RIFORMA DEL LAVORO PUBBLICO E DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA. Piano Industriale Brunetta: IL GRANDE INGANNO
In allegato il documento impaginato
Dietro i colpi di teatro del giustizialismo antifannullone del ministro Brunetta si nasconde un progetto ben più devastante. Un processo di riforma della Pubblica Amministrazione che non prevede alcun progetto alternativo se non la fine della P.A. e la sua sostituzione - o meglio, di quello che rimarrà dopo lo shopping dei privati - con agenzie e altri soggetti erogatori, di natura sempre più privatistica, definiti strutture di servizio puramente tecnico amministrative. Veri e propri centri commerciali di servizi e prestazioni venduti come prodotti da banco a cittadini-clienti privati di qualsiasi diritto e garanzia costituzionale.
Non è il colpo di testa di una maggioranza imperiale, ma lo sviluppo concreto delle politiche messe in atto da anni nel paese e che, attraverso le politiche di sistema, mirano ad adeguare l’assetto statuale in base a come si modificano i rapporti sociali e, quindi, il modello sociale di riferimento.
La trasformazione dal cittadino-lavoratore quale referente sociale in cittadino-consumatore attuata dal centro sinistra si realizza nel cittadino-cliente definito dal centro destra.
Significa che si ridisegna il paese in un sistema funzionale alla competitività delle aziende, sostenuto attraverso la regressione dei diritti e delle garanzie sociali, la compressione salariale, la totale flessibilità del lavoro, la militarizzazione delle relazioni sociali. Esattamente quello che sta accadendo.
L’incapacità del sistema produttivo di sostenere la competitività globale la dobbiamo pagare noi col sostegno economico alle imprese e trasformando i servizi sociali in terreno di investimento privato per un’industria ormai schiava della finanziarizzazione. Se l’obiettivo è recuperare dalla P.A. 40 miliardi di euro in tre/cinque anni, che cosa se ne deve fare di questa finanziaria mascherata e costruita sulla pelle dei pubblici dipendenti?
La P.A. deve adeguarsi nelle proprie funzioni trasformandosi in mercato di prodotti sociali aperti alla privatizzazione e erogabili solo dietro compenso economico. Esistono due possibili punti di resistenza a questo progetto: i settori popolari che vivono dello stato sociale utilizzandone i servizi e i dipendenti pubblici.
Ai primi si tenta di dare risposta con il governo ombra di larghe intese, rendendo non visibile la rappresentazione politica dell’inevitabile scontro sociale.
Ai secondi si tenta di dare risposta aprendo la caccia al dipendente pubblico.
Una sconfitta di portata epocale dei dipendenti pubblici è la condizione indispensabile per il successo, e ad essa stanno lavorando governo, opposizione e sindacati che non sono più neanche di comodo perché scavalcati dagli eventi.
La funzionalità e l’efficienza della P.A. non solo non sono in agenda, ma sono un ostacolo al processo di liquidazione, sono un terreno ormai desueto e senza alcuna credibilità.
E VENIAMO AL DECANTATO PIANO INDUSTRIALE
Si tratta di una dotta disquisizione sugli ambiti relativi a contrattazione e legislazione per arrivare nei fatti a definire la prevalenza degli atti normativi rispetto alla contrattazione.
Insomma non si contratta niente e le convocazioni sono in ambito di consultazione, vale a dire ti sento e poi decido. Tanto più che nelle consultazioni l’ambito politico è riservato alle confederazioni e le organizzazioni sindacali di settore sono relegate ad un presunto tavolo tecnico che in realtà è un palcoscenico per le invenzioni di Brunetta e dove il livello del confronto è “prendere o prendere” quanto già deciso in altro ambito.
Il clima bipartisan di attacco si manifesta nella continuità dei contenuti e del loro sviluppo: dalle proposte di Ichino, al ddl Rossi, Polito, al ddl di Sacconi e nel fatto che Brunetta ne utilizza i contenuti per il suo piano industriale.
La contrattazione non va oltre la consultazione formale mentre la legislazione la fa da padrone ridefinendo anche l’impianto della contrattazione. Così mentre il privato concorda e in qualche modo autoriforma la contrattazione, il pubblico la subisce per via legislativa.
Sono questi i caratteri del processo di privatizzazione del rapporto di lavoro. Anche questo è un clamoroso inganno: un piano industriale, sempre nelle logiche privatistiche, si discute con le controparti, non si impone per legge dopo un confronto last minute!
Il percorso legislativo ripropone “niente di nuovo sotto il sole”, l’ennesimo ddl delega che fissa i principi e poi una pioggia di decreti legislativi applicativi che si snoderanno nel silenzio e nella disattenzione mediatica -più complice che mai-.
