Autostrade, basta chiacchiere: nazionalizzazione
Stiamo assistendo ad un indecente balletto intorno alla gestione del nuovo ponte di Genova che Autostrade vorrebbe mantenere per sé, come da contratto, senza mostrare alcun cenno di vergogna o pentimento per le enormi responsabilità della società nel crollo del Ponte Morandi. Fortunatamente la Consulta ha dato un contributo importante per indirizzare la conclusione della vicenda, ma il Governo nonostante tutto non sembra intenzionato a cogliere il parere della Corte per togliere, finalmente, ad Autostrade la gestione del ponte. Stanno trattando sulle bare dei 43 morti del ponte Morandi, morti a causa della assoluta assenza di controlli, verifiche e manutenzioni da parte della società concessionaria che negli stessi anni in cui evitava ogni intervento di messa in sicurezza elargiva dividendi stratosferici ai suoi azionisti e foraggiava attraverso donazioni cospicue partiti di governo e opposizione.
USB ha indicato subito quale doveva essere la soluzione riguardo alla vicenda genovese: la nazionalizzazione della gestione delle infrastrutture strategiche, come quella della rete stradale e autostradale, eliminando la pratica delle concessioni a società private. Insieme ad altre forze abbiamo costruito una grande mobilitazione nazionale indicando puntualmente quali dovevano essere i fatti concreti da mettere in opera nel caso del Ponte Morandi come anche nei riguardi delle altre aziende strategiche per il Paese, indicando in particolare la necessità di intervenire attraverso la nazionalizzazione tout court in ArcelorMittal, ex Ilva, e in Alitalia. Allo stesso modo indicammo nella creazione di un ente pubblico, una nuova IRI, lo strumento attraverso cui lo Stato si poteva riappropriare del governo dell’economia e dell’intervento di politica industriale necessario ad impedire che grazie a delocalizzazioni e cessioni a multinazionali l’apparato industriale del Paese continuasse il suo declino.
A distanza di due anni da quella importante mobilitazione i nodi sono tutti irrisolti, la mano pubblica rischia di entrare nella gestione delle aziende strategiche senza averne la piena proprietà, accontentandosi di andare a fare da spalla con le tasche piene a imprenditori, cordate, multinazionali che nella loro vita hanno dimostrato di essere totalmente dediti alla pratica del prendi i soldi e scappa e di non offrire alcuna garanzia.
USB rilancia con forza, oggi più che mai, la necessità di smetterla con gli indecorosi balletti in atto, mascherati da trattative sempre più inconcludenti, e di procedere immediatamente ad una totale inversione di tendenza attraverso la piena e immediata nazionalizzazione di tutti gli asset strategici italiani.
In presenza della crisi pandemica, il Governo riapre la prospettiva delle grandi opere, della cementificazione, dell’aggressione al territorio e all’ambiente, degli appalti senza controlli, insomma ha nei fatti deciso di riaprire il gran balletto della piena deregolamentazione che è stata alla base di disastri come quello di Genova e non solo, dimostrando di non aver affatto compreso la grande lezione che ci è arrivata dal Covid-19, cioè che questo sistema economico e sociale, messo in piedi sulla spinta degli interessi del capitale, è dannoso e pericoloso per l’umanità.
Unione Sindacale di Base