Nonostante lo schiaffo referendario il governo sceglie ancora di favorire padroni e sindacati complici. Le proposte di legge USB in direzione opposta su fisco e rappresentanza
Non si sono ancora conclusi i festeggiamenti per la strepitosa vittoria dei SI ai quattro referendum che il governo cerca, per provare a risalire la china e tornare ad avere il sostegno delle imprese, di mettere in pista due provvedimenti, uno sul fisco e uno sulla rappresentanza sindacale che si preannunciano davvero molto importanti e molto gravi.
Sconfitte le privatizzazioni ora bisogna sconfiggere i tentativi in corso di far pagare la crisi ai lavoratori attraverso un nuovo attacco ai redditi come quello che si profila con l’annunciata riforma del fisco, e ai diritti democratici e contrattuali dei lavoratori come preparano Sacconi e Marcegaglia.
Le indiscrezioni che trapelano dell’intervento sul fronte del fisco non portano buone notizie per chi vive di lavoro. L’ipotesi di tre sole aliquote fiscali, non si conosce ancora a quali scaglioni di reddito verrebbero applicate, fanno immediatamente pensare al fatto che se pure i redditi più bassi avranno un piccolo beneficio, questo sarà molto più grande per i percettori di redditi medio-alti e alti.
Ovviamente questo produrrà un minore gettito fiscale – meno tasse – e ovviamente questo produrrà nuovi tagli al welfare, di cui notoriamente usufruiscono di più i redditi bassi che quelli alti.
A fronte di questo intervento di riduzione delle aliquote si avrebbe però un aumento di un punto percentuale dell’IVA, quella sui beni di prima necessità passerebbe dal 10 all’11% e l’altra dal 20 al 21%.
Ora è evidente che l’aumento dell’IVA pesa più sui redditi bassi che su quelli alti. Infatti i lavoratori dipendenti, i precari, i disoccupati, gli immigrati ecc. spendono la maggior parte dei propri magri guadagni in beni di prima necessità e perciò sarà su questi che l’aumento dell’IVA peserà maggiormente, questo inoltre non potrà che generare inflazione ed è altrettanto evidente che di questi tempi non si vedono all’orizzonte strumenti capaci di contrastarla (chi ha distrutto la scala mobile sapeva perfettamente cosa stava facendo).
La proposta di legge che l’USB ha elaborato e che è ora in campo con centinaia di banchetti in tutta Italia per raggiungere le 50.000 firme – obbiettivo minimo – per presentarla al Parlamento è invece tutta orientata a riequilibrare la pressione fiscale diminuendola drasticamente sui lavoratori dipendenti, i precari, i disoccupati, i pensionati e introducendo meccanismi tali da costringere lo Stato a perseguire davvero gli evasori fiscali, a tassare adeguatamente i grandi patrimoni e le transazioni finanziarie.
Questo è ciò che realmente serve, non un ulteriore aggravamento di fatto, o tutt’al più un nulla di fatto con un pareggio tra l’abbassamento della prima aliquota Irpef e l’aumento di un punto di IVA.
Sostenere con forza la nostra legge, raccogliere migliaia di firme in tutti i luoghi di lavoro, rilanciare una forte campagna di mobilitazione in tutto il Paese è quello che oggi serve per impedire un nuovo attacco alle nostre condizioni di vita. Si può fare! La vittoria dei referendum ce lo dimostra.
L’altra questione in campo è quella della validità dei contratti. Marcegaglia ha convocato per i prossimi giorni i segretari generali di cgil, cisl e uil per definire un piano, che tenga possibilmente dentro tutti, attraverso cui delimitare il campo degli attori contrattuali, definire una volta per tutte che il contratto nazionale non esiste più o venga drasticamente depotenziato a favore di quello aziendale e soprattutto faccia fuori dal confronto sindacale tutti coloro che non accettano di essere loro complici.
Ovviamente questo progetto è fortemente sostenuto da Sacconi e trova i migliori ascari in Angeletti e Bonanni che fanno a gara nel dimostrarsi fedeli esecutori dei voleri del governo e dei padroni.
Costoro pensano addirittura che il problema della democrazia nei luoghi di lavoro non esista e che l’unica questione aperta è quando un contratto è valido e come blindarlo.
Ovviamente non viene neppure presa in considerazione l’opzione democratica, cioè quella di fare esprimere i diretti interessati sui contenuti del contratto che gli verrà applicato, né si immagina neppure lontanamente ipotizzabile la possibilità che i lavoratori votino chi deve rappresentarli nelle trattative.
Questioni non di poco conto evidentemente e che la USB ha posto alla attenzione di tutti non solo con le iniziative di lotta e di denuncia ma anche sostenendo la proposta di legge di iniziativa popolare del Forum Diritti/Lavoro sui diritti democratici e di rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori.
Siamo dunque in campo con nostre proposte concrete sulle questioni centrali del dibattito politico e sindacale, è evidente che nell’incertezza politica che abbiamo di fronte sia indispensabile spingere i motori al massimo per ottenere un cambio di passo nella direzione giusta, quella verso l’affermazione degli interessi e dei diritti dei lavoratori.