PERCHÉ LA STABILIZZAZIONE DEI PRECARI DELLA PA È UNA PERICOLOSA PRESA IN GIRO
In allegato il documento
Il Presidente del Consiglio Letta ha dichiarato di aver dato una soluzione strutturale al precariato con il decreto approvato ieri dal CdM.
I giornali hanno titolato pomposamente che i precari della Pubblica Amministrazione saranno stabilizzati.
Come USB PI ci siamo immediatamente esposti per sostenere una tesi completamente diversa. Perché?
In realtà per comprendere come la presunta soluzione del problema del precariato sia una colossale bufala, peraltro estremamente pericolosa, è sufficiente soffermarsi su alcuni elementi che appaiono evidenti dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio così come dai titoli e dagli articoli dei giornali.
Risorse. Primo elemento dissonante rispetto all’ipotesi di soluzione è il tema delle risorse, rispetto al quale il Governo non è intervenuto in nessun modo affidando la questione precariato al 50% delle risorse che si renderanno disponibili dalle cessazioni, con un turn over previsto nei tre anni interessati dalla norma che sarà rispettivamente 20%, 50% e, solo nell’ultimo anno, 100%. Cioè sarà utilizzabile rispettivamente il 10%, il 25% e il 50% del turn over di quegli anni. Pur essendo difficile produrre una previsione di quante saranno le cessazioni in questi anni, è abbastanza facile ipotizzare che la quantità di risorse che si libereranno sarà più che insufficiente rispetto al numero di precari presenti in tutta la pubblica amministrazione. Nel 2011 i precari monitorati dal conto annuale della ragioneria dello stato (TD, Interinali, LSU, CoCoco) contavano oltre 150mila unità, esclusi i precari della scuola. Inoltre la distribuzione dei precari così come quella delle cessazioni non è affatto omogenea, per cui, fatalmente, si verificheranno situazioni nelle quali ad un alto numero di precari corrisponderà un basso numero di cessazioni con il risultato che i precari di quell’Ente o di quell’Amministrazione non avranno nessuna possibilità, neanche di fare i concorsi.
Quali precari. Ad essere interessati saranno unicamente i lavoratori con contratto a TD (con 3 anni di contratto negli ultimi 5), mentre rimarranno esclusi tutti i CoCoCo, gli esternalizzati, interinali e tutti quei lavoratori che sono costretti a muoversi nella giungla delle altre forme di lavoro flessibili come le partite IVA, le finte borse di studio, le parcelle, etc. Saranno esclusi anche coloro che, seppure con più di tre anni di precariato alle spalle, hanno avuto carriere miste (es. CoCoCo + TD) con meno di tre anni di TD.
Concorsi. Per decidere quali saranno i pochi fortunati a prendere questo treno si prevedono concorsi “altamente selettivi” come specificato in maniera assolutamente provocatoria dal Presidente del Consiglio. Nella maggior parte dei casi i precari della PA lavorano nelle proprie amministrazioni da ben oltre 3 anni, arrivando anche a 10-15 anni di anzianità variamente maturati, con un’età media che si aggira intorno ai 35-40 anni. Questi lavoratori, oltre ad aver già sostenuto in moltissimi casi delle vere e proprie selezioni per titoli ed esami, la vera selezione l’hanno superata lavorando per anni ed anni consentendo alle Amministrazioni e agli Enti di svolgere la propria missione garantendo l’erogazione di servizi ai cittadini. Se non dovessero essere all’altezza di un posto di lavoro a tempo indeterminato andrebbero cacciati prima di tutto i dirigenti che li hanno tenuti e pagati per anni, ma visto che così non è, il Presidente Letta meglio farebbe ad avere rispetto di chi vive la propria vita nella precarietà.
Licenziamenti. La forte limitazione all’utilizzo dei contratti precari nel settore pubblico che dovrebbe essere contenuta nel provvedimento ci vede ovviamente favorevoli, anche se noi sosteniamo da sempre il blocco totale della flessibilità. La domanda che facciamo noi è la seguente: se si realizzerà veramente una forte limitazione dei contratti precari che fine faranno i precari che non vincono i concorsi riservati nel triennio? Il rischio estremamente concreto è quello dei licenziamenti di massa, così alla fine dell’operazione ci si ritroverebbe di fatto con l’ennesimo un taglio di posti di lavoro pubblici, alla faccia della soluzione del problema. Una sorta di spending review applicata ai precari.
Enti locali e Sanità. Questi due settori, nei quali c’è una buona parte dei precari pubblici, sono sottoposti al patto di stabilità e stanno attuando piani di rientro. Come faranno ad assumere i precari? Tema particolarmente delicato in quanto i precari di questi comparti operano in settori particolarmente delicati, ospedali, pronto soccorsi, nidi e scuole dell’infanzia, etc.
Nelle prossime settimane USB PI organizzerà iniziative per richiedere con forza e determinazione la stabilizzazione dei precari della PA (tutti, subito e davvero), fino ad arrivare all’appuntamento dello sciopero generale del 18 ottobre, nel quale le istanze dei precari pubblici si salderanno con quelle di tutti coloro che intendono opporsi alle politiche di questo Governo, della BCE, della UE e dell’FMI, per dare vita una grande giornata di lotta.