attacca Dino Greco, esponente della sinistra nel direttivo Cgil. «Ne è una dimostrazione il percorso di approvazione della riforma del modello di contrattazione, approvata senza promuovere una discussione tra gli iscritti e negli organismi della Cgil. Epifani, poi, si è appellato al voto diretto dei lavoratori, che dovrà convalidare l’accordo con governo e Confindustria. Ma ai lavoratori, come nel caso del protocollo sul welfare, sarà presentata solo una posizione».
15 maggio 2008 - Ansa
SINDACATI: SABATO ASSEMBLEA NAZIONALE SINDACALISMO BASE
(ANSA) - MILANO, 15 MAG - Si terrà sabato prossimo per tutto il giorno, al Teatro Smeraldo di Milano, l'assemblea nazionale del sindacalismo di base organizzato da Cub, Cobas e Sdl intercategoriale. All'incontro - è stato spiegato oggi in una conferenza stampa svolta simbolicamente davanti alla sede di Assolombarda - prenderanno parte circa 2.000 delegati. È previsto anche un incontro con la stampa alle 14.30. Nell'assemblea si decideranno le mobilitazioni e le iniziative di lotta e di propaganda di una piattaforma che, in sintesi, prevede aumenti immediati e generalizzati di 3.000 euro l'anno per salari e pensioni; l'introduzione di un meccanismo per l'adeguamento automatico di retribuzioni e pensioni all'aumento dei prezzi e la cancellazione dell'Iva sui beni di prima necessità. Fra le altre richieste: l'abolizione delle leggi Treu e 30 e il rilancio del contratto nazionale.
15 maggio 2008 - Liberazione
Sabato a Milano l'assemblea nazionale promossa da Cub, Cobas e SdL
«Lavoratori impoveriti, rilanciare il conflitto»
di Roberto Farneti
Rilanciare la mobilitazione sindacale nei luoghi di lavoro e nel paese, l'unica strada disponibile per risollevare la condizione materiale di milioni di lavoratori dipendenti e pensionati, impoveriti dalle politiche liberiste attuate da tutti i governi che si sono succeduti in questi anni, con il sostegno di Cgil Cisl Uil. E' questo l'obiettivo dell'appuntamento di sabato prossimo a Milano, presso la sala del Cinema Smeraldo, dove si terrà l'assemblea nazionale del sindacalismo di base promossa dalle tre principali organizzazioni: Cub, Confederazione Cobas e Sdl Intercategoriale.
Compito dell'assemblea, a cui prenderanno parte oltre mille delegati provenienti da tutta Italia, sarà quello di discutere e di decidere le forme di lotta da attuare nei prossimi mesi, compresa la proclamazione di un nuovo sciopero generale, dopo quello molto partecipato del 9 novembre scorso contro le politiche economiche del governo Prodi. «Quella piattaforma per noi è ancora valida - sottolinea Pierpaolo Leonardi, coordinatore nazionale Cub - non a caso il titolo dell'assemblea è "Continuare le lotte e la mobilitazione per il salario, la sicurezza nei luoghi di lavoro, contro la precarietà, per la continuità del reddito, in difesa del contratto nazionale, per la democrazia nei luoghi di lavoro"». A differenza di Cgil Cisl Uil, «il sindacalismo di base è veramente indipendente, noi - sottolinea Leonardi - non abbiamo governi amici». L'iniziativa è, comunque, aperta a tutti: «L'importante - chiarisce ancora Leonardi - è che a intervenire siano lavoratori veri, delegati o Rsu. Non vogliamo passerelle».
Cub Cobas e Sdl Intercategoriale, pur nella diversità esistente tra le tre organizzazioni, vogliono anche dar vita a forme permanenti di consultazione. «Abbiamo deciso di avviare un percorso di rapporto unitario - spiega Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas - non solo per organizzare insieme le assolutamente necessarie iniziative di lotta, ma anche per offrire a milioni di lavoratori, in un contesto difficile, un punto di riferimento alternativo a Cgil Cisl Uil, ormai avviate verso la creazione di un sindacato unico e intenzionate a cedere su tutta la linea al padronato e al goveno». Una subordinazione alle esigenze dell'impresa che fa il paio con «l'atteggiamento collaborativo del Pd nei confronti del governo Berlusconi».
Bernocchi fa l'esempio delle politiche contrattuali. «In Germania, dove il salario medio di un operaio è circa il doppio di quello italiano, abbiamo metalmeccanici, ferrovieri, settori del pubblico impiego che lottano per aumenti medi del 10%. Addirittura in Romania, paese dove non ci sono tradizioni di lotta sindacale particolarmente significative, addirittura gli operai della Renault lottano da un mese per avere il raddoppio del salario». In Italia invece «Cgil Cisl Uil, ma anche il Pd - sottolinea il portavoce dei Cobas - propongono di ridurre drasticamente il peso del contratto nazionale, con la promessa ingannevole di aumenti retributivi che giungeranno dal secondo livello, da cui continueranno ad essere esclusi la grande maggioranza dei lavoratori». L'unica soluzione che viene indicata ai lavoratori è quella di lavorare di più, cioè di fare straordinari.
