DI RITORNO DALLA PALESTINA
Il Dipartimento Internazionale dell’Unione Sindacale di Base ha partecipato alla ‘Conferenza Internazionale in Solidarietà con il popolo Palestinese’ tenutasi lo scorso 6 e 7 dicembre a Ramallah, Territori Palestinesi, organizzata dalla FSM (Federazione Sindacale Mondiale) e da GUPW (General Union of Palestinian Workers)
Alla conferenza, oltre alla delegazione italiana dell’USB, erano presenti delegazioni sindacali da Francia, Spagna, Grecia, Cipro, Russia, Turchia. La conferenza è stata presieduta da George Mavrikos, segretario generale della FSM.
L’obiettivo principale della conferenza è stato quello di portare al popolo Palestinese solidarietà concreta, attraverso azioni materiali che promuoviamo e promuoveremo nel prossimo futuro come sindacati di classe, basate sul carattere antiimperialista e anticapitalista della FSM e di tutte le organizzazioni che ne fanno parte.
La sera del 5 dicembre, appena arrivati a Ramallah, abbiamo partecipato ai funerali di un giovane di 27 anni, Abdel Rahman Bargouti, ucciso il giorno prima dall’esercito israeliano a uno dei tanti posti di blocco che massacrano la vita dei palestinesi.
Nei giorni della conferenza abbiamo seguito con attenzione e dolore gli interventi dei compagni palestinesi.
Con video e spiegazioni molto dettagliate ci hanno raccontato di una situazione invivibile per i lavoratori e tutto il popolo palestinese.
Costretti in una gabbia, circondati da muri, filo spinato e check point, parlare di normalità in Palestina è un ossimoro. Qualsiasi forma di normale quotidianità è negata.
Anche le classi sociali agiate, presenti nei territori occupati come in ogni altro paese nel quale vige lo sfruttamento capitalistico, sopportano il fardello del regime di occupazione israeliano, fatto di chiusure, accerchiamenti, posti di blocco che rendono un incubo - quando non impediscono completamente - ogni spostamento. Andare al lavoro o a scuola è un percorso lungo e difficile, durante il quale si subiscono quotidiane angherie e soprusi, non di rado si è uccisi, come applicazione della strategia di lento annientamento pianificata da Israele contro il popolo palestinese.
E poi c’è la brutalità dei coloni israeliani, che terrorizzano i villaggi palestinesi e molte città, come Hebron, che abbiamo visitato.
Al-Khalīl, (Hebron ) vede la presenza di sette insediamenti israeliani in pieno centro storico. I coloni, protetti dall’esercito, occupano le case e le scuole dei palestinesi e da lì si espandono, come un cancro. Durante un percorso a piedi nel centro storico, abbiamo assistito allo spostamento di alcune barriere di cemento e acciaio di alcuni metri in una arteria laterale alla strada che stavamo percorrendo. Lo spostamento, effettuato da un bulldozer blindato, aveva l’obiettivo di aumentare il limite fisico che i palestinesi non devono superare. Una pratica quotidiana, che toglie sempre più spazio vitale a una popolazione che da millenni vive in quelle terre.
I coloni di Hebron, dalle case occupate arbitrariamente, trattano i Palestinesi come spazzatura, attraverso umiliazioni continue, impedendo ai palestinesi di andare lavorare, a scuola, di vivere. Lo Stato d’Israele, potenza occupante, pratica e sancisce così la segregazione dei Palestinesi, impedendo accessi a strade e case, costringendo la popolazione palestinese ad installare recinzioni aeree, per proteggersi dai coloni israeliani che lanciano continuamente oggetti e sporcizia sui passanti. Impunemente. Israele controlla le strade, l’acqua, l’accesso ai luoghi di lavoro alle scuole, la terra da coltivare.
Durante la conferenza le varie relazioni dei rappresentanti sindacali palestinesi trasudavano sofferenza. I racconti e i numeri riportati evidenziano lo stato di terrore nel quale vive il popolo palestinese. Nel corso degli ultimi due mesi, dall’inizio di ottobre alla prima settimana di dicembre, sono stati uccisi 120 palestinesi, tra i quali 26 bambini. La polizia e l’esercito israeliani sparano e uccidono ogni giorno.
