AAA CERCASI POVERI O MERITEVOLI, POSSIBILMENTE SFIGATI, PER RINNOVO CONTRATTO.
Ai tempi di Renzi l'adeguamento del potere d'acquisto dei salari dei pubblici dipendenti - con un contratto scaduto da ben 7 anni - non è un diritto di per se, ma un'elargizione caritatevole da concedere, semmai, come una mancia.
Per questo esecutivo di giovani rampanti - che di ore di lavoro ne deve aver collezionate una cifra vicina allo zero - non è sufficiente fare l'infermiere, l'insegnante, la maestra d'asilo, il vigile del fuoco; occuparsi di pensioni, sicurezza del e sul lavoro, giustizia, lotta all'evasione fiscale, ricerca, patrimonio culturale e tanto altro ancora; non bastano titoli di studio, formazione e concorsi, senza i quali non si accede alla PA; se non sei povero, sfigato, possibilmente con svariati figli a carico, fedele al dirigente di turno - ovviamente meglio se più d'una insieme - il tuo lavoro non è degno di veder riconosciuto il diritto ad una giusta retribuzione.
Al massimo puoi aspirare ad un po' di assistenzialismo e di precarietà.
Siamo costretti a lavorare in una delle PA più vecchie d'Europa, costiamo 120 miliardi in meno dei nostri colleghi francesi e 75 di quelli del Regno Unito, abbiamo già lasciato sull'altare del risanamento di bilancio 20 miliardi ed oltre 350 mila posti di lavoro, abbiamo 300 mila contratti precari e uno stipendio medio che viaggia intorno ai 1300 euro e, nonostante ciò, continuiamo ad assicurare servizi pubblici essenziali ai cittadini.
O forse che quando si parla di merito ci si riferisce all'esempio dell'imprenditoria stracciona di questo Paese che, nonostante le valanghe di miliardi di incentivi intascati, ha sentitamente ringraziato con licenziamenti, inquinamento del territorio e fughe all'estero?
Renzi e il suo esecutivo disprezzano i dipendenti pubblici così tanto da aver previsto nel DEF, per il rinnovo del contratto di oltre 3 milioni di lavoratori e lavoratrici, appena 300 milioni: 5 euro lordi mensili, 16 centesimi al giorno.
L'annuncio, a reti unificate, di un possibile aumento di risorse nella prossima legge di stabilità e di una ripresa del dialogo con le parti sociali è, in realtà, esibito nell'attesa - e con la speranza - di non inimicarsi una parte di elettorato in vista del referendum costituzionale, dal cui esito dipende la sua sopravvivenza politica.
Non a caso il governo ha convocato i sindacati per poi presentarsi al tavolo senza soldi, senza un testo di legge sul Pubblico Impiego e senza alcuna volontà di interventi normativi mirati all'abolizione della Brunetta e delle sue odiose fasce di merito, che vorrebbero il 25% dei dipendenti pubblici fuori, a prescindere, da una parte consistente di salario accessorio e passibili di licenziamento.
Il voler, poi, derubricare a mere questioni tecniche temi specificatamente politici che toccano la carne viva di milioni di dipendenti pubblici - dal salario alla mobilità, dal precariato alla valutazione, dalle assunzioni all'uso dei disciplinari - la dice lunga sul ruolo che questo governo intende attribuire al sindacato. Ma pur sempre un segno di rinnovata cortesia per i sindacati collaborazionisti, felici di poter così certificare la loro esistenza in vita!
Un ruolo che come USB ci rifiutiamo di esercitare, forti della funzione che, attraverso il conflitto, ci viene riconosciuta dai lavoratori e dalle lavoratrici nei luoghi di lavoro e nelle piazze. A difesa del salario, dei diritti, del lavoro e dello stato sociale.
E proprio a difesa dei servizi pubblici, che come dipendenti della PA quotidianamente con il nostro lavoro salvaguardiamo dalla furia privatizzatrice di questo governo, ci prepariamo allo sciopero generale d'autunno.
Per rivendicare un contratto vero, con aumenti salariali dignitosi per tutti; per cancellare la Brunetta; per abolire il precariato e pretendere assunzioni; contro la mobilità e i licenziamenti; per la democrazia nei luoghi di lavoro.
Per dire un grosso NO al referendum contro la Costituzione e mandare a casa questo governo.