Mali: un'altra guerra colonialista mascherata da lotta al terrorismo
Non si può rimanere in silenzio di fronte alla nuova impresa militare della Francia in Mali prontamente condivisa dall’Unione Europea, compresa l’Italia che, per bocca del Ministro degli Esteri Terzi, ha sottolineato la necessità di una forte coesione per fronteggiare una crisi in rapido aggravamento, posizione sostenuta altrettanto prontamente da Bersani che non vuole ‘lasciare sola la Francia nella battaglia contro le formazioni jihadiste sanguinarie’.
Quante volte negli ultimi anni, ci hanno imbrogliato con la menzogna della lotta al terrorismo dietro cui si sono sempre coperte le mire imperialiste delle potenze occidentali e delle multinazionali per la conquista di mercati e per il controllo delle materie prime?
Petrolio, oro, uranio, ricchezze sottratte a questi paesi , ingrassano i profitti delle multinazionali statunitensi ed europee. Sarà un caso che il nuovo terreno dell’intervento militare francese sia ricco di miniere di manganese, necessario in moltissimi impieghi industriali, ma soprattutto di uranio, vitale per l’altissimo numero di centrali nucleari francesi e per AREVA, la multinazionale francese che detiene il monopolio dei giacimenti di questo minerale nel Mali e che gestisce la stragrande maggioranza del ciclo del nucleare in Francia e nel mondo?
Non diverse furono le reali motivazioni dell’aggressione francese alla Libia, la necessità di insediarsi in un paese ricchissimo di petrolio di ottima qualità e di stabilizzare il ruolo di potenza neocoloniale da sempre rivestito in Africa, riaffermato anche con l’intervento militare in Costa d’Avorio in occasione delle elezioni presidenziali di due anni fa.
In ballo c’è la competizione con gli Stati Uniti e con la Cina per il controllo sul Centro Africa e un’altra, non tanto celata, competizione con la Germania per la guida dell’Europa.
A chi poi insiste nell’ipocrita affermazione delle necessità di battere il terrorismo islamico, non possiamo fare a meno di domandare come mai tutte le grandi potenze occidentali dagli USA all’Europa, stanno sostenendo con forza, politicamente, economicamente e militarmente, in Siria le formazioni jihadiste contro il regime di Assad. Lì vanno bene ed in Mali no?
L’Italia ha già promesso l’invio di consiglieri ed addestratori oltre a mettere a disposizione sia le proprie basi, Sigonella Trapani Birgi e Pratica di Mare che aerei per le ricognizioni e per il rifornimento in volo.
Del perché poi popolazioni ridotte a vivere con due dollari al giorno, in condizioni inumane, possano vedere nelle formazioni fondamentaliste uno strumento di riscatto, nessuno se ne cura.