PRINCIPI DELLA DELEGA AL GOVERNO
> RIFORMA DEL LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI un atto di imperio che non si limiterà a scimmiottare il modello di contrattazione che il privato elabora nella sua autonomia, ma sarà un ulteriore peggioramento per l’introduzione di interventi normativi non previsti nel privato.
> CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E INTEGRATIVA con l’obiettivo di determinare una ulteriore flessibilità contrattuale sottraendo spazi al confronto sindacale.
> MERITO E PREMIALITA’ la logica meritocratica in realtà nasconde strumenti di discriminazione e privilegio non essendo definibili sistemi obiettivi di valutazione. Chi valuta chi e perché?
> VALUTAZIONE DEL PERSONALE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE una vera e propria gabbia di controllo che sopprime ogni possibilità di autonomia professionale e capacità lavorativa, con il prevedibile appesantimento dell’assetto gerarchico.
> SANZIONI DISCIPLINARI E RESPONSABILITA’ DEI DIPENDENTI PUBBLICI ormai siamo all’intimidazione, per cui ogni comportamento lavorativo e sociale diventa elemento di verifica, valutazione e sanzione, senza tener in alcun conto le condizioni oggettive di lavoro. Un impianto repressivo che prelude al controllo sociale e del conflitto sindacale.
> DIRIGENZA PUBBLICA prosegue il processo di trasformazione rafforzandone poteri gestionali e separatezza dal resto dei lavoratori; un corpo sempre più estraneo, di estrazione tecnocratica senza capacità di valutazione sociale.
> RIORDINO DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI RECLUTAMENTO E FORMAZIONE DIPENDENTI ancora non basta l’enorme possibilità di accesso che ha prodotto precariato e lavoro grigio/nero, ormai si vuole andare verso la chiamata nominativa.
In questa prima disamina dei principi viene da chiedersi: e la Pubblica Amministrazione dov’è? Perché è evidente che quello che si spaccia per riforma in realtà è un piano di attacco ai dipendenti pubblici sottintendendo il messaggio mediatico che sono loro la vera causa della disfunzione della P.A..
Se questa è la logica basta colpire loro e la P.A. riprenderà a funzionare. Non e’ così.
Quello che viene rafforzato in senso autoritario e arbitrario sono gli strumenti di gestione e controllo del personale in previsione dei processi di accorpamento, chiusura di servizi, tagli prestazionali, che si tradurranno in mobilità forzata, frammentazione salariale e devastazione professionale oltre che lavorativa.
Approvata le legge delega avremo quattro decreti delegati (continua la frammentazione normativa che evidenzia la volontà di frammentazione dei dipendenti pubblici) sui seguenti argomenti:
1. CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E INTEGRATIVA
I principi ispiratori sono orientati ad abolire qualsiasi trattativa sul modello e a rendere la trattativa nazionale controllata per disposizioni di legge; svuotare la trattativa di secondo livello di ogni possibile contenuto, da integrativa torna ad essere di nuovo applicativa in termini di contenuti. Vediamo i punti qualificanti dell’impianto alla luce dei principi ispiratori:
- DEFINIZIONE DEGLI AMBITI DELLA DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO PUBBLICO RISERVATI A CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E ALLA LEGGE. Riafferma definitivamente il primato dell’intervento legislativo sulla contrattazione collettiva che non è ritornare alla natura pubblica del rapporto di lavoro, ma introdurre elementi di diritto del lavoro privatistico per legge e non per contrattazione. Inevitabile un’ulteriore riduzione del potere contrattuale delle organizzazioni sindacali.
- REGOLAMENTAZIONE PER LEGGE DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, DEL SISTEMA DI VALUTAZIONE DEL PERSONALE E DI TUTTO IL REGIME DI RESPONSABILITA’ (INFRAZIONI, SANZIONI E PROCEDIMENTI DISCIPLINARI). L’organizzazione del lavoro viene definitivamente sottratta alla più timida contrattazione e diventa lo strumento principe del processo di distruzione della P.A. e della condizione lavorativa degli operatori. A fianco di una impossibilità di contrattare l’organizzazione si costruiscono il sistema di valutazione, arbitrario e ricattatorio, l’impianto delle responsabilità come deterrente per ogni possibile opposizione. Tolti questi aspetti cosa rimane del vecchio impianto normativo dei contratti nazionali e collettivi? Il gioco è fatto.
