Il governo stanzi risorse adeguate per un contratto che riconosca dignità ai lavoratori pubblici
In un anno di governo del cambiamento, le politiche sul pubblico impiego hanno brillato per continuità con i governi precedenti.
A partire dai contratti. Scaduti a dicembre, per ora il Governo ha stanziato risorse pari ad aumenti di circa 40 euro medi lordi a regime, che non corrispondono neanche al recupero dell’inflazione, figuriamoci del potere d’acquisto perso in quasi dieci anni di blocco.
Ma non finisce qua. Infatti anche sul piano normativo, dopo la genialata delle impronte digitali, il disegno di legge per il miglioramento della PA del Ministro Bongiorno è la brutta copia della legge Brunetta, della quale ne riprende pedissequamente la filosofia, riproponendo la retorica dei fannulloni, della valutazione del merito quale strumento per migliorare l’efficienza dei servizi pubblici.
Questa continuità tra governi di colore diverso non sorprende nel momento in cui, quale che sia il governo nazionale, le politiche strategiche sono definite a Bruxelles e prevedono l’esaurimento della funzione storica del settore pubblico quale argine alle disuguaglianze, proprie di in un sistema capitalistico.
Da qui le politiche di ridimensionamento dei servizi pubblici.
Da qui le leggi punitive, i tagli agli organici e l’aumento dei carichi di lavoro, il mansionismo, il dilagare del precariato, etc.
Da qui l’elemosina che ci hanno elargito in luogo degli aumenti contrattuali nell’ultimo rinnovo e le risorse addirittura inferiori previste per il prossimo rinnovo.
Da qui progetti di legge che puntano ad istituzionalizzare le disuguaglianze come quella sull’autonomia differenziata, con effetti devastanti sui dipendenti pubblici
In un sistema nel quale le disuguaglianze dilagano e determinano per la maggioranza dei cittadini una vita più breve e con una qualità inferiore Noi Lavoratori Pubblici rivendichiamo la nostra funzione al servizio dei cittadini, delle classi più deboli, di coloro che da questa Unione Europea sono destinati ad essere sacrificati. Una funzione che vogliamo riaffermare e che pretendiamo venga riconosciuta pienamente restituendole dignità, in modo tangibile.
Il rinnovo contrattuale è sicuramente lo strumento principale attraverso il quale riconoscere dignità ad un settore lavorativo. L’ultimo contratto non lo ha fatto. Governo e sindacati firmatari, non hanno riconosciuto nessuna dignità ai lavoratori del pubblico impiego, né dal punto di vista economico, né da quello normativo. Quegli stessi sindacati oggi chiedono l’apertura dei tavoli all’ARAN senza porre pregiudiziali sugli stanziamenti, smaniosi esclusivamente di riconquistare il loro ruolo nella concertazione. Basta andare a vedere il fumoso accordo firmato al MIUR che ha portato CGIL CISL e UIL alla revoca dello sciopero previsto per il 17 maggio nel comparto Istruzione e Ricerca.
In Germania i dipendenti pubblici hanno avuto rinnovi dell’8% (240 euro medi), per noi sono state stanziate risorse per aumenti dell’1,95% pari a circa 40 euro medi a regime e il DEF non prevede ulteriori stanziamenti. Un chiaro segnale che non c’è alcuna volontà di restituire ai lavoratori pubblici quella dignità calpestata da anni e di rilanciarne la funzione. E allora è bene che ci si attrezzi per andarla a riconquistare, proprio partendo dal contratto.
Non ci basta il “contratto”! Vogliamo un contratto che ci riconosca dignità!
Il 10 maggio scenderemo in sciopero per andarcelo a conquistare!