Emergenza salariale: come NON affrontarla.
Le manifestazione che giovedì scorso come RdB-CUB abbiamo tenuto in varie città italiane, prendendo spunto dalla firma che siamo stati obbligati a mettere sui contratti di ministeri e parastato, verteva principalmente sull’emergenza salariale.
A questo riguardo sembra proprio che ormai in Italia non esista più nessuno che non si sia reso conto di come i salari vadano aumentati, in modo da fargli tenere il passo con l’aumento del costo della vita.
Tutti i partiti, sia di centro-sinistra che di centro-destra, hanno dichiarato come prioritaria la questione salariale, ma un aumento dei redditi lo chiede anche Bankitalia, preoccupata per quella riduzione dei consumi che tanto male fa all'economia, e di aumenti salariali parlano anche Confindustria e gli stessi sindacati confederal-concertativi che, dopo anni di moderazione salariale e celebrazione del modello concertativo, scoprono ora di non aver saputo difendere i salari dall'inflazione né tanto meno di essere riusciti a garantire equità nella distribuzione della ricchezza prodotta.
La speranza di tanti lavoratori è quindi che, visto che il problema è universalmente riconosciuto, finalmente i loro redditi aumentino.
Sfortunatamente la strategia elaborata da tutti quei poteri forti di cui sopra fa perno in maniera molto precisa su due criteri, che sono:
- la "manutenzione del modello contrattuale",
- la "riduzione delle trattenute sulle retribuzioni".
Che la ”manutenzione del modello contrattuale” non si risolva in un vantaggio per i lavoratori lo evidenzia in maniera molto chiara il contratto appena firmato dei metalmeccanici. Infatti Confindustria, a fronte di aumenti che comunque non coprono la fetta di salario erosa dall’inflazione, ha preteso l’aumento degli straordinari obbligati. In parole povere i metalmeccanici per guadagnare meno di prima (come potere d’acquisto), devono in compenso lavorare di più.
E che tutto questo non sia casuale lo dimostra il fatto che in quell’accordo sul welfare fortemente voluto da quei sindacati confederal-concertativi di cui sopra, sia stata provvidenzialmente prevista la detassazione degli straordinari.
E’ quindi evidente come il significato reale di “manutenzione del modello contrattuale”, sia quello di approfittare degli aumenti contrattuali per arrivare ad una ulteriore spremitura dei lavoratori, ed è anche evidente come questo sia il frutto della complicità fra chi gli interessi dei lavoratori è anche normale che non li faccia, in questo caso Confindustria, e chi invece gli interessi dei lavoratori dovrebbe proprio farli ma se ne guarda bene, ovvero quei sindacati che sono così legati al potere da estromettere dai tavoli di trattativa qualsiasi sindacato che si permetta di non condividere le loro idee sui contratti.
Passando al criterio della “riduzione delle trattenute sulle retribuzioni”, che a livello parlamentare è stato invece sponsorizzato da ambedue gli schieramenti politici, si nota come prenda avvio da un assunto molto semplice: se si riduce la tassazione la retribuzione netta aumenta.
Su questa linea d’azione rimangono però non poche perplessità.
E' chiaro che riducendo le tasse sulle retribuzioni aumenta il netto in busta paga, ma questo non è un aumento salariale, è semplicemente l'anticipazione in busta paga di quello che lo stato dovrebbe fornire in termini di salario sociale (servizi, istruzione, sanità ecc).
Infatti cosa sono le tasse se non un contributo che tutti dobbiamo fornire per il funzionamento dello Stato e dei servizi che questo deve erogare, in conformità al dettato costituzionale che a quei servizi hanno diritto tutti, indipendentemente dalla propria condizione sociale.
E’ chiaro che se dovesse passare la logica di ridurre le tasse come volano dello sviluppo (misura sostenuta con forza anche da Bankitalia), la conseguenza immediata sarebbe un peggioramento delle disponibilità di spesa pubblica a sostegno di quei servizi che dovrebbero invece essere garantiti a tutti.
Sarebbe quindi una misura che non solo peggiorerebbe le condizioni di vita di pensionati e lavoratori (e che di fatto ridurrebbe ancora di più il potere d’acquisto dei salari) ma spianerebbe completamente la strada alle privatizzazioni selvagge.
Privatizzazioni che sono tanto più odiose quanto più permettono ai poteri forti di speculare in maniera sempre più pesante sulla qualità della vita, e sulla pelle stessa, di chi non si può difendere.
Per capirci quel genere di privatizzazioni per cui, per esempio, vieni curato in ospedale solo se hai i soldi, oppure se vinci la causa con la società di assicurazioni a cui hai affidato la tua polizza sanitaria.
La strada della ”riduzione delle trattenute sulle retribuzioni” risulta quindi una strada piena di pericoli, facile da sdoganare per i suoi risultati immediati ma destinata a risolversi in un peggioramento per le condizioni di vita dei lavoratori e, proprio come quella della ”manutenzione del modello contrattuale”, in un buon affare solo per chi lavoratore non è.
Molto più difficile ed impegnativo, ma sicuramente più serio, sarebbe invece cambiare linea di pensiero e pensare per un attimo alle reali necessità dei lavoratori, avviando richieste contrattuali più autorevoli o pensando alla reintroduzione di un sistema automatico di adeguamento delle retribuzioni all'inflazione reale.
Non chiacchiere non concertazione
aumenti veri per salari e pensioni
e una nuova scala mobile
per adeguarli al costo della vita
Coordinamento regione Sardegna RdB-CUB P.I.