Un'Europa matrigna sacrifica i popoli sull'altare del rigore
Il Consiglio Europeo, composto dai capi di governo dei 27 paesi aderenti, ha varato ieri il nuovo trattato di stabilità economica e monetaria; lo hanno firmato in 25, tranne Gran Bretagna e Repubblica Ceca.
E’ opportuno analizzarne, anche se per sommi capi, i contenuti visto che regolerà, imponendo norme e leggi di ferro, a partire dal 2013 le politiche economiche dei singoli paesi e che da esso dipenderanno le condizioni di vita e di lavoro di tutti noi.
Si conferma la ‘regola d’oro’ del pareggio in bilancio, che dovrà essere inserito nelle singole costituzioni o in leggi equivalenti, in base al quale il rapporto deficit/PIL non potrà avere un disavanzo superiore allo 0,5%. I paesi che supereranno questa quota saranno puniti con una multa pari allo 0.1% del PIL.
Il debito pubblico non potrà superare il 60% del PIL; la quota eccedente tale soglia dovrà essere ridotta del 5% l’anno entro un lasso di tempo pari a 20 anni. Poiché il debito pubblico italiano attualmente è nettamente il doppio di tale soglia a Monti è stato concesso di ridurlo di circa il 3% l’anno, misura che comunque comprometterà pesantemente la futura crescita e lo sviluppo del nostro paese.
Sul Meccanismo di Stabilità Europeo, ESM, cioè il fondo salva stati, non si è presa alcuna decisione, rimandando il problema a Marzo, per la decisa opposizione della Germania sia ad aumentare il fondo a 750 miliardi di Euro come pure chiede il Fondo Monetario Internazionale sia in attesa di come evolverà la vicenda greca che le politiche rigoriste imposte dall’Europa stanno conducendo al default.
Ultimo capitolo: i nuovi finanziamenti europei che nonostante il vertice di ieri fosse dedicato anche alla crescita e all’occupazione soprattutto giovanile, si sono risolti in 82 miliardi da versare agli stati, all’Italia ne toccheranno 8: non si tratta di denaro fresco ma di fondi strutturali già stanziati e non utilizzati che saranno erogati sotto stretta sorveglianza della Commissione Europea che invierà propri esperti a vigilare sulle trattative tra governi e parti sociali per la loro destinazione.
Nessuna misura sull’opportunità di regolare in qualche modo i mercati finanziari o sulla tassazione delle transazioni finanziarie solo rigore, rigore, rigore, da un’Europa fortemente aggrappata all’ideologia liberista che ha già prodotto danni irreparabili in Grecia, Portogallo Spagna e Irlanda e ne sta producendo altrettanti in Italia.
In soldoni, secondo tale trattato in 20 anni il nostro paese dovrà dimezzare il proprio debito pubblico, oggi pari a circa 1900 miliardi di Euro e per farlo dovrà ogni anno varare manovre economiche scarnificanti: lacrime e sangue non basteranno più. Assisteremo a pesantissimi tagli in tutti i settori della spesa pubblica, ad ulteriori attacchi ai dipendenti pubblici, a privatizzazioni selvagge, ad una disoccupazione stellare, e non basterà a salvarci il fatto che nel consolidamento dei bilanci si provvederà ad evitare tagli alla cieca a scuola, ricerca, fonti rinnovabili.
Un’Europa matrigna sorda alle condizioni reali dei paesi in difficoltà economica, travolti da una recessione aggravata dalle stesse politiche di rigore imposte dalla Ue, ieri è stata accolta da uno sciopero generale che in Belgio ha paralizzato dopo 19 anni il paese e contro cui si è rivolto lo stesso sciopero dei sindacati di base in Italia il 27 gennaio appena passato.
Se queste sono le prospettive causate da una dissennata e miope politica europea, rigidamente monetarista, a noi il compito di ribadire che IL DEBITO NON LO PAGHIAMO, di continuare ad organizzarci contro Monti ed il suo Governo, di opporci ad una deriva sindacale impersonata da CGIL CISL UIL che facendo strame della democrazia sindacale, si apprestano a sacrificare diritti e bisogni di tutti noi sull’altare del nuovo patto sociale.