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ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLO SCIOPERO GENERALE DEL 12 DICEMBRE

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Nazionale -

Lo sciopero del 12 dicembre ha il sapore dell’antiberlusconismo politico che viene rispolverato dalla Cgil ogni qualvolta ci sia da sostenere o da sostituirsi ad un’opposizione politica che ha dimostrato in più occasioni di non saper fare il proprio mestiere, e che cessa non appena finisce, per la Cgil, la supplenza per l’emergenza politica. Illuminante la performance di Cofferati che organizzò una grande manifestazione a difesa dell’articolo 18 e poi, sindaco di Bologna, invitò ad andare al mare nel giorno del referendum sull’articolo 18.



Oggi poi si ha un “deja vù”, avendo il governo deciso di fare a meno della Cgil con il contributo di Confindustria che ha sottoscritto con Cisl e Uil un primo abbozzo di riforma della contrattazione, ripetendo quanto accaduto con il Patto per l’Italia. Ci sarebbe poi, nella decisione di “coprire” la precedente proclamazione di sciopero della Fiom e della Funzione Pubblica, anche lo scontro interno alla Cgil tra la sinistra e la nuova segreteria tutta espressione di Epifani, ma questo appartiene alla categoria dei retroscena. Il casus belli è stata però la cena segreta tra il Cavaliere, Bonanni, Angeletti e Confindustria che ha scatenato le ire di Epifani, e reso inevitabile lo scatto d’orgoglio della Cgil che cerca di rientrare in gioco, di evitare la messa all’angolo e di far valere le sue storiche credenziali di sindacato affidabile e collaborativo.
E’ evidente che la crisi e gli strumenti per uscirne non c’entrano niente.



Fin qui la Cgil. Ma noi che c’entriamo? Cioè cosa c’entrano il sindacalismo di base, il movimento degli studenti e il conflitto sociale con questa esigenza politica, e di mantenimento della propria funzione, della Cgil?



Il 17 ottobre abbiamo messo in campo il più grande sciopero generale che il sindacalismo di base abbia mai realizzato, con una partecipazione straordinaria alla manifestazione nazionale a Roma – la questura ci attribuisce gli stessi numeri della manifestazione del PD al Circo Massimo – ma soprattutto con un’adesione allo sciopero altissima che in tutta la pubblica amministrazione ha doppiato quella realizzata dalla Cgil nei suoi scioperi regionali.



Ovviamente il dato politico non può limitarsi a registrare la disponibilità alla lotta e alla mobilitazione, che pure ci confortano, ma al fatto che quello sciopero sia avvenuto su una piattaforma di classe costruita dal basso nell’assemblea dei delegati del sindacalismo di base tenutasi a Milano a maggio e che lo sciopero e la manifestazione nazionale a Roma abbiano saputo interloquire con il movimento di lotta alla riforma Gelmini che l’ha sentito come proprio e lo ha condiviso.



Il 17 ha evidenziato l’aspettativa riposta nell’unità del sindacalismo di base, costruita non sulle convenienze, di fase o di organizzazione, dei gruppi dirigenti, ma sulla consapevolezza della grande opportunità che la congiuntura politica ed economica offre al conflitto per rompere con la concertazione e con la collaborazione di classe e della necessità di avere un soggetto sindacale unitario e conflittuale.



Dovremmo capitalizzare quanto prodotto il 17 ottobre, definire i nuovi passaggi di lotta nei luoghi di lavoro a sostegno della piattaforma di Milano, organizzare “la risposta concreta alla crisi concreta” che ci sta arrivando addosso, strutturare, per renderlo duraturo, lo straordinario movimento di lotta della scuola e dell’università. Invece si rischia una sorta di rimozione collettiva che, cancellando ogni valutazione sulla natura dei sindacati concertativi e sulla funzione dello sciopero del 12 dicembre, rende possibile utilizzare la stessa data promossa dalla Cgil per riportare in piazza i lavoratori, ma “sui nostri contenuti” e con manifestazioni diverse in cui magari sperare di far confluire il movimento degli studenti, che però mi sembra molto capace di decidere le proprie piazze e relazioni.



A me sembra un errore e l’ho sostenuto anche nel dibattito interno alla CUB che però, con un voto scarsamente trasparente, ha deciso di scioperare il 12 dicembre contraddicendo quanto sostenuto unitariamente finora sull’indipendenza e sulla impossibilità di condividere le iniziative di lotta con Cgil, Cisl e Uil.



Non era più utile convocare, come già deciso, una nuova assemblea nazionale dei delegati per organizzare, anche col movimento degli studenti, le nuove mobilitazioni indipendenti?
Di fronte all’incalzare della crisi non saremo comunque chiamati, all’inizio del nuovo anno, ad indire un nuovo sciopero generale?
Davvero riteniamo, in questa condizione, che la partecipazione allo sciopero indetto dalla CGIL renda più facili i nostri scioperi?



E’ un errore non solo per le caratteristiche dello sciopero del 12 e per le valutazioni sul nostro del 17 ottobre, ma perché subordina l’agenda del movimento alle scelte della Cgil anche quando sono palesemente “interessate” e dettate da esigenze politiche a noi del tutto estranee, perché obbiettivamente ritarda la prosecuzione dei processi unitari in campo, disegna il sindacalismo di base e il movimento come incapace di affrancarsi e di mantenere la rotta sul piano politico e delle mobilitazioni e condizionato dal fascino delle masse in piazza, a prescindere dai contenuti.



Per fortuna dopo il 12 c’è sempre il 13 e la dura battaglia per non pagare la crisi non potrà che continuare articolandosi autonomamente nei luoghi di lavoro e nelle piazze – cosa che come RdB/CUB stiamo già praticando con gli scioperi negli aeroporti, dei precari, degli autoferrotranvieri, nella giustizia, nella ricerca, negli enti locali ecc. – e spero sia possibile riconnettere i fili, ora interrotti, del dialogo vero nel sindacalismo di base, costruendo le condizioni per una nuova assemblea nazionale dei delegati che sappia, discutendo francamente, ritrovare le ragioni dell’unità e far fare significativi passi avanti, anche sul terreno dell’indipendenza, al Patto di consultazione permanente.

 

Pierpaolo Leonardi - Coordinatore Nazionale CUB