C'è poco da star tranquilli
A leggere le notizie sulle questioni del lavoro di questi giorni ci si accorge che viviamo una situazione eccezionale in uno stato di quiete relativa piuttosto anomala.
La prima questione che viene avanti è quella della trattativa sul mercato del lavoro. Si capisce ancora molto poco di quali saranno i provvedimenti e le modifiche che verranno adottate, quel che si sa per certo è che ci troveremo di fronte a nuove norme che favoriranno le imprese e renderanno ancora più instabile e lontano l realizzazione del diritto al lavoro giusto.
Ci permettiamo di dire, forse un po’ in controtendenza, che la questione dell’articolo 18 rischia di essere la foglia di fico ideologica dietro cui si nascondono nefandezze altrettanto gravi, dall’apprendistato a vita senza diritti, all’auto-pagamento dell’indennità sostitutiva della cig straordinaria.
Come dire che ai padroni si continuano a regalare miliardi di soldi pubblici pur di non far decollare il conflitto, mentre i lavoratori avranno in cambio solo quanto saranno riusciti ad accantonare utilizzando un parte del proprio salario, altrimenti ciccia.
Però viene fuori, quasi di soppiatto e quasi come fosse la scoperta dell’acqua calda, che i salari Italiani sono i più bassi in Europa (dati 2007, cioè prima della esplosione della grande crisi che ha massacrato in particolare Grecia e Portogallo).
Invitiamo tutti ad andare a rileggersi le nostre accorate denunce con cui da anni sosteniamo che in tutti i settori, dai metalmeccanici al pubblico impiego, c’è una differenza salariale di almeno il 50% con la Germania a cui siamo secondi in Europa per produzione ed esportazione. Proprio recentemente la DGB tedesca, il sindacato dei metalmeccanici, ha presentato una piattaforma per il rinnovo contrattuale con una richiesta di aumento decisamente importante, molto al di sopra dei famigerati tassi di inflazione che vigono da noi e di cui siamo sempre chiamati a tenere conto pena essere additati da incoscienti che non capiscono la gravità del momento.
Ma se ciò non bastasse ecco materializzarsi la mobilità (licenziamenti! Cominciamo a chiamare le cose con il loro nome, please) nel pubblico impiego.
Il sole 24 ore, cioè il bollettino quotidiano delle vittorie dei padroni sui lavoratori, ci dice in prima pagina che finalmente si fa sul serio. Cioè dice che a differenza di prima, quando i tagli erano “virtuali” perché interessavano le piante organiche formali e non le vere quantità di personale, ora si inciderà direttamente sui lavoratori. Ovviamente saranno più a rischio i settori in cui si sono realizzati accorpamenti di funzioni (enti previdenziali, ministeri ecc. ) ma il rischio diventa concreto per tutti.
Allungare il periodo di lavoro necessario per andare in pensione, portare fino a 66 anni l’età per andarci non solo frega i giovani per i quali si libereranno ancora meno posti e quindi non potranno mai accedere alla pubblica amministrazione, ma tiene bloccate le piante organiche dando così una mano a chi non vede l’ora, nel governo dei miliardari, di potersi fregiare anche di questa campagna di licenziamenti.
Il problema più pressante però e come fare ad impedire che Cgil, Cisl, Uil e Ugl contribuiscano a far precipitare queste situazioni scegliendo, come sempre, politiche di accompagno delle scelte del governo dei miliardari e di quelle dei padroni (che però almeno hanno fatto giustizia definendo fannulloni e ladri anche i dipendenti privati!) con la solita scusa di “impedire guai peggiori”.
Alcuni strumenti sono a portata di mano, come ad esempio votare in massa le liste USB alle elezioni delle RSU nel pubblico impiego del 5/7 marzo prossimi, altri sono più di prospettiva e comportano la ripresa delle lotte, la cancellazione dai sindacati corporativi per impedirgli di avere, a mente dell’accordo del 28 giugno e dell’articolo 8 della manovra di luglio, i numeri per poter continuare a sottoscrivere accordi contro i lavoratori.
C’è solo da scegliere se farlo o meno. Noi ovviamente vi invitiamo a farlo subito. Per cercare di stare più tranquilli.