Per Matteo

Parma -

Matteo, "Il Bagna", era un giovane di 27 anni, lavorava in una cooperativa sociale ed era un compagno impegnato nelle lotte contro le ingiustizie e lo sfruttamento, nel sociale, nel sindacale, al fianco degli immigrati, antirazzista e antifascista convinto, con la passione in tutto quello che faceva, anche nel calcio e per la sua squadra del Parma.



Il Bagna è morto in un autogrill, e i compagni di Parma come tutti gli altri che conoscevano la forza, ne sentono la grave ed assurda perdita.



Esprimiamo la nostra vicinanza alla sua famiglia e ai suoi cari, chiedendo il rispetto a fronte del triste circo della disinformazione a caccia di notizie, teorie, ma soprattutto, di audience.

 

Coordinamento regionale CUB emilia romagna

 


1 aprile 2008 - Il Manifesto

Scritte e striscioni in tutta la città per ricordare il giovane ucciso in un autogrill
Dai centri sociali ai Boys Parma: chi era Matteo, attivista e ultras
Ventisette anni, una tesi di laurea contro gli inceneritori e un lavoro come esperto di sicurezza sul lavoro. La storia di «Bagna», tra l'amore per il Parma e la militanza antirazzista. Gli amici lo difendono: «Quella volta che ospitò due immigrati a casa sua»
di Giacomo Russo Spena

