C'è bisogno di aria nuova, c'è bisogno di cambiamento, c'è bisogno di conflitto!
Se si dovesse giudicare la situazione sociale ed economica del paese da ciò di cui discutono i partiti in questi giorni ci verrebbe da pensare che in fondo i grandi problemi italiani siano la legge elettorale, il futuro di Berlusconi, la percentuale di voti del Movimento 5 Stelle, dove va Montezemolo e se vince Renzi o Bersani alle prossime primarie del PD.
Questo scenario ci dice invece che sono proprio le forze politiche ad aver abbandonato il paese ed i suoi problemi nelle mani dei “tecnici” delle banche internazionali e dei grandi gruppi finanziari.
Monti ed il suo governo, dopo i danni enormi prodotti in questi dieci mesi seguendo per molti versi le orme di Berlusconi e per altri i dettati dei cosiddetti “mercati”, dopo aver aumentato tasse e inflazione, peggiorato le pensioni e ridotto drasticamente il potere d'acquisto di lavoratori e pensionati, aumentato la disoccupazione e peggiorato il precariato, dopo aver proseguito le politiche di deindustrializzazione e di abbandono di qualsiasi azione industriale, dopo aver ridotto Cgil, Cisl, Uil e Ugl, con le dovute sfumature, a semplice notaio dei propri atti, dopo essersi scagliato violentemente contro lo Statuto dei Lavoratori con un attacco ideologico prima ancora che economico e sindacale, oggi continua nel suo ineffabile e monotono soliloquio.
Ora, dovendo ammettere che di crescita non si può parlare, ci dice che serve un nuovo Patto Sociale tra le forze sociali per aumentare la produttività: ma è così difficile comprendere che se si chiudono le aziende e le attività commerciali l'aumento della produttività non serve a nulla, se non a far fare più utili alle aziende che rimangono in piedi? Se manca il lavoro e quel poco che c'è si suddivide per un numero minore di lavoratori (perché questo significa aumentare la produttività del lavoro) si va in senso contrario a ciò che invece si dovrebbe fare: ridurre l'orario di lavoro a parità di salario per aumentare gli occupati e redistribuire il reddito complessivo del paese che negli ultimi dieci anni ha subito un fortissimo passaggio dalle tasche dei lavoratori a quelle di padroni, e banchieri.
Ma così dice Monti, così richiede la UE, la stessa che insieme alla BCE e al FMI vorrebbe imporre le 13 ore di lavoro in Grecia.
Monti dice anche che per fare ciò serve applicare bene l'art. 8 del provvedimento Berlusconi del settembre 2011. Si tratta in definitiva delle deroghe contrattuali per dare il massimo peso alla contrattazione aziendale e uccidere definitivamente il contratto nazionale. Questo è ciò che di fatto è stato reso possibile da CISL, UIL e UGL con l'Accordo del 28 giugno 2011 e sottoscritto anche dalla Cgil nel settembre dello stesso anno. In pratica fare fuori il contratto nazionale vuol dire aprire la strada ai tanti piccoli Marchionne che non vedono l'ora di poter trattare su posizioni di forza direttamente con il sindacato aziendale, evitando così le norme e le tutele (perché questo dice l'art.8) previste dal contratto nazionale.
Si dice anche che così sarà possibile far cadere qualche spicciolo nelle tasche dei lavoratori: ciò che non dicono è che ciò sarà possibile soltanto nelle grandi aziende che fanno soldi (e dove sono in Italia) e che comunque quei quattro denari saranno ben compensati da aumenti della flessibilità, della precarietà, degli straordinari e dell'orario di lavoro e dalla cancellazione dei diritti.
Non sono solo ipotesi, già CGIL CISL UIL si sono incontrati con Confindustria e parlano di sperimentare nel contratto dei chimici, il cui rinnovo parte tra poche settimane, questo tipo di contrattazione: e la Fiat a questi sindacati non dice nulla?
Le promesse di Fabbrica Italia e degli investimenti faraonici in Italia in cambio del contratto aziendale e della morte di quello nazionale dei metalmeccanici, cancellati con una dichiarazione giornalistica: cose che soltanto qualche anno fa avrebbero scatenato l'inferno per tutti i 1.300 km di questo benedetto paese.
Il prendi i soldi e scappa di Marchionne e degli Agnelli sollecita soltanto ipocrite dichiarazioni, mentre Bonanni si affretta a dichiarare,con una gran faccia di bronzo, che finalmente si riparla di concertazione.
Se la cosa non fosse tragica ci sarebbe da ridere, perché non si comprende più come fanno milioni di lavoratori a rimanere legati a questi sindacati che stanno portando al macello sociale l'intero mondo del lavoro italiano,la sua storia e le sue conquiste.
Ma consci del loro possibile declino e per paura che il mugugno e la protesta diventino dissenso organizzato e concreta alternativa, questi sindacati cercano di premunirsi anche dal punto di vista della rappresentanza. Magari con modifiche al già pessimo accordo del 28 giugno del 2011, prevedendo che, come accade già in alcuni settori, le RSU possano essere indette solo dai firmatari dell'accordo nazionale. Così dove l'alternativa sindacale è viva e presente non si fanno le RSU e si riesumano le RSA: questa è la loro democrazia!
Se non si inverte questa tendenza al massacro ricominciando ad alzare la testa dal punto di vista sindacale e politico, nelle fabbriche e nei posti di lavoro come nelle piazze e nelle strade di questo paese, se non lo si fa in fretta e nel miglior modo possibile, si rischia di entrare in un percorso irreversibile dove le uscite dalla crisi saranno ancor più pesanti delle attuali condizioni, sia dal punto di vista economico, sia sociale.
Se non si comincia a parlare seriamente di non pagare il debito che è stato accumulato per pagare banche e finanza internazionale, padroni e mercati e se non si rivedono le posizioni sul ruolo del pubblico nell'economia, sulla nazionalizzazione di banche e grandi aziende per uscire dalla crisi attraverso un percorso difficile, ma possibile, che escluda il dio mercato dai nostri dogmi, allora tutto diventa più difficile.
E sindacalmente non è sufficiente neanche lottare se non si capisce esattamente contro chi e per cosa dobbiamo farlo: è necessario comprendere che cosa sta accadendo, attrezzarci e organizzarci adeguatamente dal punto di vista sindacale e raggiungere un consenso che permetta al dissenso di diventare alternativa..
C'è bisogno di aria nuova: c'è bisogno di cambiamento, c’è bisogno di conflitto!