Settore pubblico e privato. A lavoro, per unificare le lotte, generalizzare le vertenze!
Una raffica di azioni in simultanea a firma Renzi-Madia colpisce da tempo la P.A. ed il Pubblico Impiego.
Complice una incessante campagna mainstream che l’accorta regia del Governo propaganda contro la Pubblica Amministrazione e i dipendenti pubblici, rappresentati come corrotti ed incapaci.
Con perfetto sincronismo, agli atti del Governo, dalla riforma della P.A. ai decreti attuativi passando per l’attacco al diritto di sciopero, al taglio del salario accessorio fino alla provocazione /negazione del rinnovo contrattuale per tutti, fa eco l’azione mistificatrice di scardinamento di una pubblica amministrazione giudicata inefficiente ed il fannullonismo dei dipendenti pubblici.
Al netto delle situazioni di malversazione o di abuso, in realtà è sempre più evidente a molti che l’opera di ridisegno della P.A. tende a restringere e a riscrivere il perimetro dello spazio pubblico a tutto vantaggio del mercato e delle imprese e con una sostanziale cancellazione dei diritti in senso universalistico e delle tutele costituzionalmente garantite.
La crisi profonda che ha colpito in questi anni le istituzioni economiche e sociali del paese fornisce un potente alibi al furore riformatore del governo Renzi.
Ancora una volta la rappresentazione della mala gestione e dei costi eccessivi della macchina burocratica finiscono per rafforzare una visione iperliberista dello Stato che consegna al mercato interi ed importanti pezzi del welfare, in particolare sanità e pensioni.
Quest’opera di riduzione e destrutturazione del welfare fa il paio con la riscrittura del lavoro pubblico, sempre più svilito e ridotto nei numeri, mentre alle imprese vengono indicate “nuove frontiere di sviluppo”.
E’ in questa prospettiva che assume sempre più spazio nel settore pubblico quanto nel privato il sistema di welfare aziendale, cardine del disegno di riforma del modello contrattuale proposto dalla confindustria per il lavoro privato.
Uno scenario non del tutto indifferente a CGIL CISL e UIL, come dimostrano i recenti rinnovi contrattuali conclusi nel privato ed in linea con la proposta di autoriforma contrattuale avanzata unitariamente dai confederali della triplice.
In fondo Cgil Cisl Uil e parti datoriali non sono poi così distanti, come sicuramente convergenti sono le strategie di Governo e padroni: meno spazio pubblico-più mercato-più sfruttamento- più profitti.
E’ questo il contesto in cui si è aperto il confronto fra Governo e sindacati sul rinnovo dei contratti pubblici e nuovo testo unico del pubblico impiego, attuativo della riforma Madia.
Un primo incontro che ha tracciato un campo di “osservazione” e che si è risolto apparentemente in un nulla di fatto.
Lo scarto è invece notevole e l’esito finale rischia di essere un copione già scritto del governo Renzi-Madia.
Ciò che viene messo in discussione, nel pubblico come nel privato, è la contrattazione collettiva nazionale ovvero la potestà salariale propria del ccnl di garantire a tutti i lavoratori del settore la stessa retribuzione a fronte di uguale prestazione di lavoro ed aumenti salariali uguali per tutti.
Il governo entra a gamba tesa nella contrattazione disponendo risorse risibili e non per tutti, che riguarderanno meno di un terzo dell’intera platea di dipendenti pubblici secondo griglie reddituali ed una logica premiale ed iper produttivistica.
Altro che ridare peso alla contrattazione e superare la legislazione sulle fasce di merito!
Non si tratta, dunque, solo della riapertura più che legittima di una stagione contrattuale bloccata da sette anni, ma di proseguire l’opera di smantellamento dello stato sociale nel nostro paese, svilendo i servizi pubblici, cancellando l’universalità dei diritti e delle tutele sociali in ossequio ai vincoli europei di finanza pubblica che impongono un drastico ridimensionamento del perimetro pubblico.
Sul versante dei dipendenti pubblici, dei diritti consolidati di una categoria che conta più di 3 mln di lavoratrici e lavoratori, significa dover rivedere le regole del gioco, introdurre selettività e flessibilità nel rapporto di lavoro rendendolo sempre più precario ed oggetto di ricatto.
A partire dal ruolo e dal valore del contratto collettivo nazionale di lavoro come strumento di tutela salariale e di difesa delle condizioni generali di lavoro per tutti.
E’ la ricetta padronale meglio interpretata da Federmeccanica!
E’ il Job Act del pubblico impiego: la fine del contratto a tempo indeterminato, la mobilità forzata, il demansionamento e per finire il licenziamento. .
A questa aggressione non si può pensare di rispondere in modo categoriale o settoriale né attraverso singole mobilitazioni del tutto inadeguate allo scontro in atto.
Occorre costruire una mobilitazione permanente di tutto il mondo del lavoro, che dai luoghi di lavoro parli al territorio, alla società mettendo al centro la difesa del lavoro pubblico e privato, dello stato sociale, della scuola pubblica, del diritto al reddito contro la disoccupazione di massa, del diritto all’abitare, alle cure gratuite e alla salute e quindi di difesa della sanità pubblica e di pensioni dignitose.
Bene ha fatto l’Unione Sindacale di Base a rispondere a questa necessità con una propria campagna sociale e rivendicativa che indica nello sciopero generale dell’autunno prossimo un momento alto di coagulo di queste istanze e di rilancio del protagonismo dei lavoratori.
Un’ ampia piattaforma programmatica e di lotta che ha l’ambizione di connettere le tante vertenze ai temi più generali, dalla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, al rilancio dell’intervento pubblico nell’economia anche in funzione di nuova occupazione, all’istituzione del reddito minimo garantito per combattere la povertà.
L’autunno che verrà si presenta foriero di nuove sfide in tema di riforme e di riflesso sulla democrazia nel nostro paese.
La riduzione dello stato sociale con la sostanziale cancellazione delle sue tutele e delle garanzie costituzionali richiede parimenti nuovi e più stringenti dispositivi di partecipazione e di controllo sociale.
Impegnamoci a contrastare questo disegno costruendo una risposta sociale adeguata, partecipata e di massa.