Lascio la FIOM/CGIL, non smetto di lottare!

Napoli -

Lasciare una organizzazione sindacale, dopo circa 15 anni di adesione e partecipazione a tutti i più importanti momenti di lotta, non è un atto che si compie senza un minimo di emotività.


Anni di scioperi, assemblee, picchetti svolti prima a Venezia e poi a Napoli, presso il gruppo Alenia (quando sono stato assunto si chiamava Officine Aeronavali) sono stati un esperienza viva e coinvolgente condotta assieme a tanti altri lavoratori di varie generazioni politiche e sindacali.


La FIOM a cui avevo aderito era a miei occhi un valido baluardo all’arroganza padronale, alla continua cancellazione dei diritti, alla prepotenza di capi e capetti e rappresentava un forte elemento di identità specie in una zona - come quella dell’area metropolitana napoletana - dove all’avanzata dei processi di ristrutturazione capitalistica puntualmente corrisponde un aumento, in fabbrica e sul territorio, della precarietà del lavoro e della vita e del generale degrado umano e materiale delle città.


La FIOM, specie quella diretta da Maurizio Landini, aveva saputo, pur con qualche contraddizione, differenziarsi da FIM e UILM a partire della vicenda di Pomigliano d’Arco quando si oppose alla normalizzazione di Marchionne nel gruppo Fiat.


Quella FIOM aveva suscitato entusiasmo ed aveva saputo coinvolgere – a Pomigliano e non solo – un buon numero di operai e delegati che ritrovavano la voglia ed il coraggio di lottare contro un padronato che non veniva più percepito come invincibile.


Quella stagione, invece, si è interrotta ed è iniziato un ciclo di cedimenti e di accordi al ribasso – stipulati dal gruppo dirigente della FIOM – che, sia sul piano nazionale e sia sul terreno delle vertenze locali, hanno stravolto e praticamente negato quel corso sindacale che aveva accesso tante speranze.


Anche nel mio gruppo (Finmeccanica) la FIOM si è sostanzialmente accodata alle scelte delle altre organizzazioni sindacali le quali hanno – al di là di alcuni aspetti formali e di propaganda – capitolato a fronte dell’opera di dismissione degli stabilimenti. Specie di quelli meridionali!


Ho compiuto, quindi, un bilancio della mia esperienza sindacale nella FIOM e nella sua componente di “opposizione interna” ed ho maturato la convinzione politica che questa organizzazione, la sua linea di condotta ed il suo agire siano immodificabili.


La FIOM e, necessariamente, la CGIL sono totalmente integrate nella gestione delle compatibilità capitalistiche e si stanno rivelando – come ha dimostrato l’assenza di una vera ed efficace battaglia contro il Jobs Act – inadeguate a svolgere l’opposizione al complesso delle politiche antisociali dell’Unione Europea, del padronato tutto e dei vari governi.


Il mondo del lavoro, in tutta la sua complessità e frammentarietà, ha bisogno di una rappresentanza organizzata, conflittuale e realmente autonoma ed indipendente.


Quello che, sempre più, serve in fabbrica, negli uffici e nei territori è una organizzazione modernamente confederale che lavori per ricostruire un sindacato di classe all’altezza delle sfide che ci attendono nel prossimo periodo.


Mi rivolgo, quindi, ai tanti delegati ed iscritti che – silenziosamente - sono coinvolti dalla dilagante rassegnazione e che stanno lasciando l’attività e l’impegno sindacale a non lasciarsi travolgere dalla sfiducia.


Anche recentemente nello stabilimento di Nola abbiamo dimostrato che organizzandoci unitariamente senza le burocrazie sindacali siamo in grado di fermare la fabbrica ed imporre l’attenzione sulle nostre rivendicazioni. Questa è la strada da seguire.


In questi giorni molti delegati della FIOM e della CGIL stanno lasciando questa organizzazione ma non tornano a casa. Anzi questi compagni, questi operai e questi lavoratori scelgono un nuovo inizio di organizzazione e di lotta nel sindacato conflittuale. Anche io intendo unirmi a questo processo ed invito i tantissimi lavoratori onesti e combattivi della FIOM a partecipare a questa nuova sfida.

GIOVANNI GIOVINE
Alenia/Leonardo