Del Multiservizi e altri demoni: appalti e lavoro povero al centro dello sciopero generale del 13 dicembre.

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Quando citiamo il CCNL Multiservizi è sempre complesso definirne un confine chiaro: nato in favore delle aziende di pulizia e piccole manutenzioni, questo contratto si è diffuso in moltissimi settori e si è allargato a macchia d’olio, in una giungla di concorrenza fatta di appalti a ribasso e controlli inesistenti con il preciso obiettivo di ridurre al minimo il costo del lavoro.

I luoghi dove viene applicato, come detto, sono frammentati, così come i lavoratori presenti nello stesso luogo di lavoro: si appartiene ad appalti diversi, si hanno spesso differenti datori di lavoro e mansioni.
Non ci si riconosce come corpo unico, non si costruiscono le rivendicazioni comuni. I settori di applicazione sono molteplici e investono tanto il privato quanto il pubblico. Un esempio lampante della funzione di questo contratto nel privato può trovarsi nella vertenza delle lavoratrici in appalto della Ferrero addette al confezionamento che dopo anni di contratti pirati provinciali si sono viste riconoscere il CCNL Multiservizi al posto del CCNL Alimentari industria, ecco come si esprime la volontà di fare profitto sul costo della mano d’opera in un’azienda che nel 2023 ha prodotto 17 miliardi di fatturato, con una crescita del 20,7%.

Eppure quello citato non è un caso estremo o isolato, anzi restituisce una fotografia della funzione rivestita da questo contratto in termini di politiche salariali che in breve tempo ha fatto scomparire anche le forme più atipiche del lavoro, non più necessarie di fronte a un contratto legale così povero. Chi ne ha colto i benefici immediati è stato infatti anche il comparto pubblico, dove Il taglio alla spesa è avvenuto con il blocco del turn over da parte della P.A. e l’esternalizzazione di servizi pubblici una volta in capo alle stesse amministrazioni; oggi gli addetti a cui viene applicato i CCNL Multiservizi sono 600.000 e i settori pubblici dove è maggiormente applicato sono sanità, scuola, ricerca, beni culturali, igiene ambientale, turismo.

Oggi il CCNL Multiservizi è l’esempio lampante di una vera e propria legalizzazione dello sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici e rappresenta in maniera plastica l’unione d’intenti tra Privato, pubblico e sindacati confederali CGIL, CISL e UIL: tenere basso il costo del lavoro e utilizzare la contrattazione nazionale come un dispositivo di servitù all’esigenze economiche tanto dei datori di lavoro per il profitto quanto dell’economia di guerra per agevolare esternalizzazioni e tagli.

Forse se di “rivolta sociale” si vuole parlare sarebbe sufficiente dare segnali meno retorici ma chiari ai lavoratori e alle lavoratrici, come togliere le firme da questi contratti che affamano e rendono il lavoro povero.

Uscire dalla giungla del lavoro sottopagato è possibile e necessario, come stanno dimostrando sempre più lavoratori che si organizzano e scelgono di lottare per il miglioramento delle loro condizioni e che hanno come fronte comune imprescindibile adeguamenti salariali e re - internalizzazione, verso la scadenza contrattuale del 31/12/24. Il continuo aumento della povertà e il definitivo affossamento da parte della politica del salario minimo, fanno emergere ancora di più il tema del lavoro povero che sarà al centro dello sciopero generale del 13 dicembre insieme a quello del contrasto all’economia di guerra; uno sciopero che non accetta compromessi con chi ha fatto della contrattazione nazionale un dispositivo di impoverimento del lavoro e ne individua con chiarezza i responsabili.

USB Nazionale