Giorgia Meloni si inginocchia alle direttive Ue e l’Italia corre verso la recessione. Il 2 dicembre sciopero generale, il 3 tutti/e a Roma
Con una legge di bilancio incapace di contrastare la riduzione inevitabile dei consumi, dovuta alla forte impennata dei prezzi, l’Italia si avvia verso quella recessione ormai considerata inevitabile e, di conseguenza, verso un ulteriore aumento delle disuguaglianze.
Sarebbero dovuti intervenire sul fronte delle retribuzioni, sui salari poveri, sulle pensioni al minimo, reintrodurre una maggiore progressività fiscale e magari rafforzare gli ammortizzatori sociali. Avrebbero dovuto e potuto bloccare i prezzi dei beni di prima necessità. E invece hanno fatto l’esatto contrario. Gli interventi sulle pensioni sono stati irrisori, mentre si continua a favorire anche attraverso la tassazione i ceti più abbienti, introducendo i primi assaggi di una futura tassazione piatta. Hanno colpito il reddito di cittadinanza proseguendo la guerra ai poveri, già ingaggiata dai precedenti governi. Hanno ridotto gli sgravi sulle bollette per le famiglie, confermando per intero solo quelli alle imprese. Non hanno tolto l’IVA sul pane e sul latte, che pure era stata ventilata. Ed hanno introdotto un ridicolo aggravio della tassa sugli extraprofitti, peraltro prorogando le scadenze fino al 2024, piuttosto che puntare a recuperare tutto il maltolto che le aziende speculatrici hanno sottratto a milioni di cittadini.
Una legge di bilancio, quindi, in assoluta continuità col precedente governo, anzi potremmo dire scritta sotto la supervisione dei ministri del governo Draghi e degli occhiuti commissari della Ue. L’Italia deve comprimere i consumi per combattere l’inflazione e a pagare devono essere innanzitutto i più poveri, poi tutti i settori a reddito fisso a cominciare da quelli con i salari più bassi, e poi via via progressivamente le piccole attività e il mondo del lavoro autonomo, per lasciare inalterati i soli guadagni delle grandi imprese.
Lo specchietto per le allodole è rappresentato dal taglio del cuneo fiscale ovvero di quelle tasse che i lavoratori pagano per finanziare alcune voci previdenziali e altri istituti per supportare i lavoratori in caso di malattia o crisi aziendali. Insomma i pochi euro in più direttamente in busta paga sarebbero finanziati dai lavoratori stessi, essendo, quelli del cuneo fiscale, soldi già nella proprietà dei lavoratori. Una partita di giro estremamente vantaggiosa per le imprese e a somma zero per i lavoratori…
Di fronte a queste scelte che precipitano il Paese in una condizione di ancora maggiore sofferenza la risposta dello sciopero generale del 2 dicembre e della manifestazione nazionale a Roma di sabato 3 sono ancora più importanti.
Unione Sindacale di Base