La fava Green pass e i 3 piccioni di Confindustria: licenziare in sicurezza, azzerare i costi e violare la privacy
Quanto a Confindustria stiano a cuore la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro ci è da sempre molto chiaro. Basta elencare la drammatica statistica degli infortuni e dei morti sul lavoro per capirlo, l’aggressività con la quale ha contrastato il lockdown allo scoppio della pandemia - imponendo al governo l’apertura della maggior parte dei siti produttivi -, la lotta senza quartiere contro l’Inail responsabile di riconoscere il Covid quale causa di infortunio sul lavoro e, infine, la firma del protocollo di aprile attraverso il quale ha ottenuto, con l’avallo dei sindacati complici, che il Covid venisse derubricato da rischio specifico a generico e quindi non rientrasse nei DVR. Abbiamo visto tutti come è andata: 175 mila infortuni di cui 640 mortali.
Ora che si discute di Green pass, per dare impulso alla campagna vaccinale e limitare la circolazione del virus, non senza evidenti criticità di applicazione, Confindustria in maniera del tutto strumentale vorrebbe applicarlo a tutti i luoghi di lavoro nell’intento di prendere 3 piccioni con una fava. Azzerare i costi delle misure di sicurezza, nonostante il vaccino sia solo una gamba della strategia di contrasto al virus; violare le stringenti norme sulla privacy, da sempre considerate di impedimento al feudalesimo imprenditoriale; demansionare, sospendere senza stipendio e licenziare coloro i quali non volessero vaccinarsi.
La vaccinazione è uno strumento di tutela della salute pubblica il cui obbligo non può essere di certo deciso dalla legge di Confindustria!
Non è bastata la macelleria sociale messa in atto il giorno dopo lo sblocco dei licenziamenti con migliaia di persone buttate in strada con un sms, serviva qualcosa di più: una motivazione “etica” al licenziamento, la sicurezza del lavoro (non dei lavoratori!), che coincide manco a dirlo con la sicurezza dei profitti e l’insofferenza verso lacci e lacciuoli (quasi inesistenti, ormai) per liberarsi di lavoratori anziani e costosi da sostituire con giovani senza tutele.
Siamo stati fin troppo facili profeti quando ad aprile ci siamo rifiutati di sottoscrivere - unici nel panorama sindacale - un protocollo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro il cui principio ispiratore è stato sempre ed esclusivamente la garanzia dei profitti delle imprese ad ogni costo, in quella logica da capitalismo straccione secondo la quale sono le imprese che creano posti di lavoro. Oggi, di fronte alla cronaca quotidiana e alle lotte di quanti non vogliono rassegnarsi ai licenziamenti, è evidente a tutti l’ipocrisia e il fallimento di questo modello di produzione e di società.
Unione Sindacale di Base
23-7-21