Documento Congresso RdB Energia, 21 maggio 2010 - Rocca di Papa
In allegato il documento impaginato
Ci stiamo avvicinando ad affrontare un passaggio tra i più importanti della vita della nostra organizzazione sindacale. La costituzione di un nuovo soggetto sindacale che sappia dare ai lavoratori gli strumenti necessari a salvaguardare i propri diritti e i propri interessi, ribadendo sempre con più forza la necessità di un soggetto sindacale di base e indipendente.
Non che questo RdB non lo abbia mai fatto fin’ora ma l’attuale fase politica ci chiama ad una necessaria modifica del nostro modo di essere e di fare sindacato.
La strada percorsa dal capitalismo in questi ultimi decenni è stata quella di non affrontare i problemi dovuti alla crisi di sovrapproduzione delle merci volgendo invece il proprio interesse alla finanziarizzazione del capitale con lo scopo di aumentare i profitti attraverso percorsi nella finanza e in borsa molto rischiosi.
In più sempre con lo scopo finale dell’aumento dell’arricchimento, il capitale ha volto il suo sguardo oltre i nostri confini delocalizzando all’estero tutta una serie di attività che, con l’abbattimento dei costi, gli permettono di alzare ancora di più i profitti.
Un percorso questo che non poteva non coinvolgere anche i lavoratori, sia cercando di toglierli parte del salario, ad esempio con la creazione dei fondi pensione, ma anche attraverso le nuove forme di rinnovo dei CCNL che ormai sono diventati i vademecum per far arricchire sempre di più le parti datoriali a discapito dei lavoratori. Il tutto accompagnato dall’aumento vertiginoso della disoccupazione, in special modo tra i giovani (oltre il 28%), e dal continuo aumento di lavoratori in cassa integrazione.
L’attacco che questo governo insieme a Confindustria sta attuando nei confronti del mondo del lavoro e in particolare di quello “tutelato” è ormai palese, così come è palese la complicità di Cisl e Uil nella cogestione degli interessi del profitto, tutto a spese dei lavoratori.
A fronte di questa situazione di profonda crisi economica e sociale che forse mai il nostro Paese ha vissuto, la RdB, già da tre anni, aveva cercato di avviare una riflessione all’interno della CUB.
Ci chiedevamo se la nostra struttura fosse adeguata, ovvero se potessimo ancora essere quell’alternativa necessaria a rappresentare le vere esigenze di tutti i lavoratori.
Percepivamo la necessità di far diventare la CUB il punto di riferimento vero per tutta la classe lavoratrice; lo dimostrano i vari momenti assembleari che dal 2007 ad oggi si sono succeduti, ma lo dimostra anche il largo consenso e la condivisione della nostra analisi da parte delle altre realtà del sindacalismo di base.
Tutto ciò non è avvenuto all’interno della CUB, anzi, sul piano politico si è creata, da parte di alcuni, una chiusura totale, facendo emergere così le vere diversità che nel tempo si erano annidate all’interno della confederazione.
Si è giunti così, dopo un lungo periodo di confronto e di analisi con altre realtà del sindacalismo di base come SdL e parte della CUB alla consapevolezza di poter costruire una nuova e adeguata Confederazione sindacale.
Questo prevede la nascita di nuove forme organizzative rispetto a quelle attuali e di un nuovo progetto.
La RdB energia attraverso il proprio congresso si dovrà apprestare a votare la “fusione per incorporazione” nel nuovo soggetto privato che nel frattempo verrà creato da SdL intercategoriale.
Prima che tutto il nuovo soggetto privato possa “funzionare” regolarmente ci vorrà del tempo, durante il quale verranno affinate tutte le eventuali problematiche che si presenteranno.
Siamo consapevoli della necessità di doverci attrezzare di tutti quegli strumenti necessari alla difesa della democrazia nei posti di lavoro, degli interessi e dei diritti dei lavoratori e di tutte quelle tutele che in questi ultimi anni stanno subendo atroci attacchi.