Si divideva tra le sue passioni: l'impegno sociale e il mondo delle curve. Matteo Bagnaresi, il ragazzo di 27 anni rimasto ucciso in un incidente in autogrill, era un attivista politico dai tempi del liceo.
Laureato con una tesi contro gli inceneritori, una battaglia che lo coinvolgeva e per la quale aveva firmato numerosi appelli, da oltre due anni lavorava come esperto di sicurezza sul lavoro: controllava che le aziende stessero a norma con la 626. «Un compagno con la passione del calcio» ricordano i suoi amici, «uno sempre disponibile ad aiutare gli sfruttati della società», «un generoso», «un antirazzista», «un antifascista». Una persona che delle lotte sociali aveva fatto una ragion di vita e che nelle curve vedeva «un mondo libero». E ora dopo il danno la beffa per tutti quelli che conoscevano bene Bagna (così veniva chiamato amichevolmente): «Oltre alla sua scomparsa - denunciano gli amici e i Boys del Parma - dobbiamo subirci menzogne infamanti sulla sua vita». Ce l'hanno con quei media che già dalle prime ore dopo l'incidente si erano scatenati definendolo come «un'antagonista», un «antisistema», un «soggetto pericoloso», un «violento». «Si rispetti la verità - è scritto in un comunicato - si rispetti la memoria di un ragazzo che non c'è più, si rispetti il dolore di chi a Matteo ha voluto bene». Bagna infatti da quando stava a scuola ha sposato la politica e il calcio, intrecciandole. Un «compagno» a tutto tondo con la passione sfrenata per il suo Parma, senza ripudiare forse anche lo scontro con le tifoserie avverse. Gli amici però tengono a precisare che non aveva un'«indole violenta». Era uno come tanti. «Splendida persona, nel dolore preferiamo ricordatelo in mezzo a noi, nei cortei, nella musica, mentre sorride. Il tuo pensiero verso gli sfruttati di questa società continuerà a essere la benzina del nostro fuoco di ribellione», afferma con un comunicato tutto il mondo di sinistra e dell'associazionismo di Parma.
Dai comitati antirazzisti alle reti di lotta per il diritto alla casa passando per la rdb parmense per finire con lo spazio sociale Mario Lupo (ragazzo ucciso a Parma nel 1972 da un gruppo di estremisti di destra). Il luogo che Bagna frequentava e in cui è cresciuto politicamente. Era particolarmente sensibile al tema dell'antifascismo: «Non possiamo permettere - aveva scritto in un appello in merito agli arresti successivi agli scontri antifascisti dell'11 marzo 2006 - che si incarcerino i compagni, perché di loro c'è bisogno nelle lotte e non nelle galere». Ora sono due anni che il Mario Lupo è senza sede, anche se ieri fuori al vecchio stabile occupato uno striscione lo ha simbolicamente riaperto: «Il tuo sorriso non si spegnerà mai». Sabato scorso ad una iniziativa in piazza contro le ronde notturne dei leghisti è stata l'ultima volta che i «suoi compagni» lo hanno visto: «Era un banchetto - raccontano - per denunciare gli atteggiamenti violenti e ostili contro gli immigrati».
Questione, quella dei migranti, a cui Matteo era particolarmente legato: sapeva bene, per lavoro, la loro condizione nei cantieri. Un amico racconta un aneddoto per dimostrare come il suo impegno andasse oltre la rivendicazione politica: «Una volta ha aiutato una coppia di immigrati clandestini ospitandola a casa sua e aiutandoli economicamente». Ma Bagna era attivo anche contro la legge Fini-Giovanardi sulle droghe e si opponeva alle forme di controllo, come la «censura» del web. Un compagno conosciuto a livello nazionale per la sua presenza a Genova al G8 e l'anno successivo al social forum di Firenze. Come la sue partecipazioni ai cortei in difesa delle «comunità» ribelli no-Dal Molin e no-Tav in primis. I colleghi della Cooperativa Aurora, dove Bagna lavorava, hanno scritto una lettera in cui descrivono Matteo come «una persona libera che non seguiva logiche predefinite o imposte, ma che agiva seguendo i valori in cui credeva, che erano in lui profondamente radicati. Si è inserito nella nostra cooperativa con garbo, educazione, competenza e professionalità, riuscendo in breve tempo a diventare un riferimento per il nostro lavoro». E nella «borghese» Parma Matteo aveva trovato nel calcio una passione smodata. Il 6 gennaio 2005 era arrivato per lui un daspo (diffida) per gli scontri avvenuti a fine gara tra Juventus e Parma. Tre anni senza poter seguire la sua squadra. Anche se, come è d'usanza di molte tifoserie, in curva parmense era comparso uno striscione dedicato a lui: «Diffidati sempre con noi». «Il Bagna era un ultras, membro del gruppo - recita un comunicato dei Boys - aveva un lavoro e tante passioni. Tra queste c'era il Parma. Seguiva la squadra in casa e in trasferta, partecipava attivamente al tifo. Ora c'è stato repentinamente sottratto, ne sentiamo la feroce mancanza». Ma già ai tempi del liceo Bagna esprimeva ideali «pro ultras», si definiva «un libero pensatore del calcio». I Boys infatti nascono nel 1977 e inizialmente, pur avendo una componente molto variegata al proprio interno, si caratterizza per una presenza di gente di destra. Negli anni '90 si ricorda anche l'episodio del portiere Gigi Buffon che per «piacere» a qualcuno della curva indossò la maglietta con su scritto «Boia chi molla».
Poi il ribellismo ultras prende sembianze più sinistrorse, un po' come avviene nella città, anche se i Boys rimangono ufficialmente apolitici. E un gruppo che non spicca per l'uso della violenza. Le ostilità più forti con l'odiata Reggiana, squadra di Reggio Emilia. Lo stesso Bagna per motivi di «campanilismo ultras» in una lettera avverte gli Off Laga, un gruppo rock di Reggio Emilia reo di aver fatto una canzone anti parmense, di non suonare in concerto a Parma. Poi c'è l'odiata Juventus. Nel 2005 era scattato il daspo per Matteo e terminato lo scorso 10 gennaio, domenica era la prima volta che rivedeva da vicino i tifosi bianconeri. Per una casualità o meno, è stata per Bagna l'ultima volta. Intanto mentre la famiglia si è chiusa in un doloroso silenzio nella città di ora in ora aumentano le scritte in suo ricordo: «Il tuo urlo libero sempre nella nord», campeggia fuori lo stadio Tardini.