Di fronte a tutto ciò, il sindacalismo di base deve dare risposte concrete. Le richieste che oggi emergono dal mondo del lavoro «sono - riassume Fabrizio Tomaselli, coordinatore nazionale di Sdl Intecategoriale - essenzialmente quattro: più salario, più pensioni, meno precarietà e più sicurezza sul lavoro». Su tutti e quattro questi temi le risposte di Cgil Cisl Uil sono «assolutamente insufficienti o contrarie». Tomaselli cita l'accordo del 23 luglio 2007 «che ha sancito la legge 30, oltre all'innalzamento dell'età pensionabile e il decollo della previdenza integrativa privata, a scapito di quella pubblica». Non solo: «Negli ultimi giorni del governo Prodi - ricorda il coordinatore della Cub, Pierpaolo Leonardi - il ministro della Funzione Pubblica, con una circolare, ha bloccato di fatto il parziale processo di stabilizzazione dei 500mila precari pubblici avviato dalla Finanziaria». Anche sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo Leonardi, «c'è ancora molto da fare», visto che l'approvazione del nuovo Testo Unico non sembra avere ridotto gli incidenti.
Secondo Cub, Confederazione Cobas e Sdl Intercategoriale la responsabilità di questi risultati negativi per i lavoratori è in primo luogo della concertazione. Per questo bisogna rilanciare il conflitto. Una strada che passa per la messa in discussione del monopolio di Cgil Cisl e Uil. Monopolio «che si realizza con una assenza di democrazia nei luoghi di lavoro, dove ai sindacati non concertativi - accusa Bernocchi - viene negato il diritto di assemblea e di fare campagna elettorale. In più non esiste un meccanismo di elezione con liste nazionali che permetta di verificare chi è veramente rappresentativo».
L'altro aspetto fondamentale è l'attacco al diritto di sciopero. «Ormai nei servizi pubblici, nei trasporti e in molte altre realtà, scioperare - sottolinea Tomaselli - è diventato un'impresa quasi impossibile. Gli interventi della Commissione di Garanzia vanno ormai ben al di là di ciò che stabilisce la legge. Bisogna riappropriarsi degli strumenti di lotta che storicamente appartengono al mondo del lavoro, forzando anche l'applicazione che viene data delle norme sugli scioperi».
Tuttavia, per proporsi come una alternativa a Cgil Cisl Uil, «il sindacalismo di base - spiega Tomaselli - deve dimostrarsi capace di uscire da situazioni di nicchia in termini di rappresentanza. Questa è la forte ambizione che abbiamo, l'obiettivo che ci dobbiamo dare. Inoltre per noi di Sdl Intercategoriale, questo obiettivo dovrebbe essere patrimonio non semplicemente del sindacalismo di base ma anche di quelle forze che da posizioni di minoranza all'interno di Cgil Cisl Uil stanno indicando un modello diverso di sindacato».
13 maggio 2008 - Prima
ASSEMBLEA NAZIONALE SINDACALISMO DI BASE DEI DELEGATI, DELLE RSU E DEGLI ATTIVISTI
(PRIMA) ROMA – Sabato 17 maggio, Cub, Cobas e SdL intercategoriale hanno indetto un’assemblea nazionale del sindacalismo di base che si terrà presso il Teatro Smeraldo a Milano, Piazza 25 aprile- MM 2, Garibali per C.so Como. La condizione materiale di milioni di lavoratori dipendenti e pensionati ha subito negli ultimi quindici anni un profondo peggioramento. Dall’accordo del luglio '93 ad oggi si sono susseguiti pesanti attacchi alle condizioni di vita e di lavoro degli operai, degli impiegati, tutti i salariati/e, da parte di tutti i governi che si sono succeduti. Alla richiesta di politiche di ridistribuzione del reddito si è risposto sostenendo le imprese, riducendo i salari, rinnovando i contratti pubblici e privati con enorme ritardo, e con aumenti miserrimi, aumentando prezzi e tariffe; all’esigenza di aumentare gli investimenti per scuola, sanità, previdenza pubblica si è preferito accrescere a dismisura le spese militari, ridurre le pensioni, tentare di scippare il TFR, privatizzare i profitti, socializzare le perdite; alla mattanza sui luoghi di lavoro si è risposto trasformando gli ispettori del lavoro in consulenti per le imprese; alla richiesta di lavoro e tutele precarizzando tutto, alle aspettative dei migranti con lo sfruttamento e i CPT. Cgil, Cisl e Uil hanno sostenuto ed appoggiato tutte le politiche liberiste ed hanno assunto ruolo e funzione di ammortizzatore sociale per impedire lo sviluppo del conflitto organizzato contro tali scelte e consolidare il loro monopolio della rappresentanza. Il sindacalismo di base, autorganizzato, alternativo e di classe, ha mantenuto salda in questi anni la propria posizione di totale indipendenza dai padroni, dai governi, dai partiti ed ha promosso lotte, mobilitazioni, scioperi generali partecipatissimi per invertire la tendenza e rafforzare le richieste del mondo del lavoro di fronte all’attacco bipartisan alle condizioni di vita di milioni di lavoratori. Oggi è più che mai necessario continuare sulla strada intrapresa indicando i punti centrali della piattaforma su cui rilanciare le lotte e il conflitto: Forti aumenti generalizzati per salari e pensioni- No allo scippo del TFR, Abolizione delle leggi Treu e 30 e continuità del reddito, Sicurezza nei luoghi di lavoro e sanzioni penali per chi provoca infortuni gravi, Ridare ai lavoratori il diritto di decidere: no alla pretesa padronale di scegliere le organizzazioni con cui trattare e pari diritti per tutte le organizzazioni dei lavoratori. Difesa e potenziamento dei servizi pubblici e dei beni comuni.