Bene che la quarantena sia trattata come malattia, ma nessuno si azzardi a trattare la malattia professionale come una quarantena!

Roma -

Chi pagherà per la salute di chi si ammala sul lavoro? La bozza del decreto "salva-Italia", che dovrebbe essere ratificata nei prossimi giorni, prevede alcune ulteriori misure, anche economiche, volte a contenere l'impatto dell'emergenza Coronavirus. Tra le norme speciali c’è quella contenuta nell'art.18 che pone a carico dello Stato il pagamento della retribuzione e della contribuzione figurativa per i lavoratori dei settori privati posti in quarantena, con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria, ossia coloro che sono venuti in contatto con un contagiato o che hanno transitato nelle cosiddette "zone rosse". Tale provvedimento, che pone rimedio ad un buco dell’ordinamento, è sicuramente apprezzabile. E infatti in caso di quarantena, i lavoratori sono assenti per “malattia” ma non sono ancora certificabili come “malati” ed anzi l’auspicio a ciascuno di loro è che non lo divengano mai. 

Ma che succede se nel corso della quarantena compaiono i sintomi?  E che succede se, a causa della categoria di impiego o per evidenti connessioni epidemiologiche, sia evidente la connessione tra la malattia (e tutte le sue possibili conseguenze) e l’attività lavorativa? E che succede se, per di più, l’infezione si è sviluppata all’interno di un posto di lavoro ove il datore non ha adottato tutte le precauzioni possibili e, quindi, doverose?

Al riguardo Usb invita il governo a porre a carico dello Stato solo la quarantena preventiva e cautelare e contemporaneamente a prevedere che ai lavoratori infettati dal coronavirus venga riconosciuta automaticamente la natura di malattia professionale, con il riconoscimento di tutti i dovuti emolumenti e benefici connessi.

Rivolgiamo inoltre un appello ai lavoratori che avessero fondato motivo di aver contratto il virus sul posto di lavoro, laddove il contagio sia stato causato dalla mancata adozione di tutte le misure precauzionali da parte del datore di lavoro, ad effettuare la dovuta denuncia all’INAIL, per il riconoscimento della malattia professionale, oltre che a valutare l'ipotesi di richiesta di risarcimento del cosiddetto “danno differenziale”, in relazione all’avvenuta lesione alla salute.


Fabiola Bravi
p.USB Lavoro Privato