9.4 MILIONI DI LIQUIDAZIONE A MORETTI IL SIMBOLO DI UNA CLASSE DIRIGENTE IMMORALE E INUTILE

Nazionale -

La liquidazione plurimilionaria, ben 9.4 milioni di euro,  portata a casa da Mauro Moretti ex AD di Leonardo Finmeccanica è immorale e ingiustificata. La cifra di se iperbolica, racchiude lo stipendio di un anno di oltre 376 tecnici e operai di medio livello. Cifre come queste equivalgono al margine di profitto di una commessa media, all’investimento di ricerca e sviluppo su un nuovo prodotto, ma soprattutto sono pari all’investimento per rendere più salubre uno stabilimento  o possono essere utilizzate per il rinnovo di un buon contratto integrativo.


Tre anni di lavoro di Moretti, sono costati ben 9.4 milioni di euro.


 La gestione Moretti ha visto una riduzione dei costi, ma a pagarla in primo luogo sono stati i lavoratori con le drastiche riduzioni di posti di lavoro nell’indotto, con l’abbandono di stabilimenti come quello dell’area Campana, con la riduzione dei costi del personale attraverso l’adeguamento verso il basso dei trattamenti.


Una liquidazione infame e immorale, che si prende gioco della sentenza per altro mite per la strage di Viareggio. Sentenza che ha visto Moretti all’epoca AD di RFI, condannato a soli 7 anni, per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo aggravato, in riferimento al deragliamento di un treno carico di propellente che la notte del 29 giugno 2009 arse vive 33 persone, ne ferì oltre 25 e rase al suolo diversi edifici. Su quella strage pesano come un macigno le reiterate denuncie sulla mancata osservanza delle norme di sicurezza. Mentre a Moretti durante l’inchiesta riceveva l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro, Riccardo Antonini un Ferroviere onesto e RLS FILT CGIL combattivo veniva licenziato per aver offerto la sua consulenza ai familiari delle vittime.


 Sembra essere un classico per Finmeccanica- Leonardo dotarsi di dirigenti estremamente s-pregiudicati; Moretti prese il posto di Orsi, condannato a 4 anni e mezzo per corruzione, che a sua volta sostituì l’ex Presidente Guarguaglini anche lui indagato per corruzione assieme a sua moglie Marina Grossi AD di Selex. Sia Guarguaglini che la Grossi si portarono via buone uscite rispettivamente di 5,5 e circa 4 milioni euro, non un sonoro e rude benservito, ma piuttosto cifre che un lavoratore a tempo indeterminato medio (specie in via di estinzione) impiega due secoli a mettere insieme. La distanza tra i dirigenti delle grandi aziende e dipendenti non trova altra spiegazione, se non nel carattere parassitario di una classe dirigente che decide come e quanto affondare le mani nelle casse pubbliche. La corruzione e la crescita esponenziale degli stipendi dei big manager cammina di pari passo con la finanziarizzazione delle imprese, basti pensare alla struttura societarie delle maggiori imprese nazionali e internazionali coinvolte costantemente in intrallazzi e speculazioni. Oggi a capo di Leonardo ci sono Alessandro Profumo indagato più volte per usura e per il crac della società Divania e l’ex Capo della Polizia di Stato Gianni De Gennaro  tristemente noto per la gestione del G8 di Genova 2001, con i casi di tortura alla scuola Diaz e alla Caserma di Bolzanetto.


 Renzi aveva sparato la sua, promettendo un tetto per gli stipendi dei super manager, partendo proprio da Moretti, una boutade politicante che è stata subito smentita dalle nomine di fedelissimi boiardi messi a capo delle maggiori aziende partecipate con relativi superstipendi, anche lì qualche indagato e indagata per corruzione evasione etc.


Potremmo mettere in comparazione la montagna di soldi ogni giorno fagocitata da questa inutile e vorace classe dirigente, con le necessità del paese di ammodernare scuole, ospedali, servizi pubblici, con quante volte e con quali suggestive giustificazioni ci negano salari e pensioni dignitose.


Questa è la cifra della classe dirigente, della borghesia di questo paese, un comitato di affari che specula sull’interesse generale e che in ragione del profitto non si fa nessuno scrupolo di riempire di amianto i polmoni dei lavoratori, di metterli in fabbriche insalubri, alla guida di treni a un binario unico, di farli schiattare mentre raccolgono pomodori, di metterli uno contro l’altro, giovani contro anziani, italiani contro migranti.


Il ricatto del lavoro a qualsiasi condizione è l’arma che ogni volta ci puntano contro, alzare la testa e lottare è l’unica difesa per riprenderci e re-distribuire la ricchezza sociale che produciamo.


 Per quanto tempo ancora gli permetteremo di abusare della nostra pazienza?