Sarà necessario che ognuno di noi legga attentamente il documento di analisi e valutazione politica prodotta dalla Federazione RdB per aver una maggior completezza della situazione generale.
L’energia in Italia
Come è noto, il fondamentale punto di svolta per l’avvio della profonda riforma del settore, è stata la direttiva europea 96/92, recepita in Italia con il decreto 79/99, l’arcinoto “decreto Bersani”.
E’ altresì noto come detto decreto sia andato ben oltre le richieste europee – limitate agli obiettivi di una timida apertura nell’area della produzione e di una separazione contabile delle imprese integrate - per realizzare un assetto del settore liberista, sicuramente gradito al capitale industriale e finanziario, al principale monopolista e alle stesse aziende locali ma altrettanto certamente destinato – questa era la nostra valutazione nel ’99 - a produrre guasti importanti per il Paese.
L’introduzione della liberalizzazione unitamente allo spezzettamento dell’Enel ha generato la comparsa di molteplici operatori e produttori di energia, con la costituzione in Holding da parte di molte ex municipalizzate che hanno espanso il loro raggio d’azione, diventando così protagoniste sul mercato, anche finanziario, nazionale ed internazionale, attraverso una serie di fusioni-acquisizioni e alleanze internazionali come l’AEM di Milano con Edison, la stessa AEM con l’ASM di Brescia e il nuovo progetto in campo in questi giorni tra le ex municipalizzate di Roma, Bologna, Torino e Genova.
Inoltre oggi ci troviamo davanti a società che attraverso la logica della competizione e quindi lasciando completamente da parte il vero obiettivo, ovvero il servizio all’utenza, cercano di monopolizzare la vendita di tutti i servizi essenziali attraverso logiche di mercato uguali a quelle di qualsiasi prodotto più o meno indispensabile alla vita dei cittadini.
La risposta che l’Enel ha dato allo spezzettamento imposto in casa dai vari decreti Bersani e Letta è di una continua espansione all’estero, sia acquistando centrali, anche nucleari, e miniere di carbone, solo per fare qualche esempio, sia con l’acquisizione del pacchetto di maggioranza di Endesa che oltre ad aprirgli il mercato dell’America Latina la rende seconda impresa europea produttrice di energia.
Un ruolo sicuramente non secondario ce l’ha anche l’acqua e ovviamente le società che la gestiscono. Con il nuovo decreto Ronchi licenziato lo scorso novembre, le società cosiddette pubbliche che gestiscono l’acqua devono abbassare la loro quota di “proprietà pubblica” fino ad un massimo del 30% del valore societario, lasciando così campo aperto a tutti quei soggetti esteri e italiani che hanno deciso di rafforzare e rilanciare la loro logica di profitto attraverso l’oro blu.
Sicuramente l’argomento acqua non è insensibile ai cittadini, che ne hanno dato prova con la riuscitissima manifestazione dello scorso 20 marzo a Roma di cui RdB ne è stata una delle promotrici.
La liberalizzazione dei servizi pubblici e i processi di societarizzazione hanno dato la possibilità alle aziende di entrare in campi prima inesplorati compreso l’area igienico-ambientale, mettendoci nella condizione di dover fronteggiare situazioni eterogenee, con applicazioni di contratti di lavoro diversi che altro non fanno che creare scollamento e divisioni tra i lavoratori, senza parlare dell’uso di contratti atipici e di esternalizzazioni continue.
A questo proposito penso che la parola d’ordine del contratto unico vada ripresa e fatta vivere tra i lavoratori.
Questa situazione ci fa capire quali dimensioni abbiano assunto le aziende che operano in questo settore, ma soprattutto ci fa capire quali ulteriori difficoltà incontriamo noi a causa della molteplicità di società che hanno invaso il campo energetico-ambientale.
Non possiamo quindi non tener conto dei riflessi di queste trasformazioni sulla condizione dei lavoratori e di quali ulteriori difficoltà abbia incontrato la nostra organizzazione sindacale nell’entrare in contatto con nuove realtà nel tentativo di estendere il nostro raggio d’azione.