Chi ha un lavoro, pur partendo con incredibile anticipo per giungere nel proprio luogo di impiego, deve prima passare attraverso check point e angherie, non sempre riesce a raggiungere il posto di lavoro, dato che spesso si viene fermati e imprigionati, quando non uccisi. Nei posti di lavoro non vi è alcuna sicurezza e spesso, se dipendenti di aziende israeliane, dopo 2/3 mesi di lavoro scatta il licenziamento senza alcun preavviso, garanzia né versamento del salario.
Il livello di disoccupazione nei territori è altissimo, 45%, la condizione delle donne sui posti di lavoro è estremamente più pesante di quella degli uomini. Il livello di mortalità è molto alto. I dati riportati durante la conferenza descrivono una situazione a Gaza ancora più pesante.
La cosiddetta “Intifada dei coltelli” è, nelle parole dei vari delegati palestinesi, una costruzione ad arte per giustificare le uccisioni.
Sono state più volte evidenziate le politiche di distruzione sistematica della società palestinese, attraverso case demolite, ulivi tagliati, continue uccisioni ma nessuna sanzione per Israele.
Dal 2010 gli Stati Uniti hanno incrementato le loro politiche d’ingerenza contro il mondo arabo. Le cosiddette “primavere arabe” hanno creato una catastrofe in Medio Oriente, per distruggere i paesi arabi e controllare le risorse. Sono state chiamate ‘primavere’ per dare un aspetto positivo a questi processi, che avrebbero dovuto portare alla democrazia, alla giustizia e alla modernità, ma le forze di destra se ne sono appropriate, portando terrorismo e distruzione.
E’ stata ribadita la condanna delle stragi in Francia e in California.
Giudizio netto su Stati Uniti e Unione Europea: paesi imperialisti complici di Israele e delle sue politiche contro il popolo palestinese, complici della situazione in Libia, in Siria, in Libano. Le aggressioni imperialiste hanno il fine di creare nuovi confini, usare le risorse naturali dei paesi del Medio Oriente. Per legittimare i vari interventi militari si usa cinicamente la propaganda e l’ideologia della "esportazione della democrazia". I frutti di queste politiche sono sotto gli occhi di tutti. Interi Stati distrutti, centinaia di migliaia di morti e feriti, milioni di profughi.
Dopo gli attentati di Parigi, l’abbattimento dell’aereo Russo nel Sinai, le stragi in Libano, in Turchia la priorità per l’Occidente è la guerra al terrorismo. Non si usa lo stesso parametro per il terrorismo che subisce da oltre 60 anni la Palestina, da parte di uno Stato, quello israeliano, rappresentato invece dalla propaganda occidentale come l’unica democrazia in Medio Oriente.
Forte è stata la richiesta dei compagni del GPUW di stare al loro fianco non solo con le parole ma con un supporto reale. Siamo stati sollecitati a sviluppare una costante pressione sui governi dei vari paesi e sulla UE, chiedendo l’interruzione di ogni collaborazione scientifica e universitaria con Israele. In questo senso, importante è il sostegno alla campagna internazionale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Il boicottaggio è stato efficace contro l’apartheid in Sudafrica, deve esserlo anche contro Israele.
Tutti i delegati stranieri e le corrispondenti organizzazioni sindacali, a partire dalla FSM, sono sollecitati a chiedere con forza il ritiro delle truppe e delle colonie israeliane dalla Palestina, l’autodeterminazione e la nascita di uno Stato Palestinese indipendente con Gerusalemme capitale, il diritto al ritorno per i profughi palestinesi.
L’Unione Sindacale di Base, da sempre al fianco del popolo palestinese, alla luce dell’ulteriore incrudimento delle politiche criminali di Israele, s’impegnerà ancora di più nei prossimi mesi su questi obiettivi, costruendo iniziative in tutte le città dove sono presenti le proprie strutture, con l’obiettivo intermedio di una conferenza internazionale in solidarietà con il popolo e i lavoratori palestinesi da tenersi in Italia.