8 marzo 2009: in Italia come in Europa ancora soprusi ancora discriminazione ancora resistenza

La Corte di Giustizia europea e il Governo Italiano vogliono pensioni a 65 anni per le lavoratrici del settore pubblico, ma salari e pensioni più basse per tutte le donne!

In allegato il comunicato

Nazionale -

Sacconi e Brunetta  si propongono di ottenere ampie deleghe per modificare ancora il sistema pensionistico, elevando l’età pensionabile delle donne del pubblico impiego a 65 anni, in ossequio a una sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha ritenuto discriminatoria nei confronti delle donne la differenza di età per il diritto alla pensione: 60 anni per le donne, 65 anni per gli uomini.

Lo spirito di questa contestazione è da intendersi nella ridotta possibilità per le donne di sviluppare la propria carriera professionale ed il trattamento economico nella stessa misura degli uomini. Il Governo Italiano distorcendo il significato di questo provvedimento sta procedendo ad attuare una riforma peggiorativa per le donne da ogni punto di vista.


Mentre le donne pagano il prezzo più alto in termini di discriminazione salariale, di disoccupazione, di precariato e di qualità della vita, fra tagli di servizi indispensabili (scuola e sanità), aumenti di carichi di lavoro dentro e fuori le mura domestiche ed il dilagare della violenza sul proprio corpo, ipocritamente questo governo, così come la corte di giustizia europea, e in spregio totale delle donne, osano beffardamente sostenere che gli uomini sono discriminati nei nostri confronti.

Non era mai accaduto, ma anche questo è un segno dei tempi.



Oggi l’attacco è diretto alle lavoratrici del pubblico impiego perché qui ancora è rimasto qualche diritto. Se passerà questa riforma, il passo di vederla applicata ed  estesa a tutte le altre sarà breve.

L’obiettivo è proprio quello di cancellare i diritti ancora esistenti, quindi opporsi all’aumento dell’età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego vuol dire battersi perché l’attacco del governo non arrivi anche a quelle del privato.

È gia pronto un disegno di legge che elimina l’esclusione delle donne in gravidanza dall’obbligo del lavoro notturno!!
Per correggere le vere discriminazioni, si dovrebbe permettere alle donne di andare in pensione prima e con assegni che tengano conto della necessità di sopperire alla mancanza di servizi ed assistenza da parte dello Stato e di poter usufruire dei diritti riconosciuti dalle leggi.

Questi diritti oggi sono sempre più sottoposti a interpretazioni distorte ed estemporanee da parte di enti dello stato che spesso  intervengono in soccorso delle azienda e degli imprenditori. Non basta assistere alle condizioni già degradanti e discriminanti delle donne del privato, delle nuove schiave delle cooperative sotto il ricatto continuo della perdita del posto di lavoro se solo si permettono di richiedere un qualche diritto sancito e pacifico.



Ne è un esempio la storia Alitalia che indica la strada del futuro: lavoratrici discriminate perché donne, perché madri, madri di figli con handicap grave, madri sole alle quali CAI rifiuta l'astensione dal lavoro notturno, diritto sancito dal Testo Unico 151/2001. Infatti l’apertura della procedura d’infrazione lo scorso gennaio da parte del Commissario Europeo per le pari opportunità Vladimír Spidla ed il distorto recepimento da parte del Ministero del Lavoro, hanno aperto una voragine nelle normative di tutela della maternità fino ad oggi acquisite.

Basterebbe soltanto modificare l’organizzazione del lavoro per migliorare le cose, la condizione delle lavoratrici nel trasporto aereo oggi si estrinseca nella solitudine dei bambini lasciati alla cura di altre persone fino a cinque giorni consecutivi. Le lavoratrici separate ed uniche “affidatarie” rischiano per questa ragione di vedersi togliere i figli. Se anche una sola volta tutto ciò si dovesse verificare, il minore interessato subirebbe un danno gravissimo ed irreparabile.  



Contemporaneamente arriva anche un accordo (criminale) siglato da CISL, UIL e UGL sui modelli contrattuali che permetterà ai datori di lavoro di retribuire i dipendenti sotto il minimo contrattuale dichiarando lo stato di crisi; arriva insieme ad un attacco selvaggio al diritto costituzionale di sciopero, inizialmente limitato nei trasporti ma che anche non ci stupirebbe che fosse esteso a tutte le categorie  per tentare di impedire a lavoratrici e lavoratori di lottare per riconquistare condizioni di vita dignitose.



Si parla tanto di violenza sulle donne, ma cosa si fa in concreto per aiutarle? Si azzerano i loro diritti. Si investe sulle ronde, quando la maggior parte degli abusi avviene tra le mura domestiche. Si aprono nuovi centri antiviolenza comunali a cui la maggior parte delle donne non può accedere perché i servizi non sono gratuiti. L’8 marzo 2009 le donne dicono basta! Giù le mani dai nostri diritti.

 

8 MARZO GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA:
RIMANDIAMO AL MITTENTE IL REGALO DELLA PARITA’ AL CONTRARIO