Sciopero sociale, nuovi segnali di confederalità sociale
La giornata del 14 novembre è stata un innegabile successo, un altro segnale di vivacità e di risveglio della conflittualità sociale diffusa contro i provvedimenti del governo Renzi in materia di politiche del lavoro, dopo la riuscita dello sciopero generale del 24 ottobre organizzato da Usb e da altre sigle del sindacalismo indipendente. Una scommessa abbondantemente vinta da tutti quelli che hanno creduto nella possibilità di mettere in movimento una variegata coalizione di soggetti attorno alla pratica dello sciopero sociale.
Le tante piazze e la grande quantità di iniziative sparse su tutta la penisola disegnano i contorni potenzialmente molto larghi di una grande alleanza sociale tra i lavoratori dipendenti ancora stabili e il vasto assortimento delle condizioni precarie, il mondo dei migranti, i senza casa, gli studenti, i disoccupati, i pensionati. Rispetto alle giornate di soltanto un anno fa, quei 18 e 19 ottobre che avevano visto a Roma protagonisti il sindacalismo di base e i movimenti, in particolare quelli per la casa, si registra un passo in avanti proprio sul piano della disponibilità a comporre un campo ancora più ampio di soggettività sociali. Mentre allora assumeva prevalenza il diritto all’abitare, lasciando sullo sfondo la generale condizione di precarietà, ora è proprio la precarietà nelle sue diverse sfaccettature ad assumere piena centralità. È la precarietà di vita e di lavoro il filo conduttore dello sciopero sociale.
L’entusiasmo che abbiamo vissuto in tanti all’indomani della due giorni dello scorso anno venne poi smorzato dai tanti errori commessi nelle settimane successive. Invece di procedere all’allargamento ed alla diffusione di quell’inizio incoraggiante, invece di consolidare e radicare l’intervento e l’organizzazione sociale, si cominciò a produrre una defatigante sequela di appuntamenti che doveva servire a coprire l’assenza di progettualità. Poi la consueta conflittualità tra le diverse anime di movimento portò alla rapida eclissi di quel percorso.
Ora siamo forse di fronte ad un nuovo inizio. Ma le questioni sono lì, impietose, ad attenderci. Dopo la rappresentazione del potenziale, messo in campo con successo nella giornata di venerdì scorso, ricompare il tema della capacità di dare continuità ad un percorso di mobilitazione ed organizzazione di settori di massa. Due sono le questioni che si intrecciano e spesso si sovrappongono. Da un lato la sfida dell’alternativa sindacale che riesca a favorire un nuovo processo di sindacalizzazione di massa e che ricostruisca l’idea stessa del sindacato dei lavoratori, oggi fortemente deturpata dal vergognoso comportamento di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Dall’altro la costruzione di una forma inedita di organizzazione confederale che sappia ricomporre le tante figure della precarietà sociale.
Per pura coincidenza lo sciopero sociale è capitato mentre in alcuni quartieri periferici di Roma si riproponeva in forme ancora più violente la caccia all’immigrato, in una escalation di razzismo e di populismo reazionario sul quale la destra sta lavorando in modo organizzato e sistematico. Questi fatti stanno mettendo a nudo una distanza dal tessuto sociale popolare della cintura periferica da parte dei movimenti, una esternità che ha confinato ed isolato lo stesso sciopero sociale a poche zone della città. Non solo c’è un ritardo nella presenza tra i settori sociali che più soffrono la crisi, ma anche nell’organizzazione dei migranti si registra una forte battuta d’arresto. E la boccata di ossigeno che hanno fornito i partecipanti della Coalizione Migranti e Rifugiati nella manifestazione romana ci dice che anche lì c’è un enorme potenziale di energie e di intelligenze che occorre mettere in collegamento.
Costruire un blocco sociale tra settori molto diversi per condizione, stile di vita, cultura, ecc. è un cammino difficile.
Siamo convinti che questo percorso comporti sia la costruzione di una forte e organizzata alternativa sindacale, conflittuale, indipendente e di classe che si rivolga all'intero mondo del lavoro e sia un nuovo modello unitario di organizzazione confederale, una forma moderna di collegamento stabile tra i soggetti sociali. Siamo convinti che per combattere la frammentazione sia indispensabile l’organizzazione collettiva e non rinunciamo all’idea che occorra lavorare a un nuovo modello unitario di organizzazione sociale. Non basta la piattaforma di lotta, né l’indicazione di prossime date di mobilitazione che certamente ci dovranno essere. L’arcipelago dei gruppi, la modalità del social forum, è capace di mettere in moto energie ma sconta la difficoltà ad organizzare centinaia di migliaia di persone in forma stabile. È una modalità di agire che finisce per alimentare la conflittualità interna o la paralisi del percorso.
Al riuscito sciopero sociale del 14 novembre dovranno seguire perciò altri momenti di mobilitazione, ancora più ampi, ancora più coinvolgenti e comunicativi. E dovrà seguire la riflessione collettiva su come procedere, tutti insieme, sulla strada di una nuova confederalità sociale. Su questo percorso Usb farà come sempre la sua parte.
USB Nazionale