PRIMA TI IGNORANO, POI TI DERIDONO, POI TI COMBATTONO, POI VINCI.
Abbiamo atteso un po’ prima di provare ad avviare una riflessione sulle due giornate di venerdì 21 e sabato 22 ottobre, lo sciopero generale co-promosso con Unicobas e Usi, e la manifestazione nazionale promossa assieme a molte altre forze sindacali, politiche e sociali per lanciare con forza e determinazione la battaglia per il NO sociale. Sono molte le riflessioni che si affollano, a volte sopraffatte dalle emozioni e dalla consapevolezza di aver fatto fare un passo avanti consistente all’idea che sia possibile, se si marcia uniti, battere e cacciare il governo Renzi.+
La partecipazione allo sciopero generale è stata ovunque alta, con punte di assoluto rispetto nei trasporti, oltre il 60% come media nazionale nel Trasporto pubblico locale e con adesioni negli aeroporti tali da determinare la cancellazione di moltissimi voli. Ma alte sono state le percentuali in molte fabbriche, una per tutte il 70% di adesione alla Piaggio di Pontedera, e negli uffici pubblici, il 21% nazionale all’INPS con chiusura di sedi e sportelli il dato forse più significativo insieme alla chiusura di molte scuole sia per l’adesione degli insegnanti che del personale ATA.
Importante per dimensioni e partecipazione le manifestazioni che si sono tenute in moltissime città a cui hanno partecipato, in alcuni casi in maniera massiccia, anche gli studenti in lotta contro la Buona scuola.
Ma la giornata del 21 ottobre non si è spenta alla sera, è proseguita con una piazza, la piazza storica del movimento operaio italiano, Piazza San Giovanni ribattezzata Piazza Abd Elsalam, la piazza della resistenza e della determinazione di chi ha lottato per i suoi diritti e quelli di tutti fino alle estreme conseguenze.
Assemblee partecipatissime per discutere di Referendum e di Unione Europea, speak corner dedicati al lavoro autonomo, al NO alla guerra e alla lotta delle donne, musica militante, poesie, narrazioni su e intorno la nostra Costituzione hanno intrattenuto migliaia di compagne e compagni, romani e non, che hanno così voluto idealmente realizzare un ponte con la giornata della manifestazione nazionale.
Una manifestazione forte, determinata, meticcia con un obbiettivo evidente e condiviso, dare impulso e forza al NO sociale, strappando alla politica politicante il primato dell’iniziativa, peraltro ancora debole, sul referendum Costituzionale. Perché per vincere, e perché la vittoria abbia un segno di classe, devono scendere in campo le lavoratrici e i lavoratori, quelli che il giorno prima hanno scioperato perché fosse chiaro che la battaglia contro il Governo Renzi si combatte anche con la consapevolezza dei danni enormi, e ancora non completamente compresi, che sul piano economico e dei diritti dei lavoratori questo governo ha prodotto. Di questa nuova consapevolezza e determinazione bene si sono accorti il Governo e i suoi lacchè della stampa di regime che, per la prima volta, sono stati costretti a prendere parola ma per deridere il nostro grande sciopero e la nostra grande manifestazione, dando così pienamente la misura di quanto gli abbia fatto male.
In piazza e tra le file del sindacato si è affacciato un soggetto sociale la cui fisionomia testimonia di una nuova complessità del mondo del lavoro, una classe lavoratrice che accanto alle figure classiche ha mostrato settori nuovi, dai lavoratori della logistica ai braccianti del sud alla nuova generazione di working poor, che stanno reagendo alle forme di lavoro supersfruttato cui sono costretti con una forza e determinazione come non si vedevano da anni nel nostro paese. Rivendicano diritti, sul lavoro e fuori, capaci di stare insieme e condividere con tutti e tutte i passaggi anche più delicati che una manifestazione centrata comunque sulla riforma Costituzionale poneva.
Su questo migranti, braccianti, sans papier, donne e uomini che raccontano delle nuove schiavitù che oggi in Italia, non in luoghi sperduti di cui abbiamo scarsa conoscenza, subiscono nell’assordante silenzio di una società incapace di riconoscersi in valori diversi da quelli di chi la massacra, hanno dato a tutti una bella lezione di lucidità politica che molti debbono davvero cominciare ad imparare.
La straordinaria mobilitazione del 21 e 22 Ottobre ha reso evidente che la pretesa dei poteri forti, dalla Confindustria nostrana, all’Unione Europea, dai mass media internazionali ai grandi centri finanziari, di ridurre gli spazi democratici e di rappresentanza politica e insieme della riduzione degli spazi di rappresentanza del mondo del lavoro, è ben presente nella coscienza dei lavoratori e di vasti settori sociali che rifiutano le conseguenze di politiche economiche sempre più rovinose per le masse popolari.
Dobbiamo ora mantenere alta la mobilitazione, dobbiamo investire ogni luogo di lavoro delle ragioni forti del NO sociale, non lasciando che sia la TV o la propaganda massiccia che spunta da ogni dove a determinare il voto dei lavoratori e dei settori popolari. Solo il sindacato di classe, solo i settori più coscienti ed organizzati della società e della politica possono fare la differenza ingaggiando un corpo a corpo nelle fabbriche, negli uffici, nei quartieri popolari per far sì che la vittoria del NO sia l’inizio di una nuova stagione di conquiste sociali.