Dallo sciopero del 6 settembre alla manifestazione del 15 ottobre, passando per il 12 settembre alla Camera e all'Assemblea nazionale del 10 settembre a Roma
La maggioranza del Senato, con un'opposizione parlamentare che si è limitata al voto contrario, rinunciando ad un doveroso forte ostruzionismo nelle commissioni ed in aula, ha approvato la manovra del Governo, dettata dai registi delle banche e delle finanze europee e diretta dalla bacchetta dei maestri d'orchestra Napolitano e Draghi.
Una manovra che non risolve i problemi dell'economia, che accentua l'ingiustizia sociale, che premia gli speculatori e un ceto politico mai così poco credibile come oggi.
Una manovra che, con le ultime modifiche, sancisce una spaccatura netta nel Paese tra chi già pagava le tasse e ne pagherà ancora di più e chi è autorizzato a non pagarle, tra chi andrà in pensione sempre più tardi e chi ha rendite e patrimoni che gli permettono di non lavorare per tutta la vita.
Tra chi potrà essere licenziato e chi licenzierà con allegria, tra chi subirà contratti di lavoro ignobili e chi ha inteso distruggere la contrattazione nazionale.
Tra chi pagherà una tassa sulla clandestinità e chi continuerà a sfruttare il lavoro nero, tra chi subirà le privatizzazioni attraverso l'aumento di tariffe e servizi e chi farà ulteriori profitti a spese dello stato, del pubblico e dei cittadini.
Tra coloro che vedranno ulteriormente bloccati contratti, salari, turn-over e TFR e chi se la caverà con un piccolo ed insignificante obolo o, nella maggior parte dei casi non sarà minimamente toccato perché protetto dall'omertà e dall'ombrello di uno “scudo evasione” che continua ad essere perno fondamentale del sistema politico italiano.
A protestare, il 5 settembre alla borsa di Milano e ieri sotto i palazzi del potere di Roma c'era USB, i movimenti che in questi ultimi mesi sono impegnati nel sociale, sui territori e per il diritto all'abitare, spezzoni del resto del sindacalismo di base e pochissime forze politiche non presenti in parlamento.
Ma la rabbia e l'incredulità popolare rispetto a questa nuova dimostrazione di arroganza del potere è sicuramente ampia e coinvolge un parte sempre più vasta dei lavoratori e dei cittadini, stanchi dell'inutilità del sindacato che “collabora”, stanchi di una Cgil che prima firma l'Accordo del 28 giugno e poi scende in piazza contro l'articolo 8 della manovra che lo recepisce per legge, stanchi dei partiti della minoranza parlamentare che balbettano poche e stonate note di dissenso, senza mai sottrarsi alla sinfonia che comunque vuole la società sottomessa alle logiche dei mercati, vuole i ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, vuole l'ingiustizia prevalere sulla giustizia e l'equità sociale.
USB sta dimostrando che è possibile opporsi e che è indispensabile farlo in modo netto e senza infingimenti. Ed è necessario non cadere nell'assurdo gioco che vede presunti esperti e grandi economisti, politici e sindacalisti del palazzo cimentarsi su come apportare poche ed irrilevanti modifiche ad un impianto che di fatto conferma e rafforza la struttura del capitalismo finanziario imperante. Se si vuole affrontare una crisi sistemica l'unica via è iniziare a trasformare il sistema ed inserire concetti quali nazionalizzazione delle banche e delle grandi aziende strategiche, super-patrimoniale non limitata alla limatura di immani capitali e patrimoni, ma quale elemento prioritario di una ormai non più rinviabile redistribuzione delle ricchezze nel nostro paese che renda molto meno ricchi i ricchi e non più poveri i poveri.
USB sta dimostrando che è doveroso opporsi e continuerà a farlo dal 12 settembre sotto la Camera, il 10 nella grande Assemblea nazionale che si terrà a Roma, tutti i giorni che ci separano dalla grande manifestazione nazionale che si prepara per il 15 ottobre ed a seguire, sempre e comunque, perché i lavoratori, i disoccupati, i pensionati , i migranti ed i precari non sono debitori di nulla e, al contrario, sono creditori di giustizia.