- MECCANISMI DI MONITORAGGIO DELLA RIPARTIZIONE TRA MATERIE REGOLATE PER LEGGE E DAI CONTRATTI COLLETTIVI, AL FINE DI MODIFICARNE, SE OCCORRE, GLI AMBITI DI COMPETENZA. Non è sufficiente quanto espropriato alla contrattazione collettiva, ci si riserva anche di ampliare le regolamentazione legislativa qualora, è sottinteso, la contrattazione collettiva non dia garanzie di sufficiente sottomissione. Il futuro è un contratto normativo tutto per legge, il pubblico impiego trasformato in comparto della sicurezza senza relazioni sindacali credibili.
- INSERIMENTO AUTOMATICO DI CLAUSOLE PER ANNULLARE LA DISPOSIZIONI CONTRATTUALI CHE VIOLINO LE NORME IMPERATIVE E I LIMITI FISSATI DALLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA. Un meccanismo di autodistruzione dei contratti integrativi/decentrati che, nel momento in cui assumono autonomia contrattuale vera, si dissolvono. Un modo per rendere praticamente inutile qualsiasi contrattazione locale.
- VALUTAZIONE DEI CONTENUTI DEI CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI ED INTEGRATIVI. Non basta il meccanismo di autodistruzione, i contenuti dei contratti vengono riverificati di nuovo. Che fine fa l’autonomia contrattuale e pattizia tra le parti?
Lo stesso decreto legislativo ridefinirà le procedure di contrattazione collettiva e la riforma dell’ARAN con i seguenti criteri:
- RIORDINO DELLE COMPETENZE E DEGLI ORGANI DELL’ARAN. Evidentemente l’attuale composizione e funzione dell’Aran non danno garanzie per l’attuazione del piano industriale e la sua trasposizione contrattuale. In nome dell’indipendenza dell’organismo si realizza uno spoil system ammantato di tecnicismo funzionale.
- POTENZIAMENTO DEL POTERE DI RAPPRESENTANZA DELLE REGIONI E DEGLI ENTI LOCALI. Non si comprende come si voglia dare soluzione a questo problema e il pericolo è un rafforzamento dell’autonomia contrattuale regionale con la creazione di Aran locali e realizzazione dei contratti territoriali. Quindi oltre la contrattazione nazionale e aziendale si introduce un terzo livello di contrattazione presunta. Siamo oltre le gabbie salariali, siamo di fronte ad un processo di deregolamentazione contrattuale totale.
- RIDEFINIZIONE DELLA STRUTTURA E DELLE COMPETENZE DEI COMITATI DI SETTORE. Si interviene su quello che rappresentava la vera cabina di regia della contrattazione collettiva nel pubblico impiego. Se si potenzia il livello regionale di contrattazione, l’autonomia contrattuale dell’Aran e si amplia l’intervento legislativo questo organismo diventa persino superfluo. È l’ambito governativo che definisce contenuti e tempi e modalità contrattuali.
- RIDUZIONE DEI COMPARTI E DELLE AREE DI CONTRATTAZIONE. Una logica che da una parte mira a rendere indifferenziata l’appartenenza ad un comparto piuttosto che all’altro in previsione dell’accorpamento delle funzioni e della loro esternalizzazione. Dall’altra consente loro di manipolare le soglie di rappresentatività - ingrandendo i comparti - e limitando la libertà di associazione, gli spazi sindacali e, infine, la democrazia in questo Paese.
- MODIFICA DELLA DURATA DEI CONTRATTI, IN LINEA CON IL SETTORE PRIVATO, PER RIDURRE TEMPI E RITARDI DEI RINNOVI E FAR COINCIDERE IL PERIODO DI REGOLAMENTAZINE NORMATIVA CON QUELLO DELLA REGOLAMENTAZIONE ECONOMICA. È la trasposizione del modello privatistico per legge senza opportunità di trattativa. È dentro la logica della subordinazione della P.A. al sistema delle imprese.
- RAFFORZAMENTO DEI CONTROLLO SUI CONTRATTI COLLETTIVI E DI SECONDO LIVELLO. È la contrattazione sottoposta a regime controllato e quindi fuori delle relazioni sindacali.
2. VALUTAZIONE DELLE STRUTTURE E DEL PERSONALE DELLE AMMINISTRAZIONI. DIRIGENZA PUBBLICA.
Il sistema della valutazione viene portato all’esterno del contratto collettivo e diventa un istituto legislativo, nei confronti del quale il dipendente pubblico non ha alcuna possibilità di tutela e di difesa. I principi ispiratori sono:
- PREDISPOSIZIONE ANNUALE DI UN SISTEMA DI INDICATORI DI PRODUTTIVITA’ E MISURATORI DELLA QUALITA’ DEL RENDIMENTO DEL PERSONALE. Un sistema senza contraddittorio né possibilità di negoziazione.
