Tre giorni per cedere la sovranità nazionale

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Tsipras ha firmato l'accordo con l'Unione Europea: non sappiamo come reagirà il popolo greco, se il parlamento approverà l'accordo, quale governo lo farà digerire ai greci, ma la valutazione ad oggi non può che essere fortemente negativa.

 

Tre giorni per cedere completamente la sovranità nazionale greca e accettare condizioni capestro che colpiranno pesantemente la popolazione e non risolveranno neanche il problema del debito e del rilancio dell'economia.

 

Aumenti dell'IVA, pensioni a 67 anni, privatizzazioni, licenziamenti collettivi e peggioramento del mercato del lavoro, ecc., ecc....

E soprattutto un vero e proprio “pignoramento” di parte della Grecia, equivalente a 50 miliardi di euro, perché i creditori pretendono garanzie e non si fidano del popolo greco.

Nessuna ristrutturazione del debito e quindi gli oltre 80 miliardi di “aiuti” che arriveranno dal Fondo Salava-Stati serviranno a ripianare i debiti delle banche e non a rilanciare l'economia: in pratica si chiede alla Grecia di privatizzare per 50 miliardi e permettere così di ripianare i debiti che le banche hanno con la BCE, il Fondo Monetario Internazionale, la Germania e la Francia.

Una partita di giro che non comporterà per la Grecia null'altro che nuova austerity, nuova miseria e ulteriore disoccupazione.


Dopo la dignitosa affermazione nelle elezioni europee e la vittoria in quelle greche, da Tsipras in tanti speravano in una politica diversa, si aspettavano che si ponesse alla testa di chi, in Grecia ma anche in tanti paesi europei, a cominciare proprio dall'Italia, si vuole opporre alle politiche dell'Unione Europea e della Troika.


E dopo il Referendum, ancor più forte di un consenso popolare, Syriza avrebbe potuto e dovuto spingere l'acceleratore e conquistare spazio vitale per il suo popolo e per l'intera Europa.

Invece è tornato indietro, non ha avuto il coraggio di essere coerente e conseguente con ciò che aveva affermato sino a qualche giorno prima, ha “licenziato” Varoufakis per non accentuare i dissidi con la Merkel e il suo “cane da guardia”, il vero vincitore, il ministro dell'economia tedesco Schäuble, ed ha poi accettato tutto.

Anzi, molto di più di ciò che l'Unione Europea aveva indicato come obiettivo soltanto qualche giorno prima.


Ha accettato anche il ritorno della Troika, un vero e proprio commissariamento che ci ricorda tanto la famosa lettera inviata nel 2011 al governo Berlusconi; la “lettera di Trichet e Draghi” che commissariò quel governo, poi lo rovesciò perché “impresentabile” e lo sostituì prima con Monti, poi con Letta e ora con Renzi.


Era chiaro a tutti che la partita che si stava giocando in Grecia non era prioritariamente economica, ma pretendeva la vittoria ideologica su qualsiasi possibile opposizione, anche per non diffondere il “morbo” del NO all'Unione Europea e all'euro nell'intero continente. E' questo che Tsipras non ha compreso, convinto forse che il Referendum, cioè la forte presa di parola di un intero popolo, fosse sufficiente ad interrompere ed invertire un processo che invece ha trasformato la Grecia in una grande cavia.

Siamo di fronte ad una sconfitta storica senza precedenti,la sconfitta dell’idea che Tsipras e Syriza hanno coltivato pensando di poter arrestare la ferocia del mostro, cioè di poter cambiare segno all’Unione Europea senza comprendere che la competizione imperialista in corso non può accettare nessun rallentamento.


E c'è anche altro: in molti pensano che il ruolo della Merkel e di Schäuble sia quello di difendere esclusivamente gli interessi della Germania. Questo è vero solo in parte, anche perché questa guerra economica si colloca in una situazione di competizione interna all'Unione, soprattutto tra Germania e Francia, e all'esterno della stessa Europa e specificatamente con gli Stati Uniti. Ciò che veramente stanno però difendendo la Germania e gran parte dei governanti europei sono i principi stessi che costituiscono le basi dell'Unione Europea.

Principi fondamentali che fanno dell'Unione Europea un'unione monetaria ed economica senza popoli e senza valori sociali, un luogo e un grande mercato dove il capitalismo si sta trasformando ma deve necessariamente garantirsi forti margini di guadagno, accada quel che accada.

Un'Unione dove i rapporti tra nord e sud del continente disegnano anche i confini tra il capitalismo “evoluto” del nord-europa e i paesi da usare per vendere prodotti e per investire nel loro debito pubblico, allo scopo di finanziare le banche tedesche, francesi e di altri pochi stati.

Sono i PIIGS, i maiali che possono essere posti all'ingrasso quando è possibile, ma che poi possono anche essere macellati senza tanti scrupoli quando serve.


Tsipras ha sbagliato quasi tutto e insieme a lui hanno sbagliato molte forze europee che continuano a sognare un'Europa che non c'è e che non è mai esistita. Forse invece di continuare a parlare di Europa dei Popoli dovremmo iniziare a parlare dei popoli dell'Europa, di come possono difendersi, delle conquiste sociali alle quali hanno dovuto rinunciare, delle lotte vinte e delle sconfitte continue di questi ultimi decenni.

Dai popoli dell'Europa, a cominciare proprio da quelli dei cosiddetti PIIGS, si deve ricominciare a ipotizzare un futuro diverso, non a parole o con vuote enunciazioni, ma lottando ed impegnandosi tutti i giorni per costruire una vera alternativa.


Un futuro che difficilmente si potrà realizzare dentro la competizione interimperialista di cui l’UE è sempre più protagonista e dentro la gabbia dell’euro, altare a cui tutto va sacrificato e in nome del quale si può compiere ogni nefandezza.

Oggi più che mai la parola d’ordine della rottura dell’Unione Europea e dell’Euro è sostenuta dall’evidenza dei fatti, chi ancora si attarda in impossibili contorcimenti per non accettare di aver sbagliato completamente analisi non fa un buon servizio ne alla ragione ne al movimento di classe che, mai quanto oggi, ha bisogno di chiarezza e determinazione.