Addio a Gianni Ferrara
Avrebbe compiuto 92 anni il prossimo 21 aprile, Gianni Ferrara è morto sabato scorso 20 febbraio. Per capirne la fattura umana basta pensare che, nonostante fosse un uomo pubblico, ex parlamentare, professore emerito di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma, ha chiesto di non svolgere funerali, per evitare cerimonie rituali e rituali ricordi di una persona appassionatamente impegnata nell’attività politica, dunque sempre ‘di parte’, sempre molto gentile ma caratterizzata da atteggiamenti non compromissori. Forse ha temuto che anche coloro con cui polemizzava lo avrebbero ipocritamente incensato. Profondamente laico, ricercatore senza pregiudizi, a meno che non si trattasse dei principi costituzionali, perché allora ne diveniva un inflessibile sostenitore considerandoli i presupposti necessari di ogni possibile discorso politico. Per questo, da ‘esperto e rosso’, ha difeso le ragioni del costituzionalismo democratico contro i ripetuti tentativi di demolire principi e organizzazione prescritti nella Costituzione della Repubblica. Ha visto nella Costituzione del ’48 una ‘promessa di rivoluzione’, e quando il ceto politico di quella che fu un tempo la sinistra comunista con la Commissione D’Alema ha portato avanti progetti di demolizione della Seconda Parte della Costituzione, si è opposto, e forte della sua conoscenza del diritto costituzionale, ha argomentato che la Seconda Parte è chiaramente in funzione dell’attuazione dei principi declinati nella Prima, cosicché cambiare l’organizzazione dei poteri, incentrati sulla rappresentanza democratica e sull’esercizio indipendente della giurisdizione, avrebbe intaccato, venendo meno la centralità del Parlamento e le garanzie istituzionali, anche i principi fondamentali e con essi i diritti e le libertà di tutti/e.
Gianni Ferrara è stato tra i più attivi animatori di tutte le campagne contro i progetti di controriforma costituzionale, partecipando all’organizzazione dei referendum popolari, anche di quello chiesto dalla maggioranza del centrosinistra sulla revisione del Titolo V, che giudicò ‘un monumento di insipienza giuridica’, pronunciandosi per un convinto NO. Sul referendum sul Titolo V fu e fummo sconfitti, ma aveva visto lungo Gianni Ferrara a definire quella revisione costituzionale del 2001 un prodotto di insipienza giuridica se da allora la Corte costituzionale è stata intasata di ricorsi per l’interpretazione di quelle confuse norme che ancora oggi spargono effetti velenosi, dato che, facendo leva sul comma 3 dell’articolo 116 revisionato, le Regioni del Nord chiedono di divenire entità sovrane attraverso la secessione dalla Repubblica. Con il presidente Scalfari si impegnò nel referendum contro le deforma costituzionale di Berlusconi e, poi, con Alessandro Pace contro quella di Renzi e Boschi.
Gianni Ferrara era un’espressione alta dell’intellettuale militante, che usava il sapere – e ne aveva tanto – per sostenere le cause delle classi popolari, innanzitutto di quelle operaie, sempre in base ai principi costituzionali, ai principi cioè della democrazia costituzionale. Pur legato, se non altro per ragioni anagrafiche, alle istituzioni del vecchio movimento operaio, capendone però tutti i limiti e le compromissioni, legittimò con la sua autorevolezza di costituzionalista iniziative di minoranze come l’Associazione per la Democrazia costituzionale e prima ancora il CRED, che furono efficaci nel contrastare l’egemonismo che i ceti politici di provenienza PCI e DC tentavano di esercitare sulle attività a difesa della Costituzione repubblicana – proprio essi che erano una delle punte di lancia delle controriforme istituzionali!
Mai, tutte le volte che gli fu chiesto di partecipare alle iniziative del sindacalismo di base, si ritrasse, tanto da tessere rapporti di simpatia, se non proprio di consenso, con l’USB ai cui convegni e seminari partecipò con interesse, perché da loro traeva nuovi punti di vista, informazioni e conoscenze sulle attuali dinamiche dei movimenti dei lavoratori. D’altra parte, la sua attività di costituzionalista lo portava ad affrontare le questioni delle libertà e dei diritti collettivi, come quelle dello sciopero e dell’associazionismo sindacale, esaltando sempre le garanzie che ogni singolo lavoratore deve avere nel loro esercizio.
Voglio ricordare ancora la questione dell’Unione Europea. Non fu mai preso dall’illusione che l’Unione Europea fosse una costruzione democratica, anzi ne sottolineò sempre i caratteri oligarchici, e proprio della Carta di Nizza, da molti salutata quale innesto dei diritti universali nei Trattati, denunciò i caratteri liberisti, a partire dalla questione del diritto di lavorare svilito a libertà della scelta occupazionale, mentre il diritto al lavoro richiede che le istituzioni pubbliche siano il garante ultimo del lavoro per tutti/e. Forse memore delle suggestioni di Hermann Heller, un’altra questione centrale per il suo pensiero è stata il rapporto tra il kratos - forza ma metaforicamente da intendersi come potere in generale - e il demos, il popolo, su cui si arrovellò per declinare in forme consone ai nostri giorni la ‘sovranità popolare’, perché non completamente persuaso che essa potesse risolversi nella sovranità della Costituzione. Fu un convinto sostenitore della funzione emancipatrice del partito politico, e sostenne che la democrazia rappresentativa senza partiti è impossibile, e che questa sta sfaldandosi proprio perché sono venuti a mancare i grandi partiti di massa, artefici della Costituzione. Tali questioni sono materia tutt’ora di discussione e di ricerca che Gianni Ferrara non ha mai smesso di perseguire, anche quando le energie per via dell’età lo stavano abbandonando. Ancora quest’inverno parlava di un suo vecchio sogno di mettere mano a una teoria generale del diritto e del potere, a testimonianza della sua ininterrotta sete di conoscenza da mettere al servizio dell’emancipazione delle classi popolari.
Da buon laico non ha chiesto funerali perché contava sulla forza viva delle sue idee, su cui noi siamo chiamati ancora a ragionare.
Franco Russo
Centro di iniziativa giuridica Abd El Salam