- RIORDINO DEGLI ORGANISMI CHE SVOLGONO FUNZIONI DI CONTROLLO E VALUTAZIONE DEL PERSONALE. Siamo ben oltre il famigerato memorandum che almeno prevedeva una pluralità di presenze all’interno degli organismi di verifica. Qui ci troviamo di fronte alla teorizzazione di veri e propri comitati di pietra con il crisma dell’infallibilità monodirezionale.
3. MERITO E PREMIALITA’
Un altro istituto contrattuale che viene sottratto alla contrattazione e che, in nome della meritocrazia, introduce elementi di discrezionalità salariare e perciò divisione tra i dipendenti pubblici.
Salario di produttività e incentivi diventano da salario variabile a salario di fedeltà al progetto. Le stesse progressioni di carriera ritornano ad essere percorsi concorsuali senza possibilità di riconoscimenti alla professionalità posseduta.
4. SANZIONI DISCIPLINARI E RESPONSABILITA’ DEL DIPENDENTE PUBBLICO.
Dalla precedente disciplina dei doveri del pubblico dipendente siamo già passati a quella dei doveri contrattuali per approdare alla prossima disciplina della responsabilità individuale e non più di funzione. La semplificazione dei procedimenti disciplinari annunciata non è altro che la possibilità per le amministrazioni di procedere speditamente alla risoluzione del rapporto di lavoro saltando le garanzie attualmente ancora in vigore. I principi ispiratori sono:
- PROSEGUIMENTO E CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE ANCHE IN PENDENZA DEL PROCEDIMENTO PENALE (FATTO SALVO, IN CASO DI SENTENZA DEFINITIVA DI ASSOLUZIONE DEL DIPENDENTE, L’OBBLIGO DELL’AMMINISTRAZIONE DI VALUTARE SE SUSSISTA UN EVENTUALE DIRITTO DEL DIPENDENTE AL REINTEGRO OPPURE AL SOLO RISARCIMENTO DEL DANNO). È un punto di notevole gravità e la conseguenza logica dell’introduzione del concetto di responsabilità personale. Il procedimento disciplinare prescinde dal procedimento penale, mentre finora veniva sospeso in attesa della sentenza.
- Ma non solo! Si può non tener conto della sentenza, anche in caso di assoluzione, ma la amministrazione si riserva, sotto forma di obbligo, la possibilità di decidere autonomamente del futuro lavorativo del dipendente, anche –e soprattuto- con il licenziamento.
È la fine dell’articolo18 dello statuto dei lavoratori! La giusta causa la decide l’amministrazione al di sopra della magistratura. La logica padronale è il vero elemento di privatizzazione che viene introdotto.
- DEFINIZIONE DELLE INFRAZIONI CHE COMPORTANO LA SANZIONE DISCIPLINARE DEL LICENZIAMENTO, COMPRESE SCARSO RENDIMENTO, FALSIFICAZIONE DELLE PRESENZA E CERTIFICATI MEDICI FALSI. Questo aspetto assume il senso di un’indicazione operativa alle amministrazioni alle quali si dà mandato di poter operare licenziamenti unicamente su proprie valutazioni non oggettivamente dimostrabili.
- LA FALSIFICAZIONE DELLE PRESENZA E I CERTIFICATI MEDICI FALSI SARANNO INDIVIDUATI COME REATI DI TRUFFA AGGRAVATA CON LA PREVISIONE A CARICO DEL DIPENDENTE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE E RISARCIMENTO DEL DANNO ALL’IMMAGINE SUBITO DALL’AMMINISTRAZIONE. È noto a tutti che queste infrazioni sono già di per sé reato, la sottolineatura indica che, mentre prima la magistratura doveva definire la sussistenza del reato, ora l’amministrazione procede da sola e rivendica danno erariale e di immagine. Vale a dire un risarcimento definito in sede extragiudiziale e autonomamente. Siamo di fronte ai tribunali dell’inquisizione.
- RESPONSABILITA’ DI ILLECITO DISCIPLINARE PER IL PUBBLICO DIPENDENTE CHE ABBIA DETERMINATO LA CONDANNA DELLA P.A. AL RISARCIMENTO DEI DANNI. Come detto, è la fine della responsabilità di funzione a cui si sostituisce la responsabilità personale.
- DIRIGENZA PUBBLICA. Un profondo processo di trasformazione che prevede piena autonomia nella gestione manageriale delle risorse umane e finanziarie e sua esclusiva competenza in materia di organizzazione degli uffici e dei servizi. Attivazione del principio della piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico, nella gestione della risorsa umana.