La frantumazione della categoria in svariate società, in competizione feroce tra di loro per la conquista di fette di mercato in un settore comunque caratterizzato dal dominio del più forte ha prodotto un livellamento verso il basso delle condizioni contrattuali che ha avuto riflessi sia dal punto di vista salariale che professionale, con la scomparsa di garanzie e diritti acquisiti; ha fortemente attaccato l’unità e la forza dei lavoratori anche a causa dello smagrimento delle centrali di produzione, dovuta anche alle politiche d’importazione dell’energia dall’estero, relegando molte di esse a meri supporti occasionali.
La nostra situazione
Dal punto di vista sindacale le difficoltà per noi sono aumentate considerevolmente; la mancanza dei diritti sindacali, quasi del tutto generalizzata, che se non impedisce alle strutture e ai compagni consolidati di agire, rappresenta un grosso ostacolo per chi invece vorrebbe insieme a noi aprire nuove strutture e dar vita ad una attività sindacale fuori dalle logiche concertative.
Nonostante tutto, la sfiducia prodotta dai sindacati confederali nei lavoratori e la voglia comunque da parte loro di difendere i loro diritti ci ha permesso ultimamente di affacciarci in realtà fino ad oggi a noi blindate, come l’ENI dove proprio in questi giorni abbiamo iniziato ad avere nuovi contatti per avviare un nuovo discorso in una società del gruppo, oltre a quella con cui abbiamo già avviato un percorso sindacale da oltre due anni. Inoltre si sta prospettando la possibilità di aprire una struttura anche nella società del gas e dell’acqua di Genova.
La possibilità di allargare la nostra categoria c’è e dipende solo da noi la sua riuscita. Non dobbiamo però commettere l’errore di continuare a rinchiudere la nostra capacità di sviluppo in un discorso meramente “aziendalistico”. Dobbiamo invece avere la capacità di rapportarci sul territorio e di considerare quindi il nostro un settore con caratteristiche all’interno della nuova categoria del privato.
Le proposte
La riflessione all’interno di questo congresso deve dunque approfondire i nostri programmi e discuterne insieme affinchè con la nascita del nuovo soggetto si avvii una nuova fase anche per il nostro settore.
A questo proposito penso sia necessario:
· L’individuazione precisa di una struttura di coordinamento che sia effettivamente direzione del settore, capace di individuare i problemi, indirizzare l’intervento e supportare le situazioni aziendali, e che lavori confrontandosi con continuità e periodicità.
· Instaurare relazioni continue tra le nostre strutture aziendali, con l’obiettivo di rafforzare le battaglie comuni, avvalendosi dell’esperienza reciproca in modo da affrontare con più forza le controparti.
· Un rapporto con le nostre strutture regionali e provinciali, necessari, alla luce del continuo e inarrestabile processo di liberalizzazione e privatizzazione, ai sempre più incipienti processi di mobilità, di diminuzione dei livelli occupazionali e aumento di lavoro precario.
· Intensificare i rapporti con le realtà sociali esistenti sul territorio che si battono per la difesa dell’ambiente, per la gestione dei beni comuni e, con successo contro le devastazioni del territorio.
Voglio ricordare a tutti che dopo il successo della manifestazione del 20 marzo a difesa dei beni comuni e contro la privatizzazione dell’acqua, RdB ora e il nuovo soggetto privato in seguito sono tra i promotori del nuovo referendum che chiede l’abolizione del decreto Ronchi e in particolare tutto ciò che riguarda la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici.
La raccolta delle firme avrà inizio tra il 24 e il 25 di aprile e l’obiettivo da raggiungere sarà quello delle 700.000 firme.
A me sembra che ci siano tutti i presupposti affinchè la nostra categoria, ma soprattutto la nostra nuova realtà sindacale che sta nascendo, possa avviarsi ad un passaggio che la vede protagonista nel nostro Paese, ma soprattutto tra i lavoratori come l’unica realtà in grado di difendere fino all’ultimo i diritti e le tutele di tutti.