25 novembre 2020: uno sciopero che parla alla piazza delle donne mettendo al centro il diritto alla salute, all’istruzione e alla mobilità
Il Covid-19 ha mostrato al mondo la centralità del lavoro di cura e gli effetti devastanti dello smantellamento dello Stato sociale.
Luoghi di lavoro diventati progressivamente luoghi di contagio e senza diritti: la produzione non essenziale non si è mai fermata e dopo l’estate del “liberi tutti” il virus ha continuato la sua corsa, nelle case, nelle strade, tra le corsie di un ospedale, tra le pareti di una scuola, in un mezzo pubblico costretti a prendere per andare a scuola o a lavorare.
Un sistema che sancisce la gerarchia dei rischi e dei bisogni, disposto persino a sacrificare sull’altare del profitto migliaia di lavoratrici e lavoratori, si è manifestato in tutta la sua violenza. Sanità, istruzione, mobilità: snodi nevralgici della società, riequilibritori delle diseguaglianze sociali su cui come un macigno si sono abbattute le politiche di risparmio, la corsa alla privatizzazione e la retorica del lavoratore missionario sacrificabile.
Non solo, la quarantena ha amplificato la scena della riproduzione sociale e rappresentato plasticamente i luoghi dove si concentra la femminilizzazione del lavoro: sono in maggioranza le donne a essere impiegate nei servizi essenziali che hanno garantito e garantiscono la tenuta collettiva ai tempi della pandemia, quei lavori che non possono essere svolti da remoto e non si sono mai fermati, obbligando lavoratrici e madri ad acrobazie tra lavoro e famiglia, tra salario e salute, tra ritmi di “produzione” insostenibili e carichi emotivi pesanti.
Da un lato, il sistema familistico ha storicamente scaricato sulle donne l’assistenza e la cura degli anziani e dei bambini, aumentando ancora di più il peso del lavoro domestico, dall’altro, ci sono molte donne che occupano la prima linea in questa emergenza lavorando in condizioni pericolose per la loro salute, con turni sfiancanti, rinuncia alla propria vita privata, assunzione collettiva del rischio sanitario.
In diffusi settori della scuola, della sanità, delle pulizie negli ospedali e nelle RSA, inoltre, si staglia come un macigno il ricatto della precarietà che non accenna a scomparire neanche quando la realtà ti sbatte in faccia il suo frutto avvelenato e i bandi in sanità vanno deserti.
USB non assisterà inerte: il 25 novembre sarà sciopero per sanità pubblica e assunzioni stabili, istruzione e mobilità in sicurezza.
Non solo. Il 25 novembre è una data simbolo che in questi anni è uscita da una ritualità scontata e ha ripreso linfa vitale grazie alle lotte femministe: nella giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere Non Una di Meno sarà ancora in piazza con la sua voce potente a ricordare che sono prima di tutto le donne a pagare il prezzo dell'emergenza sanitaria in corso.
Il virus non può fermare le lotte: il 25 novembre sarà una grande giornata di mobilitazione intersezionale, sarà un atto di accusa alla sanità del profitto e al controsenso della didattica a distanza, il ribaltamento della retorica dei lavoratori, ieri eroi e oggi agnelli sacrificali. Un grido contro un modello capitalista predatorio sempre più aggressivo nel tentativo didifendere se stesso dalle inevitabili e non più rinviabili richieste di giustizia sociale, redistribuzione delle ricchezze e denuncia delle diseguaglianze di genere.
Unione Sindacale di Base