Questa questione del datore di lavoro era stata introdotta con l’applicazione della 626 alla pubblica amministrazione, ora diventa l’elemento cardine della riforma e introduce l’aspetto più negativo del modello privatistico. Di fatto il dipendente pubblico non dipende più dalla P.A. ma dal dirigente preposto che assume le funzioni datoriali che finora sono state in capo all’amministrazione.
I meccanismi di reclutamento della dirigenza e l’assetto retributivo della stessa sono finalizzati al nuovo ruolo di datore di lavoro e mirano a selezionare una nuova dirigenza tecnocratica e dal piglio imprenditoriale. Tutto questo agevolerà un’ulteriore riduzione del potere contrattuale e di contrasto dei lavoratori che avrà come conseguenza immediata una differenziata applicazione e interpretazione del contratto collettivo. Il contratto integrativo verrà stravolto da questo potere incontrastato sull’organizzazione del lavoro, della gestione delle risorse umane e finanziarie e quindi del salario accessorio.
A TUTTO QUESTO SI AGGIUNGE LA SECONDA PARTE DEL PIANO INDUSTRIALE:
LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
È questa la fase successiva e consequenziale alle realizzazioni fin qui illustrate. In questo ambito neanche si parla di possibilità di contrattazione, si interverrà per legge e punto.
Quali sono questi aspetti razionalizzanti individuati da questa luminosa fonte di sapere?
> MOBILITA’ DELLE FUNZIONI. È un modo elegante per definire le esternalizzazioni, non solo dei servizi, ma di intere funzioni pubbliche. Un processo già avviato da tempo, ma che ora viene sistematizzato sotto forma di vero e proprio progetto.
Non si tratta più di costruire una amministrazione privata parallela a quella pubblica, come finora era stato con le privatizzazioni. Si tratta di sostituire la P.A. con servizi erogati dai privati in completa alternativa.
I principi guida sono infatti:
- SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE E VERTICALE. Vale a dire la ricollocazione delle funzioni pubbliche tra le varie amministrazioni pubbliche (con accorpamenti o spacchettamenti) e tra pubblico e privato messo sullo stesso piano. L’obiettivo è individuare un modulo per cui queste ricollocazioni possano avvenire senza intervento legislativo. Lo decidono le amministrazioni in tutta autonomia.
- MOBILITA’ DELLE FUNZIONI – ESTERNALIZZAZIONI. Miglioramento del core business attraverso esternalizzazioni, disaggregazioni strutturali (Le agenzie) e ricollocazione delle funzioni stesse. Annualmente viene definito in sede governativa un piano che individui le funzioni che ogni amministrazione vuole dismettere per concentrare le proprie risorse sul core business. Gli strumenti di realizzazione dovrebbero essere concessioni, convenzioni, conferenze dei servizi ecc..
- MAKE OR BUY. Vale a dire decidere se per lo stato è più conveniente produrre un bene o un servizio, oppure acquistarlo da privati. È l’avvio di un vera e propria valanga di dismissioni.
> UTILIZZO OTTIMALE DEGLI IMMOBILI. Si tratta di un progetto per utilizzare gli immobili, oltre che per le attività primarie -come la scuola-, anche per attività aggiuntive. Ovviamente con impegno prestazionale di operatori o con convenzioni con soggetti esterni che prevedibilmente sarà predominante.
> SPONSORIZZAZIONI. Nasconde la possibilità per i privati di finanziare progetti di comodo che consentano loro di utilizzare il servizio pubblico per fini particolari senza assumere peso e costo della realizzazione dei propri piani.
> CUSTOMER SATISFACTION. Qui c’è un ennesima strambata direzionale. Dopo aver fatto credere alle associazioni di consumatori di poter svolgere un ruolo di controllo e cogestione della P.A., si decide invece di determinare autonomamente la soddisfazione dei consumatori. Questo perché la soddisfazione dei consumatori deve diventare un alibi per processi di destrutturazione e perché, evidentemente, le associazioni non danno le garanzie di allineamento con il governo in una santa alleanza contro i dipendenti pubblici felloni.
Del resto le trasformazioni concettuali non sono affatto casuali. Mentre il cittadino consumatore, in quanto tale aveva un suo status ed elementi consequenziali di garanzia, il cittadino cliente subisce unicamente le leggi di mercato senza alcuna soggettività. Questo dovrebbe rendere chiaro quale è il vero obiettivo strategico di riforma.
Questi sono gli aspetti qualificanti della documentazione presentataci come elemento di delucidazione del piano strategico della P.A..
Ora non resta che definire la nostra strategia di dipendenti pubblici, di cittadini, di democratici.
Roma, 16 giugno 2008