Una sola via per uscire dalla crisi: cacciare il governo Draghi!
La relazione annuale del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ci dà la linea per uscire dalla crisi: cacciare questo governo guerrafondaio, che si regge sulla rapina di salari e pensioni che sono già tra i più bassi d’Europa, che ha prodotto con le sue politiche economiche un’impennata dell’inflazione e quindi del carovita come non si vedeva da decenni, che sposta risorse dal lavoro e dalle famiglie verso la guerra e a sostegno della competizione economica dell’Unione Europea.
Visco lo dice chiaro e tondo e si rivolge al Governo, ai sindacati gialli, ai padroni: non si devono alzare i salari perché questo farebbe crescere ancora di più l’inflazione. E giù applausi scroscianti, dichiarazioni di condivisione per gli “interessanti spunti” (Landini, Cgil) “molto apprezzata” (Bonomi, Confindustria) “analisi profonda” (Sbarra, Cisl) e si potrebbe continuare a lungo. Poi tutti dicono che però il problema dei salari esiste, qualcuno azzarda la necessità di contrastare la ripresa dell’inflazione e bla bla bla, sempre la solita minestra.
Ci fosse uno che dica chiaro e tondo che la ripresa del carovita e dell’inflazione non sono tegole cadute dal cielo ma il frutto avvelenato delle politiche dell’Unione Europea, delle scelte infami in tempo di pandemia e, dulcis in fundo, della pervicace, brutale, indefettibile scelta di entrare in guerra.
Sì, perché scegliere di destinare miliardi per inviare armi agli ucraini vuol dire semplicemente entrare in guerra. Facendola fare ad altri, ma sempre in guerra stiamo. E siccome dicono tutti che la coperta è corta, se si sceglie di destinare soldi alle armi da qualche parte bisognerà pur prenderli e qui, guarda caso, tutti si girano a guardare dalla nostra parte, quella dei lavoratori e dei settori popolari.
La soddisfazione e la determinazione con cui ieri Draghi ha salutato l’accoglimento del suo progetto sul gas dalla Russia è inversamente proporzionale alla disperazione di chi, già oggi, sta pagando cara la politica energetica dell’Unione Europea, le scelte industriali del nostro Paese, l’indecente balletto sul reddito di cittadinanza “padre di tutti i mali italiani”, l’arrogante niet sindacale all’introduzione del salario minimo garantito, le minacce di un ulteriore inasprimento delle politiche pensionistiche di qui a qualche mese.
Non è tempo di parlare di caute riforme e pannicelli caldi, non sono mai stati - e men che meno lo saranno questa volta - strumenti risolutivi della profonda crisi che la guerra e le scelte dell’Unione Europea e del suo fedele servo Draghi, con tutto il suo governo, hanno prodotto a scapito dei ceti medi e popolari del nostro paese.
È ora di rovesciare il tavolo, di cacciare Draghi e il suo Governo, è ora di una forte stagione, larga e unitaria, di lotte, scioperi e mobilitazioni, capace di portare davanti ai Palazzi del governo la nostra forza e la nostra rabbia.
Unione Sindacale di Base