In Spagna come in Grecia esplode il conflitto sociale: e in Italia che cosa aspettiamo?

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In Spagna proseguono le proteste contro i provvedimenti del Presidente del Consiglio Rakoi che sta smantellando il salario, le condizioni di lavoro ed i diritti dei lavoratori e dei cittadini spagnoli. Con una disoccupazione al 25% che raggiunge il 50% tra i giovani, la politica restrittiva della Merkel e di Monti stanno facendo ulteriore strage di posti di lavoro, mentre si prevede che saranno circa 100 i miliardi regalati alle banche spagnole.

Come in Grecia anche in Spagna i lavoratori scendono in piazza accolti dalla gente comune, dagli studenti, dai disoccupati e dai pensionati che ormai si rendono conto di vivere una situazione straordinaria alla quale è necessario dare una risposta collettiva altrettanto straordinaria.

La repressione messa in atto dalle forze di sicurezza spagnole a colpi di lacrimogeni, manganellate e addirittura di proiettili di gomma, sicuramente rappresenta la risposta peggiore del potere alla richiesta di giustizia sociale e di cambiamento delle politiche che stanno portando l'intera Europa al massacro sociale.

Pensare di ridurre il conflitto sociale a semplice problema di ordine pubblico è elemento comune a ciò che è avvenuto in Grecia.

Ma il conflitto sociale non è certo un problema di ordine pubblico: al contrario è l'unico strumento che le classi subalterne hanno e devono utilizzare per modificare l'attuale stato di cose che vede aumentare in modo impressionante da una parte la povertà e la miseria e dall'altro i profitti e la ricchezza.

Se questo sistema è basato su un meccanismo che, in base alle condizioni economiche e politiche esterne, mantiene fermi i profitti o addirittura li incrementa e allo stesso tempo opera pesantemente sui salari, sui diritti, sull'occupazione, allora significa che questo sistema non è giusto e va cambiato.

In Italia poco si muove, se si escludono le mobilitazioni che da mesi USB e il sindacalismo conflittuale sta cercando, con estrema difficoltà, di mettere in atto.

I partiti di centro destra si dividono su Berlusconi si o Berlusconi no, su Bossi si o Bossi no e sulle dimissioni della Minetti ….. cioè tutti problemi che sicuramente modificheranno il futuro degli italiani.

Casini appoggia Monti in modo incondizionato, spinto da un insolito fervore fondamentalista.

Il PD non sa far altro che parlare di primarie e scontrarsi tra le posizioni di Bersani e Renzi, che appoggiano acriticamente entrambi Monti, mentre si litiga sul problema dei problemi, i matrimoni tra omosessuali, dimenticando che è un tema già risolto positivamente in quasi tutti i paesi europei.

La sinistra, fuori dal parlamento, si interroga ancora se marciare unita o meno e su quali obiettivi, se insieme a chi appoggia Monti o meno.

Di Cgil, Cisl, Uil e Ugl è meglio non parlare perché lo abbiamo fatto sin troppe volte: chi abbandona la strada della rappresentanza sindacale per abbracciare quella della collaborazione con il più forte per preservare i propri vantaggi di organizzazione, non merita che di essere abbandonato dai lavoratori.

Insomma il potere politico e sindacale ha altro a cui pensare e le incertezze sul futuro di chi lavora e di chi il lavoro non lo ha aumentano di giorno in giorno.

Se 9 milioni di italiani non hanno i soldi per curarsi, se l'inflazione sale e i salari si riducono, se i mutui per le case si riducono del 30%, se la spending review prevede il 25% di dipendenti pubblici in meno, se la disoccupazione aumenta e quella giovanile è ormai al 36%...... forse è ora di riscoprire anche da noi il conflitto sociale, scendere in piazza e chiedere a voce alta un cambiamento delle politiche che stanno fermando l'Italia.